Capitolo Sette

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CAPITOLO SETTE
prima parte

Claudio

26 settembre

Una lieve pressione sulle mie labbra, un piccolo schiocco. E poi di nuovo quella pressione. Un paio di labbra morbide e calde che si uniscono alle mie, piano, lentamente. È quasi un semplice sfioramento, un contatto minimo.

Mugugno per scacciare quella sensazione - o forse residuo di sogno - dalla mia mente e mi rigiro nel letto. Anzi, provo a rigirarmi nel letto, perché appena compio un piccolo movimento, mi rendo conto di non essere solo.

Spalanco gli occhi spaventato e spaesato e l'unica cosa che vedo davanti a me sono due pozzi neri che mi scrutano attenti.

Il mio braccio a cingergli il corpo, i nostri visi vicini, i nostri piedi intrecciati.

Sciolgo la presa e mi metto a sedere di scatto, cercando di fare mente locale su come sia successa una cosa del genere.

"Mario! Che cazzo..?!", dico passandomi una mano sul viso, "perché sono qui?", indico lui e poi il letto sotto di noi.

Lui si rannicchia tra le coperte e fa spallucce.
"Non lo so.. io ti avevo solo chiesto di aspettare che mi addormentassi", mi ricorda, con voce rauca e assonnata. Oddio.
"Forse poi ti sei addormentato anche tu perché quando mi sono svegliato eri qui con me a dormire beato", dice con fare ovvio, vista la situazione.

"Che casino!"

"Ma non abbiamo fatto niente di male, abbiamo dormito vicini senza nemmeno rendercene conto. Non hai mai dormito con qualcuno? Con qualche tuo amico, per esempio?"

"Che domande, certo! Ma di sicuro non posso permettermi di dormire con te!", rispondo con impeto e gesticolando con le mani, ma cercando di mantenere un tono di voce basso per non farmi sentire da qualcuno.

Vedo un lampo attraversare i suoi occhi e la sua faccia contorcersi in un'espressione quasi di tristezza... o forse di disprezzo.
"Perché io sono solo un drogato, no? Che schifo dormire con me, hai ragione. E anche perché io sono solo uno stupido paziente difettato e tu invece il fantastico dottorino perfetto, peccato tu sia pronto a fare lo splendido solo in veste professionale!", dice con cattiveria mentre si tira su a sedere a sua volta, poggiandosi alla testiera del letto e incrociando le braccia al petto.

Sospiro, pentito delle parole con cui mi sono rivolto a lui. "Non volevo dire questo, lo sai..", mentre lo dico mi butto nuovamente giù, a peso morto, nel letto. Lui si sposta un po' per farmi spazio. Alzo gli occhi e lo fisso da qui giù. Il viso lievemente girato dal lato opposto, la mascella serrata, il broncio e le labbra strette in una smorfia.
"E mi dispiace che tu pensi questo di me.", gli dico sincero.

"E allora perché hai detto quella cosa?"

"Mario.. io non posso dormire con nessuno qui dentro, capisci? Né donne, né uomini. Non è una critica rivolta a te. È una critica a me stesso, piuttosto, per essermi addormentato qui. Non è professionale e non fa parte della mia persona permettere che succeda una cosa del genere...", cerco di spiegargli con calma. "A me tu non dai fastidio, altrimenti non farei nemmeno questo lavoro. Per me non sei un drogato, sei Mario, punto".

"Mmh mmh", mi risponde senza accennare ad una parola e senza spostare di un millimetro il suo viso ancora contratto e distante.

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