Capitolo Uno

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CAPITOLO UNO

Mario


6 agosto

Mi piego leggermente in avanti, abbasso la testa rivolgendo lo sguardo al pavimento sporco e mi passo le mani umide di sudore sul tessuto di jeans dei miei pantaloni. Respiro e cerco di calmarmi. Passo il mio braccio sinistro sulla fronte per cercare di scacciare via le gocce di sudore che si stanno formando alla base dei miei capelli scuri e ormai trascurati, mentre con l'altro braccio mi sorreggo allo scaffale pieno di giochi. Chiudo gli occhi e quasi mi addormento in piedi, se non fosse per questo senso di nausea che mi tormenta.

Riprendo a camminare su e giù per il negozio e aiuto i miei colleghi a portare dentro tutti gli scatoloni che sono appena arrivati. Oggi è martedì ed è il giorno in cui arriva la maggior parte dei corrieri per rifornirci degli ordini fatti la settimana prima.

All'esterno i bancali da svuotare sono ancora tanti e all'interno la gente che ha bisogno di aiuto negli acquisti altrettanta. Valentina e Dafne stanno girando come delle trottole, cercano di ascoltare e soddisfare le richieste dei clienti, cercano di assecondare e farsi carico delle lamentele di Giovanni, il nostro capo, e quando si liberano dai clienti, prima di venire richiamate da qualcun altro, escono e aiutano me e Alessandro con queste decine e decine di scatoloni. Io e Ale siamo gli unici due dipendenti uomini di questo negozio quindi, il più delle volte, ci prendiamo noi carico di questi enormi e talvolta pesanti pacchi da scaricare e lasciamo la clientela e le chiacchiere alle ragazze.

Torno dentro con due pacchi tra le braccia - l'uno sopra l'altro -, entro nella corsia giochi e li lascio cadere. Mi guardo attorno, conto velocemente quanti sono gli scatoloni che di lì a poco dovrò svuotare (9, per l'esattezza) e mi passo una mano tra la barba incolta, debole e nervoso. Alzo il braccio sinistro e punto il mio sguardo stanco sull'orologio nero che porto  al polso da anni: 10:47, la giornata è iniziata da nemmeno tre ore. Un conato di vomito si fa spazio nel mio addome, costringendomi a respirare a fondo e a ricacciare dentro tutto il mio malessere per evitare casini. Sudo.

Esco, respiro a pieni polmoni l'aria calda di inizio agosto per provare a sentirmi meglio e mi avvicino ad Alessandro per continuare il nostro lavoro. Più di una volta mi chiede se sto bene e io, come tutte le volte in cui me lo chiede da un mese a questa parte, gli rispondo di sì.

"Sono solo stanco Ale, te l'ho già detto tante volte!", sbuffo. E, forse, per oggi smetterà di preoccuparsi.


*


Quando il lavoro all'esterno del negozio è concluso e tutti gli scatoloni sono dentro e disposti nelle giuste corsie, io, Dafne, Valentina, Alessandro e Sarah, che inizia ora il suo turno, ci dividiamo per svolgere ognuno i rispettivi compiti. A me spetta il reparto bambini e così mi ritrovo ad aprire tutti i pacchi e ad estrarre tutti i giochi contenuti all'interno. Mi inginocchio a terra e li divido per modello e grandezza, mentre qualche bimbo fa irruzione tra gli scaffali urlando, ridendo e richiamando l'attenzione dei genitori quando qualche bambola, peluche o macchinina attira la loro attenzione. Le voci squillanti mi rimbombano nella testa e mi sembra pronta ad esplodere da un momento all'altro. Per l'ennesima volta chiudo gli occhi cercando di tranquillizzarmi e non sbraitare contro a questi piccoli innocenti, anche se la voglia di sfogarmi in qualche modo è tanta. Il mio stomaco brucia, mi sento irrequieto, sbadiglio, mi si forma la pelle d'oca. Sudo.

Con uno scatto veloce mi alzo da terra e quasi mi gira la testa, poi piego tutti gli scatoloni ormai vuoi, li posiziono uno sopra l'altro e li porto in magazzino.

Mi avvicino alla cassa per prendere una prezzatrice, chiedo a Giovanni di poter avere il foglio con i prezzi dei vari prodotti per assicurarmi di non sbagliare niente e mi giro per tornare in corsia e riprendere il mio lavoro.

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