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Ha lasciato il suo doccia schiuma sul bordo della mia vasca, è nero e stona in mezzo ai miei prodotti colorati. Lo fisso per tutto il tempo mentre mi lavo i capelli e poi, dopo aver messo il balsamo, la mia curiosità ha la meglio. Lo prendo tra le dita e lo apro, sa di lui; di pulito, fresco, di muschio di quercia. Sa di uomo e mi venire la pelle d'oca. Che cavolo Elena, è solo sapone! Lo rimetto giù come se mi avesse scottato le dita e il mio cuore accelera i battiti. Non dovrebbe nemmeno essere qui. Esco dalla doccia sul piede di guerra. Coprendomi velocemente con l'asciugamano, entro senza bussare, di nuovo, ma la sua stanza è deserta. Dovrei essere contenta eppure mi sento quasi delusa.

Se prima le notti qui erano temporanee ora penso siano diventate permanenti, oltre alla bottiglietta in bagno c'è anche il borsone pieno di vestiti buttato dentro l'armadio. Ovunque fosse andato stamattina era di gran fretta, non ha nemmeno rifatto il letto.

Sbuffo e comincio ad asciugarmi i capelli prima di vestirmi. Non lo penso mentre mi concentro sulle faccende giornaliere, nel giardino, e poi in cucina a preparare il pranzo di oggi, perché tocca a me. Infine decido di mettere in ordine la casa, e mi ritrovo immobile nel corridoio, davanti alla sua porta, a meditare su quello che sto per fare.

Si incazzerà? Si. Ma m'importa realmente? No.

Sono troppo curiosa, muoio dalla voglia di sapere più su di lui. Comincio dal letto, cambio le lenzuola e poi provo a spostarlo nella posizione originale, ma non ci riesco sola, quindi lascio perdere. Spolvero e butto via la bottiglia che si è scolato ieri notte e mi fermo a fissare il borsone. Non ho tanta voglia di ordinare i suoi vestiti nell'armadio, ma come faccio a frugarci dentro lasciando tutto intatto? È impossibile. Lo afferro per le maniglie e rovescio tutto il contenuto per terra. Metto le magliette sugli appendini, sorpresa che abbia anche camicie oltre alle solite t-shirt e canottiere nere col logo del club, i jeans invece li sistemo nella parte in basso.

Nella tasca interna, trovo nascoste le sue targhette militari con su scritto: Gregory Allan Evans, Wisconsin, Sniper. Di solito i soprannomi del club sono solo quello, nickname che si addicono alla personalità, il più delle volte per nascondere la vera identità. Lui invece è un vero Sniper, ma la cosa che mi sconvolge è l'età: Ha solo ventinove anni? Ne dimostra di più, forse per le notti insonni o per il peso perso. Fisso la polaroid che trovo insieme alla collana e il mio stupido cuore ricomincia ad accelerare, è in piedi vicino ad un albero, aggrappato ad un ragazzo moro mentre ridono entrambi. Sono tutti e due in divisa, la targhetta sul petto segna G.A. Evans, mentre quella del ragazzo P. Thompson. È più giovane li, più abbronzato e muscoloso, e ride di gusto. È bellissimo e chiunque sia Thompson, lo sta guardando con affetto.

Giro la foto e dietro c'è scritto solo: maggio, 2003.

Le metto entrambe nel cassetto da parte al letto e nascondo la borsa nella parte in alto dell'armadio. Chi avrebbe detto che potrebbe essere ancora più bello. Se solo si curasse di più, e mettesse su un po' di peso. Di sicuro non dovrebbe bere, prendo la bottiglia piena e la porto in cucina, mettendola insieme ai liquori di papà.

Ci penso per tutto il tragitto in macchina verso il cantiere, l'odore di pollo caldo che ho in macchina mi fa stringere lo stomaco. Magari era suo fratello, o il suo migliore amico. O meglio ancora! Il suo amante. Questo mi fa ridere di gusto, perché come direbbe Stef: i migliori sono sempre gay. O gay o già presi.

La nuova casa che stanno ristrutturando, appena fuori Tateville è deserta. Eppure oggi è un giorno lavorativo, non dovrebbero essere a casa. Nessuna delle ragazze mi ha avvisata, quindi faccio inversione e mi dirigo verso il club, che è dall'altra parte. Almeno se non sono neanche li, qualcuno che mangi il mio cibo lo trovo, così non va sprecato.

Tutto o nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora