Passato IV

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È una vecchia baita tutta in legno, in mezzo al nulla. Ha solo due stanze, un bagno e un piccolo portico sul retro. Bastano pochi minuti a rendersi conto che non c'è nulla con cui farla esplodere, non c'è gas o benzina e dare fuoco a piccole cose aspettando che bruci tutta ci fa solo perdere tempo.

Comincio ad innervosirmi, mi guardo attorno frenetica perché è buio e non ho la pazienza che ha Stef nel trascinare pezzi di legno incandescenti nelle varie stanze. Miranda ci aspetta sul portico, è convinta che lui tornerà per intrappolarci in una casa ardente. Fissiamo le piccole strie di fumo che escono dal divano, il formarsi delle macchie scure che circondano il legno caldo sui cuscini.

"Voi andate." Dice infine Stefani, e riesco a sentirla nonostante il fischio fastidioso dietro i miei timpani.

"Non ti lascio qui." Rispondo nel medesimo momento in cui Em chiede dove, indicando il buio che ci circonda.

"Se torna ci sono solo io, voi nascondetevi da qualche parte mentre loro arrivano." Comprendo il suo ragionamento, ha senso sacrificare uno per salvarne due.

"Tieni." Dico porgendole l'arma, e poi le do una piccola spinta verso Miranda. "Andate." Mi tolgo anche lo zaino per porgerglielo.

"Non so sparare." Si oppone.

"Non possiamo separarci!" si lamenta l'altra.

Spiego loro che col buio che c'è non serve saper sparare a distanza, basta puntargliela contro quando si avvicina. Non ci sono ancora fiamme e qualcuno deve assicurarsi che questo posto bruci. Frugo per la prima volta nello zaino, maledicendomi per non averlo fatto prima, cerco nelle tasche nascoste e un senso di sollievo e allegria ci avvolge tutte quando tiro fuori un accendino. Ma poi, il cuore mi scende nello stomaco perché mi rendo conto che la piccola palla di stagnola, quella che pensavo fosse un panino in mezzo agli altri, è in realtà cocaina.

Stefani è troppo impegnata a mettere al lavoro la piccola fiamma scoperta, a cercare altre cose da bruciare per rendersene conto. Resto lì, immobile, a fissarla. Conosco la dipendenza, ogni fibra del mio essere urla di scappare perché non c'è nulla al mondo per cui lui se ne sia andato lasciando indietro la sua dose. Lo sbattere della porta mi riporta alla realtà, Em la chiude a chiave dietro di sé.

"Che cavolo fai?" chiede isterica Stef, "Non possiamo chiuderci qui, dobbiamo andare!" si precipita a quella dell'ingresso e gira la chiave anche li. "Sei impazzita?!" le chiede fuori di sé.

"Lui è là fuori." Le mostro la droga e perde la parola anche lei, si gira su sé stessa, guarda per bene la trappola in cui ci siamo rinchiuse. Ci sediamo in cerchio per terra, lontane dalle finestre e non troppo vicine al divano, svuoto lo zaino sperando di trovare la soluzione al nostro problema. Miranda piange silenziosamente mentre Stef fissa l'incendio che non vuole partire.

"Cosa aspetta allora?" mi chiede con voce tremante.

"È solo, mentre noi siamo in tre." Do voce ai miei pensieri. "Probabilmente non è armato, mentre sa che io ho la pistola."

"Non ci sono fiamme, quindi non può sapere del nostro piano." Aggiunge lei.

"Proverà ad entrare." Sussurra Miranda, annuisco e le stringo la mano.

"L'astinenza gli farà fare qualcosa di stupido." Immagini della macchina che sfonda il legno mi invadono la testa e il terrore di perdere le donne che ho davanti mi costringe a partorire un piano. Rimetto il cibo nello zaino e lo carico sulla schiena di Miranda. "Bene." Dico stringendo la mano a Stef. "Spara solo quando è abbastanza vicino da beccarlo." Sono confuse entrambe, provano ad opporsi. "Uscite dalla porta sul retro e scappate il più lontano possibile, vi faccio da guardia, penserà che la pistola ce l'ho io perché so usarla."

Tutto o nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora