La testa mi pulsa leggermente, penso mi riposerò ancora un po' senza musica, anche perché sono solamente le 7 di mattina, è lunedì e non ho niente da fare.
Appoggio mp3 e cuffiette sul comodino e, nel preciso istante in cui sto per riaccomodare pesantemente la mia testa sul cuscino, Federico irrompe caoticamente in camera mia.
Sobbalzo.
‹Amica mia, oggi che fai?›
Sto per urlare. Sono fortemente irritabile e con facile possibilità di acidità e volume alto di voce improvviso, soprattutto se si tratta di mio fratello.
‹Cosa vuoi?› sto sdraiata da un lato, dandogli le spalle.
‹Non posso sapere cosa farai?›
‹No, non t'interessa› stringo forte il cuscino per evitare di farmi partire la sclerata.
‹Scommetto non farai nulla nemmeno oggi›
‹Federico, vattene›
‹Se no?›
‹Fai tardi a scuola›
‹Tanto ormai...›
Decido di non dargli più corda.
Lui rimane lì, sulla soglia della porta, insistente, battendo il suo piedino fastidioso sopra al parquet, continuamente, come un disco rotto.
‹Te ne vai?› non mi volto ancora verso di lui.
‹No›
‹Sto per alzarmi, ti avviso›
‹Oh, che paura!›
Mi alzo bruscamente dal letto, lo raggiungo con fare minaccioso e puntandogli il dito contro inizio ad urlare ‹Mi hai rotto, okay? La devi finire, mi hai stufata, non fai altro che farmi dispetti per tutto il tempo! Non hai nulla di meglio da fare? Eh? Sei un peso, sparisci immediatamente da qui! Vattene dalla mia camera!›
Entra in camera mia mamma ‹Nicole, calmati! Che ti ha fatto adesso?›
Sbuffo e ritorno a letto, come se non fosse successo niente, come al solito. Sembriamo due bimbi che si contendono un gioco, quando abbiamo 13 e 19 anni. È sempre così tra noi: litigi continui.
‹Guarda, mamma, non la capisco proprio, non le ho fatto niente› si giustifica mio fratello uscendo con lei dalla mia camera. Chiude la porta delicatamente, come non fa mai.
Affondo la testa nel cuscino, stanca moralmente.Mi risveglio all'ora di pranzo per via di due ragazzi che si stanno prendendo a parole proprio sotto casa mia.
Rassegnata, scendo le scale e mi dirigo in soggiorno.
Mi accascio sul divano ed accendo la TV, in attesa che mia madre torni da lavoro. È una commessa del negozio di abbigliamento Zara in centro. Ogni tanto mi faccio portare qualche capo.
Noto con un po' di disperazione un livido viola sul ginocchio destro.
Salto con la mente all'altro ieri, quando caddi sul gradino.
Controllo anche il gomito destro e sì, ho un livido pure qui.
Ecco, sentivo un certo dolore ieri sera mentre pedalavo.
Metterò un po' di pomata dopo.Finito di pranzare mia mamma si riposa un po', più tardi tornerà a lavoro.
Dovrei chiederle scusa per l'altra sera ‹Mamma, mi dispiace per come ti ho trattata sabato sera, prima di cena. Mi sentivo strana›
Mi siedo accanto a lei.
‹Non ti preoccupare. Ti conosco ed ho capito che probabilmente era un momento "no", quello. Dispiace anche a me averti invasa› sembra tranquilla.
‹No, sono stata io ad essere stata scontrosa, come sempre. Vorrei chiederti scusa per questo, tu non hai fatto niente di male, tranquilla› la rassicuro.
Lei mi sorride, comprensiva.
Mi rifugio in camera mia, pronta a prepararmi ad una monotona giornata chiusa in casa a fare niente.
Potrei sistemare un po' la mia camera in modo da renderla piacevole, decorandola.
Dopo aver tolto ogni traccia dei Dear Jack pare una scatola semi-vuota con pareti spoglie, completamente.
Prendo il mio quadernino, compagno di vita. Ho voglia di scarabocchiare qualcosa.
Ma mi squilla il telefono.
Oggi non posso fare una cosa in santa pace senza che nessuno m'interrompa ancor prima che inizi.
È il direttore della scuola di musica.
‹Salve, mi dica›
‹Ciao Nicole, hai da fare pomeriggio?›
‹No, nulla› mi sollevo un po', finalmente qualcosa da fare ‹Ha bisogno?›
‹Fantastico! Sì, vorrei tu venissi qui, devo parlarti. Se puoi, anche adesso sarebbe perfetto›
Sono curiosa ma anche un po' preoccupata, è raro che lui voglia parlare con me così, dal nulla.
‹Certo, mezzora e sono lì›
‹Sì, tranquilla, ti aspetto!›Arrivata, raggiungo la mia sala, presumo mi attenda lì.
‹Sono in ansia, cosa mi deve dire?›
‹Non preoccuparti, non ce n'è motivo› mi rassicura ‹A marzo ci sarà un concorso di soli pianoforti a Roma. Credo, anzi, so che è alla tua portata, e sono sicuro anche che ne ricaverai buoni risultati. Ti piacerebbe partecipare?›
Non credevo che in questi giorni potesse arrivarmi una notizia simile, sono felice ‹Non aspettavo altro che fare un concorso anche quest'anno. Assolutamente sì! Poi è a Roma, motivo in più per andare›
Sarebbe la prima volta che vado a Roma, non vedo l'ora!
‹Ottimo, allora! C'è un'interessante novità, però, per la quale ti ho proposto questo concorso, vorrei fare uscire qualcosa in più da te. In questa occasione puoi farlo alla grande, se c'è buona volontà. Dunque, questo comporta che tu t'impegni al massimo, più di quanto hai fatto per qualunque altro concorso›
‹Ovvero?›
‹Il brano che porterai dovrà essere scritto interamente da te›
Oh merda, mi ha colta di sorpresa. Anche se potrei prenderla come sfida, e ciò mi intriga alquanto.
Il problema è come faccio a scrivere io il brano? Non sono mica una compositrice! Ma ci proverò, sono comunque nuove avventure che formano la carriera e la persona. Potrei scoprire un talento!
‹Ti ho spaventata?› mi domanda.
‹Mmmh› accenno una risatina nervosa ‹Mi ha incuriosita. Ci provo, infondo se me l'ha proposto significa che potrei farcela in qualche modo. Intanto la ringrazio per la fiducia›
‹Ma figurati, punto molto su di te, hai grandissimo potenziale e dobbiamo farlo risaltare. Comunque, la prossima lezione la fai domani?›
‹No, mercoledì. Devo fare una lezione extra a Giacomo e poi ho una nuova allieva, Giulia, mi sembra›
‹Allora appena finisci le lezioni passi in direzione che compiliamo i fogli dell'iscrizione e iniziamo a vedere voli e hotel›
‹D'accordo! Sono molto contenta› sorrido ‹Credo che già stasera inizierò a buttare giù qualche nota›
‹Mi fa piacere!›
‹Grazie mille›
‹Ma di nulla, grazie a te› mi da due baci sulle guance.
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«Prendi quel microfono e canta» // Alessio Bernabei [COMPLETA]
Hayran Kurgu«Prendi quel microfono e canta» // Alessio Bernabei TRILOGY. number 1. Un passato frastornato, segnato dal canto e da suo padre. E poi loro, la sua band preferita, che dopo la divisone l'ha resa niente. Nicole, 19 anni. Ormai crede di non poter es...