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"Elena!" trasalii venendo faccia a faccia con Mindy. Mi sono addormentata con la testa sul letto, tenendogli la mano.

"Novità?"

"No. Tutto come prima."

Sono arrivata in ospedale alle tre e l'ho trovata accanto a lui, non ha mai lasciato l'ospedale. È qui da quattro giorni, dall'incidente. Ho avuto bisogno di tre giorni per organizzare il trasloco con la compagnia trovata online, solo 13 scatole che arriveranno da Chicago forse tra una settimana. Se arrivano. Ho preso il primo volo per Phoenix, esaurendo quasi tutti i miei risparmi, e sono arrivata alle tre di notte. Lei era ancora qui, ha ceduto il posto solo a me. Immagino che quelli del club le avranno detto che si sarebbero dati il cambio, eppure ieri notte non c'era nessuno di loro qui. Se è stata lei a mandarli via non la biasimo, un po' li incolpo anch'io, ma non per questo.

Chissà cosa stava aspettando a sposarla, anche un cieco vedrebbe quanto lo ama.

"Mi dispiace." Dice sottovoce.

"E di che?"

"Non avrei mai dovuto chiamarti per raccontarti pettegolezzi, lui aveva ragione. Non dovevo intromettermi."

Ed eccoci qui, alla fatidica notte. Il mio stomaco si stringe, e cerco di non guardarla negli occhi. Sono responsabile quanto loro di quello che è successo. "Non è colpa tua." Vedo i suoi occhi rossi riempirsi di lacrime.

"Invece sì. Perché eri scossa e qualunque cosa tu gli abbia detto gli ha fatto venir voglia di prendere la moto e venire da te. E mi sbagliavo Elena. Lui non aspetta un figlio, non si sa di chi sia quel bambino." Lo dice tutto d'un fiato e si copre la faccia con le mani. È disperata. Ha bisogno di un motivo, una ragione per cui lui sia scappato cosi di fretta.

Ho la nausea ora. Lo avrei chiamato comunque, ma non per le dicerie che mi ha trasmesso. Ero in un brutto posto, e avevo bisogno di uscirne.

"Non ero scossa per quello che mi hai detto." Fisso lo stupore in quei occhi scuri e per un attimo ci credo anch'io.

"Non c'è bisogno che fingi con me." mi dice prendendomi la mano. "Sei tutto quello che ho ora." Il cuore mi fa male, anche lei è tutto quello che ho. Non ho mai dubitato che mi volesse bene come ad una figlia. Sarebbe stata una madre stupenda, se solo papà l'avesse incontrata prima.

"Anch'io ti voglio bene." Le dico baciandole il palmo della mano. E piange più forte di prima. Non so come consolarla, un tempo avrei saputo cosa dire, e come reagire. Ora sono un'altra. Sono a pezzi, il fantasma del mio passato.

Quando finalmente si tranquillizza, riesco a farle la domanda che mi preme da quando sono arrivata: "Dove sono gli altri?"

"Al club penso." Dice con tono sprezzante. "Gli ho mandati tutti via."

Mi strofino la fronte mentre cerco di capire il perché. Gli Angeli sono sempre stati uniti, il fatto che nessuno sia qui per il loro presidente mi lascia senza parole.

"Snipe era con lui." Deglutisco e dimentico di respirare. Sentirlo nominare da un altro, e non solo dalla mia coscienza, mi dà i brividi. "Ha messo giù ed è scappato dalla porta. Snipe è l'unico che gli è corso dietro, non ci ha messo molto a capire cos'era successo. Non dopo la valanga di insulti che mi sono beccata."

"Non è colpa tua." Le dico ancora, anche se so che non serve a niente. "Sono io che avevo bisogno di lui." Le sue spalle si rilassano, si abbandona sulla sedia.

"Avrebbe spostato mari e monti per te." Mi dice con voce rocca. "Era disposto a guidare vent'ore pur di arrivare li."

"Lui è la sua stupida paura degli arei." Dico ridendo. Ride anche lei e fisso le nostre dita ancora incrociate. È la mia famiglia. Mando giù la bile ripensando a quella notte, a quello che stavo per fare. Lui lo aveva capito. Mi ha sempre capita. E stava correndo da me.

Tutto o nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora