Capitolo 48: Lei è come il sole, ma il sole è andato via.

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Pov Zeref

Mi chiedo quanto riusciranno a resistere.
Quando capiranno che è tutto inutile, che non posso tornare indietro.
Che vorrei, ma il mio passato non me lo permette.
Vorrei avere la forza di dire a Natsu che non è stata colpa sua se i nostri genitori sono morti in quell'incendio.
Che non sono nemmeno io l'artefice.
Ma non mi crederebbe mai. Non avrò mai modo di redimermi.
E Mavis non merita di passare la vita con un meschino come me. Uno senza spina dorsale.

Finisco di bere la mia quotidiana tazza di caffè, per poi andare a sistemare le ultime carte da portare a scuola il giorno seguente.
Mentre tento di creare un pò di ordine in quella scrivania, il mio sguardo cade su una foto.
Siamo io e Natsu, da bambini, con un sorriso a trentadue denti a farci compagnia.
Beh, un modo di dire, visto che ad entrambi ne mancavano alcuni.
Sorrido nel vedere quella foto, anche se il mio cuore dentro sta piangendo.
È l'ultima foto che i nostri genitori sono riusciti a scattarci, prima della tragedia. Prima che quell'incendio ci portasse via la nostra felicità.

Mi volto verso la piccola pianola che ho acquistato anni fa e che da allora non mi ha mai abbandonato durante i trasferimenti.
Non è il pianoforte che avevamo all'epoca, un bellissimo pianoforte a coda nero, lucido, perfettamente curato dalla mamma, la quale ha provato ad insegnare a me e mio fratello a suonare.
Ricordo che nel vedere la mia bravura, sperava io diventassi un grande musicista e compositore.
Scusa, mamma.

Natsu non era molto aggraziato, ma questo era anche a causa della sua tenera età.
Per lui era tutto un gioco, non un vero e proprio impegno.
Anche se i suoi occhi si illuminavano, non appena sentiva il suono di un pianoforte.
Ora, tutto ciò che quel suono gli provoca, è un dolore straziante e incurabile.

Lascio che le dita sfiorino lentamente e leggermente i tasti del pianoforte, alternando tasti bianchi e neri.
Chiudo gli occhi, mi lascio trasportare dai ricordi. Inizio a suonare.
È tutto così naturale, così perfetto.
Immagino di essere davanti ad un grande pubblico ammaliato dal mio spartito, dalle mie dita che si muovono leggiadre sullo strumento.
Proprio come quando ero bambino.

Sembra che io stia riuscendo a superare la cosa.
Mi sbaglio.
All'improvviso la bellissima scena dei volti commossi delle persone e dei loro applausi si sostituisce alla nostra casa in fiamme, alle urla del mio fratellino e alla notizia da parte della polizia che i nostri genitori erano entrambi deceduti.
Premo i tasti con forza, per poi portare le mani al viso. Le stringo forti, come se volessi strapparmi il volto.
Tento di fermare le lacrime, ma non riesco.

Vorrei qualcuno accanto, ma allo stesso modo nessuno può e deve starmi vicino.
Prendo un momento per calmarmi, per poi abbandonare le carte sul tavolo, la foto sul comodino e il pianoforte a sé stesso e andare a sdraiarmi.
Finisce sempre così, quella scena torna sempre da me.

Domani sarà un'altra lunga giornata.

Pov Mavis

Siamo tutte riunite nell'appartamento che siamo riusciti ad affittare insieme.
Non è chissà cosa, ma il nostro obbiettivo è quello di far cambiare idea a Zeref nel minor tempo possibile.
E ci riusciremo.

Non penso sia facile per Juvia arrivare in una nuova scuola dove non conosce nessuno.
E incinta, per giunta. Ma accanto a lei ha Gray, che la ama infinitamente per quello che è.
Non si è ancora arreso. Vuole capire chi è stato a fare tutto ciò alla sua amata. Noi abbiamo promesso di aiutarlo.

Ora che ci penso, è la prima volta che posso finalmente dire di aver trovato delle persone speciali all'infuori di Zeref.
Beh, si. Degli amici.
Mi sembra ancora strano chiamarli così, ma dopo tutto quello che abbiamo passato quest'anno tutti insieme, mi sembra il minimo.

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