Capitolo 6

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E così arrivò il fatidico giorno.
Quello che stavo attendendo con curiosità e troppa ansia.
Non dormii tutta la notte al pensiero di stare con quel demente di Cameron che era anche un maniaco. Se mi avesse sentita parlare così probabilmente non avrebbe esitato a lanciarmi dalla finestra di casa mia. Eh no.

Mi ero preparata con dei vestiti particolari; non perché mi interessasse che Cameron mi trovasse carina, dovevamo fare solo una stupida lezione di matematica. Misi una gonna a vita alta color indaco, le chunky platform boots nere e una maglietta semplice bianca. E per finire il mio giubbotto.

Poi dentro la borsa avevo messo un libro di matematica, un quaderno e le penne ovviamente.
Tutto l'occorrente per una giornata da inferno.
Stavo per uscire di casa quando squillò il telefono così corsi a prenderlo.
«Si, pronto?»
«Ehi Naomi, tutto bene?»

Mia madre.
«Uhm si, tu?» ricambiai il gesto.
Mentre parlavamo intanto, per nervosismo, avevo preso a mangiucchiarmi le unghia.
Ero una tipa abbastanza nervosa e quando ero in ansia ero anche capace di prendere una persona a scuoterla come una di quelle bacchette delle winx o qualcosa del genere; appena le scuoti fanno rumore e si illuminano.
«Tesoro scusa se stamattina non ti ho risposto, ma non ero in casa e neanche papà»
Ah certo.
Se ne usciva sempre così: quando litigavamo dopo un pò faceva finta di niente come se non avessimo dato vita alla terza guerra mondiale. Ma comunque io la assecondavo sempre.
«Si tranquilla»
«Come va nella nuova scuola? Hai fatto amicizia, sono simpatici i ragazzi? E le ragazze? La scuola è grande e pulita?». Il cervello mi stava letteralmente fondendo.
«Mamma! La scuola è bellissima e sono tutti davvero molto simpatici» togliendocene qualcuno.
«Adesso devo andare a dopo!» riattaccai subito, non mi interessava se ci era rimasta male; avevo un appuntamento ed erano già le cinque e dieci.
Ce la posso fare, pensai.
Uscii di corsa di casa inciampando anche sullo scalino e mi diressi a passo veloce verso la scuola.
Neanche io sapevo il motivo di tutta questa corsa, non mi avrebbe mica uccisa.

Lo vidi. Era appoggiato al muro della scuola con un piede anche su di esso e si guardava attorno.
Aveva una camicia di jeans che gli aderiva alla perfezione sulle spalle possenti e muscolose che si ritrovava, dei jeans neri strappati e un paio di nike grigie.
Quando mi intravode il suo sguardo si fece duro.

Ops.

Andai in sua direzione sospirando.
«Sbaglio o ti avevo detto che dovevi essere qui alle cinque in punto? Invece hai fatto anche undici minuti di ritardo.»
«Beh guarda che non sono un fulmine, eh!» senza proferire parola mi afferrò per il braccio prima di avermi guardata dalla testa ai piedi.
Mi trascinò con lui e dopo poco arrivammo davanti una casa gigante. Era bianca ed era accerchiata da un cancelletto color panna come tutte le altre case.
Entrammo e... wow! Ma dove viveva!? Era un bellissima casa.
Quando entrai il salotto mi si presentò davanti con tutta la sua eleganza: un divano a isola nero, il televisore gigantesco di fronte appeso alla parete, alla destra del divano c'era un mobiletto in vetro che conteneva bottiglie, mentre dietro il divano c'era un ripiano dove erano appoggiati vasi particolarmente stupendi.
Ma non era quella, evidentemente, la nostra meta dato che mi portò su per le scale. Andammo in una stanza che presumevo fosse la sua.
Era anche bianca: di fronte la porta c'era il suo letto che si presentava orizzontalmente, di fronte il letto c'era l'armadio, accanto ad esso c'era il bagno, sempre accanto all'armadio però alla sua destra c'era una scrivania e alla destra del letto c'era una finestra molto grande. Chiuse la porta a chiave e si girò verso di me.
Ma abita solo? E soprattutto...perché diamine ci aveva chiusi dentro?
Si avvicinò a me che mi ero comodamente seduta sul letto.
«E da quando in qua ti ho detto di sederti sul letto?» disse ironico ma con una punta di fastidio.
Senti caro mio, quella infastidita dovrei essere io dal momento che mi hai costretta a venire.
«Infatti non me lo hai detto, l'ho deciso io» gli sorrisi strafottente.
Forse non era la miglior risposta che avrei potuto dare ad una persona come lui.
Uno dei miei più grandi difetti era quello di non poter tenere la lingua a freno, dovevo esprimere sempre ciò che pensavo anche se era sbagliato. E lui, cazzo, si innervosì parecchio. Aveva la mascella tesa, i pugni rigidi e stretti lungo i fianchi e uno sguardo infuocato.
Si scaraventò su di me afferrandomi i capelli e tirandomi la testa verso di lui che era dietro di me. Quindi eravamo praticamente in un contatto molto ristretto. Sentivo ogni singola parte del suo corpo, il suo respiro sul mio collo, il pacco duro premere insistentemente contro il mio sedere. Quando spinse ancora di più il suo bacino contro il mio mi spaventai per la sua durezza. Come avevo potuto fargli questo effetto? E poi, voglio dire, era fidanzato no? Perché fare tutte queste scenate con me che potevo starmene semplicemente tranquilla per i fatti miei?
«Non hai minimamente ancora capito che non ti devi rivolgere a me in questo modo» ringhiò tirando più forte i capelli facendomi di conseguenza gemere per l'atroce dolore che mi stava procurando. «Tu sei pazzo» dissi a malapena con una voce strozzata. Ecco. "Il ritorno della mia lingua sfacciata 2".
Schioccò ripetute volte la lingua sul palato negando la mia affermazione. «Io non sono pazzo, sei tu a portarmi ad avere questo comportamento nei tuoi confronti» disse sfiorando il mio collo con le sue labbra.
Qualche secondo dopo si staccò violentemente da me spingendomi la testa in avanti facendomi cadere per terra.
Appoggiò i palmi delle mani sulla sua scrivania come se stesse riflettendo su qualcosa di estremamente complicato.
E fu lì che si girò di scatto verso di me guardandomi molto serio e giuro che "molto" era un eufismo. «Oggi avrai la prima lezione». Oh.
«No guarda, secondo te cosa eravamo venuti a fare qui? A giocare?» dissi sventolando le braccia teatralmente.
«No. Non le lezioni di matematica: le lezioni per adeguare il tuo comportamento.»
Cazzo, ma sei serio?
«Smettila con questi giochetti. Non ho tempo da perdere» dissi sbrigativa. Eravamo venuti qui solo per fare lezione e no per fare quello che piaceva a lui.
Avevo un casino di programmi di recuperare e se qualcuno non mi avesse aiutata probabilmente la bocciatura era alle porte.
«Beh d'ora in poi dovrai sottostare ai miei giochetti che ti piaccia o no.» mi rivolse un ghigno per nulla rassicurante. No che non lo era. Sapete...sembrava uno di quei psicopatici.
Ma forse lui era uno di quelli anche se comunque non è che lo conoscessi ancora tanto bene.
«Capirai tutto dopo quello che sto per fare.»

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OOPS. 🐝🐝🐝

Tadadadaaaa

ALOAH

Lo so che è un capitolo indecente ma...ABBIATE PIETÀ DI ME!!

Appena finirò gli esami aggiornerò spesso.

Ah e comunque la colpa di un capitolo così corto non è solo mia ma anche di mia cugina che mi sta stressando ahahah.

(Rido come i pazzi lol)

Bye😈🔴

-Sam🐝

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