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È già venerdì. È arrivato più in fretta di quello che pensavo, il sole splende alto e mi riscalda le spalle e la schiena scoperta. Sto piantando le erbe aromatiche che papà mi ha portato a casa, probabilmente avute dalla lei che non vuole ancora farmi conoscere. La terra mi gratta le ginocchia e mi entra sotto le unghie mentre scavo con le mani, mi serve questo lavoro, non riesco a stare ferma. Se mi fermo, penso. Stefani invece è sdraiata in tutta la sua gloria in mezzo al giardino, si sta abbronzando canticchiando quello che le arriva dalle cuffie. Lei non è stonata "come una campana", lei fa sembrare naturale indossare un costumino rosa, io invece ho su solo la parte alta del mio costume nero, e i soliti pantaloncini blu. Ha dovuto insistere che mi scoprissi, perché un po' di colore mi farebbe bene, sono troppo bianca a suo dire. Mi pulisco il sudore dalla fronte prima di posizionare un'altra piantina dentro e sorrido. È già la seconda volta che mi accorgo dello sguardo di Boston, la fissa da dietro il suo libro. È seduto lontano, sul portico e sembra molto preso dal Buio oltre la siepe, eppure, ogni tanto lo vedo alzare gli occhi e guardarla, poi guarda me per vedere se l'ho visto ed arrossisce. Sorrido di più mentre copro le radici con la terra, gli uomini la guardano sempre. Come puoi non guardarla? Un altro motivo per cui non può venire alle feste del club, sarebbe senza protezione anche se di certo non è preda facile. Lo usa sempre a suo vantaggio però, stavolta fingendosi offesa per domenica mi ha obbligata ad andare alla festa del lago stasera.

Stringo i denti ripensando a quella stupida grigliata. Papà finge che vada tutto bene, che non sia successo nulla, mentre Sniper, beh non so più chi stia evitando chi, abbiamo scambiato poche frasi questi giorni. Però nessuno dice niente, nessuno nomina i Sinners o Bear, con cui non ho ancora parlato, oppure il pugno in faccia che si è preso.

Ho finito, mi alzo e mi lavo le mani nel lavandino esterno vicino al portico, sotto la sua finestra. Non so nemmeno se sia a casa, siamo qui fuori da un po' e non penso di aver sentito la moto andare via. Faccio schizzare un po' di gocce gelate verso Stef che ride urlando:

"Oh sì! Rinfrescami!" prima di girarsi sulla schiena. Dio Stefani, lo sta facendo apposta. Salgo le scale e mi fermo davanti a lui, bloccandogli la vista.

"Fino al giorno in cui mi minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la lettura: si ama, forse, il proprio respiro?" cito la mia frase preferita ed è sorpreso.

"L'hai letto." Dice soltanto con voce bassa e non aggiunge altro. Il libro è abbastanza usato, con la copertina piegata, gli angoli sbiaditi, come se fosse già stato letto tante altre volte.

"Puoi prendere anche qualche libro dalla mia libreria se vuoi." Aggiungo prima di tornare in casa a prendere la limonata che ho fatto stamattina. Lui è in cucina seduto da solo e sta mangiando quello che avevo preparato per colazione anche se sono le due di pomeriggio. Ha un aspetto orribile, le occhiaie più pronunciate che mai, il viso quasi grigio, esausto, sembra quasi malato. Mi fissa senza smettere di masticare, non riesco a fare a meno di sentirmi nuda mentre i suoi occhi attraversano la mia pelle scoperta. Tiro fuori la brocca e aggiungo altri cubetti di ghiaccio, la posiziono sul vassoio, accanto ai tre bicchieri e prima di portarla fuori provo ad offrirgliene un po'.

"Non oggi Elena." Mi risponde con tono minaccioso, e so di non aver fatto niente. Apro bocca per chiedere perché e mi zittisce. "Facciamo che oggi non mi rivolgi la parola ok? Anzi, meglio se lo fai finché mi trasferisco, cosi evito di beccarmi pugni in faccia." Stringo le labbra e non lo guardo più, non so cosa dire quindi torno sul portico e poggio i bicchieri sul tavolino davanti al novellino. Dopo averne dato uno a Stefani che ora sorseggia contenta continuando a canticchiare, torno e ne verso due anche per noi.

"Siamo tutti un po' nervosi questi giorni." Sussurra piano avvicinandosi mentre gli spingo il bicchiere davanti. Ha sentito tutto, perché la finestra della cucina è aperta, e anche se fosse chiusa è impossibile non sentire quello che si dice, dentro o fuori. Sospiro e mi appoggio alla colonna in legno.

Tutto o nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora