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"Allora hai intenzione di darmi buca anche domani?" Stefani mi fissa arrabbiata dalla poltrona. Io e Boston invece siamo seduti per terra davanti al tavolino in soggiorno, gli sto insegnando ad usare il computer ed a navigare in internet.

"No Stef, ho già detto che vengo." Le ho detto di non poter uscire per ben due volte questa settimana, è un nuovo record. Mi sembra che il tempo non mi basti più che le mie giornate siano improvvisamente più corte e le mie notti più lunghe. Lo sono a dir la verità, ci svegliamo in media tre volte, altre quattro. Ci sono volte in cui basta che lo tocchi o chiami il suo nome, altre in cui devo tenerlo stretto finché l'attacco di panico passa. Sono già sei notti che si ferma nel mio letto, sei notti che dorme più di quanto faceva prima, a suo dire almeno; è difficile anche per me sai? Cosa pensi, che abbia voglia di addormentarmi accanto a te? Russi come un camionista. Eppure è sempre lì, sul lato sinistro, prima mi ricorda quanto fastidio gli dia doversi sdraiare accanto a me e un attimo dopo mi prende la mano, se la mette tra i capelli e mi ordina di canticchiare quella stupida canzone senza parole. Ci viene così naturale che sembra strano, se fosse un altro, non cosi tormentato dai suoi ricordi e dai suoi demoni mi sentirei a disagio, in imbarazzo forse. Penserei male come sicuramente farà Stef, a cui non ho ancora raccontato niente.

"Ma mi stai ascoltando?"

"Si certo." Però non riesco a guardarla negli occhi, fisso lo schermo davanti a me.

"Si come no, da quando quello lì è tornato non capisci più niente."

"Quello lì?"

"Fingi pure di non sapere di chi parlo?" E lo so che ha qualcosa in testa, quando stringe le labbra cosi e mi fissa come se volesse strangolarmi so bene che qualcosa non le va a genio.

"Se hai qualcosa da dire, dillo e basta Stefani."

"Che cosa ci fai con lui? Tu insieme a Thomas è una cosa che non sopporto!" Questo non mi piace, sta oltrepassando un limite ben definito.

"Vuoi mettere naso nella mia relazione?" e riesco a non ridere quando lo dico, l'ho visto solo tre volte negli ultimi giorni, due delle quali insieme ai suoi genitori. Pensavo che la volta in cui ci siamo ritrovati soli avremmo potuto parlare, perlomeno chiarire, ma sembrava avere fretta di andare non so dove e io non ho voluto seguirlo. Relazione è una parola grossa a questo punto, frequentazione forse, ostentazione di un qualcosa che sembra svanito ma che non siamo ancora pronti a lasciare andare.

"Vedi di essere da me per le tre Elena!" Un ordine e basta senza aggiungere altro prima di andarsene, non mi perderei ma la rappresentazione teatrale della sua storia d'amore. Fisso la porta e penso che dovrei seguirla, capisco perché è arrabbiata ma per qualche ragione non mi sento pronta a dirle tutto, non voglio che dia voce alla mia coscienza.

"Cosa stai facendo?" mi chiede Boston, e provo a rispiegargli il passaggio appena fatto. "No Elena, con quel ragazzo ricco." Sa bene come si chiama, quando il giorno "dell'incidente" ha provato a seguirmi fuori dalla porta gli ho spiegato che avevo bisogno di un po' di privacy, con Tommy.

"Si può sapere perché mi segui sempre?" non sono più supposizioni, ho visto la sua moto l'altra sera quando siamo usciti dal ristorante. Si accosta da qualche parte abbastanza lontano da non farsi notare ma vicino da poter intervenire se ce ne fosse bisogno, se mai sua madre decidesse di criticare ancora il mio abbigliamento.

"Non mi fido di lui." Afferma fissando il portatile, come se dovesse avere qualche peso. Immagino non ci siano molte persone di cui si fidi, non so nemmeno se sono una di loro.

"Non lo conosci nemmeno." Abbastanza lontano da tenerci d'occhio ma mai così vicino da poterglielo presentare. A lui stringerebbe la mano? Immagino di no.

Tutto o nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora