Passato e Presente

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Mi sposta una ciocca di capelli dalla faccia e resta cosi, col braccio sospeso, ad accarezzarmi la fronte e la guancia.

"Sniper?" chiedo piano ancora mezza addormentata, riesco a sentire i suoi occhi addosso anche nella penombra della stanza.

"Mi dispiace Eli."

Si poggia sulle ginocchia con la testa tra le mani, mi metto seduta e mi strofino gli occhi senza commentare.

"Non so cosa stavo pensando." Io penso di sì.

"Non mentire." Gli ordino e ride amaramente prima di continuare.

"Mi ci voleva solo po' di più. Pensavo fosse abbastanza." Mi ha immersa in un bagno gelato, mi ha levato la speranza, la possibilità che fosse davvero solo uno sbaglio. Si gira di nuovo, e mi fissa da vicino. Mi ha reso una statua, immobile senza voce.

"Dai." Sussurra. "Fai quello che fai sempre." Voglio piangere, urlare e voglio riempirlo di schiaffi e pugni. Non so cosa faccio sempre. Si avvicina ancora, sento il suo respiro sulla faccia e non so come faccio a respirare. "Con quei tuoi occhi verdi, gli vedo lavorare anche adesso, sai? Stai valutando la situazione, cosa dire, cosa fare. Come aiutarmi." Il sangue mi pulsa nelle orecchie. "Non puoi aiutarmi Elena." Sussurra troppo vicino al mio cuore.

"No." Rispondo onestamente. "Penso che dovresti andartene."

"Cosa?" la sua voce leggera, carica di incredulità. Siamo fuori dalle mie capacità, ben lontani dalle dipendenze, anni luce dalle mie peggiori supposizioni.

"Non ti voglio guardare morire." Gli prendo la faccia e l'avvicino ancora di più alla mia, il mio naso contro il suo e penso di sentire il suo cuore battere al unisono col mio. "Ti perdono." Dico mentre stringo ancora senza liberarlo quando boccheggia. "Qualsiasi cosa tu abbia bisogno che sia perdonata, ti perdono. Per il tuo passato e per quello che mi hai fatto ieri." Stritola il mio lenzuolo e non mi guarda più negli occhi, prova a divincolarsi ma sono più veloce, gli tengo saldo il collo e il viso e mi metto a cavalcioni, non ho finito. Non sarò ignorata.

"E ora, torni di là a fare i bagagli, ti prendi tutto e te ne vai. Mi fai il piacere di ammazzarti fuori da casa mia. Non mi trascini giù con te mi hai sentito?" lo scuoto perché voglio che mi guardi.

"Basta." Prova a dire con voce rotta. Ma basta lo dico io.

"Te ne vai Sniper perché altrimenti mi condanni alla tua stessa fine. I sensi di colpa per non averti aiutato mi distruggeranno."

"Lasciami."

"Certo." Ma non lo lascio. "Sei libero di andartene nel inferno che tanto brami. Non ti meriti altro, no?" Mi aspetto di tutto quando apre bocca per rispondere, tutto tranne il singhiozzo che gli scappa dal profondo del petto. Si copre la faccia con le mani e inizia a piangere.

"No." Trema più forte. "No c'è la faccio più." Confessa, scuotendomi l'anima, levandomi l'ossigeno. Mi avvicino ancora toccandogli le spalle. "Greg" provo a consolarlo e piange più forte, la sua sofferenza mi spinge lame nello stomaco.

"Tu non capisci. Ci ho provato va bene? Ma non riesco più a vivere con me stesso!" gesticola tirando su col naso. "Non dormo, non mangio, non faccio altro che pensarci e ripensarci." Ho aghi nella gola e dietro gli occhi ora, e sono di nuovo impotente, come ieri.

"Cosa?" chiedo piano. "Cosa ti tormenta?" si copre ancora la faccia senza rispondermi. "Paul?" aggiungo cauta e lo vedo ispirare aria dalla bocca, come se gliel'avessi strappata. Sussulta ancora in silenzio e non riesco a fare altro che consolarlo. Lo tengo fermo per le spalle, ho paura che possa crollare da un momento all'altra, che possa sgretolarsi davanti ai miei occhi. Mi sposto di lato e lo abbraccio, faccio movimenti circolari sopra la maglietta, cercando di calmare il suo cuore impazzito.

Tutto o nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora