Capitolo Ventinove

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CAPITOLO VENTINOVE

Mario


2 dicembre

"Avanti!"

Prendo un gran respiro e abbasso la maniglia.
Cautamente, a testa bassa, entro e mi richiudo la porta alle spalle.

"Mario, ciao! Vieni pure", mi invita ad avanzare il signor Aleotti e io eseguo il suo ordine come un automa. Mi avvicino alla sua scrivania per poi sedermi nella poltroncina posizionata lì davanti.

"Come mai qui a quest- woho! Cos'è successo?", cambia subito domanda appena alzo gli occhi nella sua direzione. Non mi sono guardato allo specchio prima di uscire dalla mia stanza ma so per certo di non avere un bell'aspetto, dal momento in cui non ho chiuso occhio per tutta la notte e non ho fatto altro che piangere come un bambino.
Dio, sono così patetico!

"Io vorrei- io... posso chiamare Claudio?", chiedo senza rispondere alla sua domanda, andando dritto al nocciolo della questione.

"Non è più il tuo educatore...", mi ricorda dolcemente, facendo il giro della scrivania per sedersi accanto a me. "Ginevra deve ancora arrivare, è molto presto, ma puoi parlarne con me se vuoi nel frattempo...".

"No io... Ginevra è bravissima come educatrice e mi trovo bene con lei... però ho bisogno di parlare con il mio vero educatore...", cerco di spiegargli.

"Cos'è successo?", mi chiede per la seconda volta nel giro di un minuto. "Perché hai pianto?"

"Non ho pianto!", mi metto sulla difensiva mentre il direttore alza un sopracciglio facendomi intendere di non credere alle mie parole. "Ho... è solo che non ho dormito nemmeno un secondo", ammetto sincero, omettendo la parte del pianto.

"E come mai?"

"Posso chiamare Claudio?", insisto, muovendomi a disagio sulla sedia.

Aleotti sta in silenzio qualche istante e poi, dopo avermi scrutato attentamente, "Aspettami un secondo qui fuori" mi dice in tono apprensivo mentre si alza e io lo imito.
Lo osservo mentre torna dietro la scrivania e controlla delle cose al computer per poi afferrare il cellulare.

"Esco, allora", gli dico spostandomi verso l'uscita per poi chiudermi la porta alle spalle e appoggiarcele letteralmente contro. Prendo un gran respiro e mi stropiccio gli occhi gonfi.

"Claudio, ciao, scusami se ti disturbo a quest'ora della mattina...", sento parlare il signor Aleotti all'interno della stanza e improvvisamente il mio cuore inizia a martellare nella cassa toracica al punto da farmi tremare le gambe. Accosto l'orecchio alla porta per cercare di capire meglio le sue parole.

"No no, stai tranquillo, niente di grave. So che sei sospeso dal tuo incarico e che stai utilizzando questi giorni di pausa per capire te stesso e ciò che vuoi, ma mi chiedevo se te la senti di passare alla comunità per aiutarlo...", si ferma per ascoltare la risposta di Claudio. "Mario, sì", gli dice per poi continuare "No, niente di grave, te l'ho già detto. Però so riconoscere quanto bene hai fatto a quel ragazzo e quanto è cresciuto grazie a te e visto che è venuto nel mio ufficio abbastanza scosso chiedendo di poter parlare con te credo meriti l'opportunità di sfogarsi con chi l'ha seguito in tutti questi mesi... ovviamente solo se te la senti", resto con il fiato sospeso e mi allontano dalla porta sentendo rumore di passi. "Ok, adesso glielo dico...".


*


"Andiamo", mi viene a prendere il direttore, più o meno un'ora dopo, mentre sto iniziando a sparecchiare il tavolo della colazione assieme ad altri ragazzi. "Mario oggi salta il suo turno, lo recupererà domani", avvisa gli altri presenti, i quali annuiscono senza chiedere spiegazioni o lamentarsi.

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