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È mattina, e l'aria fresca mi accarezza le gambe, fa già fin troppo caldo per essere maggio. Attraverso la strada e poi oltrepasso due giardini, facendo piano, sperando di non imbattermi in nessuno prima di arrivare davanti al nostro giardino sul retro. Scavalco la stagionata, un piede nudo alla volta, i tacchi ancora nelle mani, il telefono e la borsa da qualche parte nella mia auto che Boston si è portato dietro. Sembro una ladra a sgattaiolare cosi e mi sento in imbarazzo mentre saluto con la mano il signor Nelson, come al solito sul portico.

"Serata difficile?" dice e annuisco con le guance in fiamme. Devo avere un aspetto orribile, non sono riuscita a chiudere occhio accanto a Stefani e abbiamo bevuto, tanto. So solo che ad un certo punto della serata ci siamo scolate una bottiglietta d'acqua a testa, solo perché Boston continuava ad insistere. Dovrò ringraziarlo perché la mia sbornia non è così male, sono solo distrutta per la stanchezza. Entro piano dalla porta sul retro e provo ad andare subito di sopra, per le scale, anche se l'odore di caffè mi fa venire l'acquolina in bocca.

"Elena!" Ovviamente sceglie i momenti migliori per dormire a casa.

Trascinando i piedi entro in cucina e sono entrambi seduti a fare colazione. Che bravi, sono riusciti a fare il caffè, le uova e qualche toast. È sicuramente opera di Sniper perché papà non sa nemmeno bollire un uovo. Butto le scarpe nel ripostiglio. Non guardo in faccia nessuno dei due, prendo la mia tazza verde e mi verso il caffè.

"Ti sei divertita?" mi chiede papà.

"Mmh." Mormoro annuendo e un flash di ieri sera mi invade la mente: musica a tutto volume, corpi che si muovono a ritmo e noi due in mezzo alla pista a urlare a squarcia gola. Stringo la tazza e mi siedo accanto a papà. Poi mi ricordo la faccia disperata di Boston che cerca di far salire in macchina una Stefani ubriaca, il tutto senza sfiorarla. E sempre lei, che lo spinge verso un gruppo di ragazze urlando che è un angelo ed è single. Chiudo gli occhi e poggio la testa sulla tazza che ho tra le dita. Cavoli, povero ragazzo.

"Hai dormito bene da Stefani?" stavolta a parlare è Sniper e sta sorridendo mentre continua a fare colazione. Sanno già tutto, Boston avrà già fatto rapporto stamattina, se non ieri notte, mentre eravamo ancora in giro.

"Io almeno dormo." La mia voce oltre ad essere più bassa di due tonalità si spezza. Il diavolo ride a pieni denti, un sorriso che non ha nulla a che vedere con quello di ieri. Lo odio. Papà invece mi spinge davanti una fetta di pane tostato.

"Mangia e poi andiamo al club insieme. Hai la riunione con le ragazze ricordi?"

"No." Dico lamentandomi e poggiando la testa sul tavolo. Domani è il compleanno di Poker e dobbiamo decidere chi porta cosa per il barbecue, il che vuol dire che dovrò passare tutto il pomeriggio a cucinare.

"Come va la spalla?" chiedo quasi sottovoce spostandomi i capelli dietro le orecchie. I boccoli di ieri sono solo un ricordo, ora sono un nido pieno di nodi.

"Meglio, ma dovrò usare la tua macchina per un po' di giorni."

"E io la moto?" chiedo e sembro un uomo. Lui invece è serio, penso ce l'abbia ancora con me per quando a sedici anni ho cercato di uscire con la sua moto di nascosto. Sono riuscita a raddrizzarla, e a metterla in moto, ma ho fallito nel tenerla salda. Era troppo pesante, e sono finita prima sul prato, poi contro i bidoni della spazzatura. Io mi sono fermata sul marciapiede, graffiandomi la gamba e il fianco destro, mentre la moto è finita da qualche parte in fondo alla strada e ringrazio ancora i cieli che non sia passata nessuna macchina. Non mi ha parlato per dieci giorni, è il nostro record massimo.

"Sa portarla?" chiede sorpreso, fissandomi.

Il NO categorico di papà gli fa sfuggire un immaginavo, e a me torna in mente il suo commento sulle braccia. Lo stronzo.

Tutto o nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora