Capitolo Otto

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CAPITOLO OTTO
prima parte

Mario

29 settembre

Sbircio da lontano l'interno della stanza ricreativa. Da qui, la situazione sembra davvero molto tranquilla.
Così mi avvicino e, cautamente, faccio il mio ingresso cercando di non disturbare le due persone che stanno leggendo rispettivamente un libro e un giornale.

Afferro una quindicina di fogli da disegno e un pacco di colori da uno degli scaffali rossi adagiati al muro e poi, senza fare rumore, scosto una sedia e mi siedo ad uno dei tanti tavoli rotondi presenti all'interno. Ovviamente quello più appartato e lontano dai due ragazzi impegnati nella loro lettura.

È ancora mattina presto, è appena terminata la colazione e io ho deciso di venire subito qui, senza rientrare in camera come invece faccio sempre per starmene da solo con me stesso.
In realtà, stare qui da un lato mi mette ansia e agitazione perché non sono abituato ad uscire spesso da solo dalla mia stanza. Con Claudio qualche volta è successo, ma con lui è diverso perché mi sento tranquillo al suo fianco. Adesso, invece, che sono completamente solo, mi sento un po' spaesato.
Dall'altro lato, però, sono felice di aver trovato la forza e il coraggio di farlo, in questo momento.
Anzi, oggi mi sento felice in generale.
E non capita da troppo. Non capita mai.

Oggi è il compleanno di Claudio.

Negli ultimi tre giorni, dopo che abbiamo condiviso il mio letto, siamo stati pochissimo assieme. Purtroppo aveva un sacco di impegni e riunioni, o almeno questo è quello che mi ha detto lui ieri, quando prima di staccare dal suo turno è venuto a salutarmi velocemente, senza fermarsi come fa invece di solito per cercare di tirarmi su il morale o semplicemente scambiare due parole o solo condividere la stessa aria. Ha bussato, è rimasto sull'uscio della porta dicendomi "Ci vediamo domani! Mi raccomando fai il bravo" e quando l'ho fermato chiedendogli perché non entrasse e perché ultimamente non avessimo passato lo stesso tempo degli altri giorni assieme, mi ha semplicemente risposto "ho avuto tantissime faccende da sbrigare e riunioni a cui partecipare, recupereremo!", andandosene senza dire altro e lasciandomi così, con le mani in mano e il vuoto dentro.
Ci sono rimasto un po' male.
Anzi, tanto.
Al punto che mi sono fatto venire un'altra crisi e, per la prima volta da quando sono qui, ho addirittura dovuto suonare il campanello d'allarme che ognuno di noi ha accanto al proprio letto, in caso di bisogno e urgenza.
Perché sì, per la prima volta, invece di sperare di morire ho sentito il bisogno di essere aiutato per paura di non farcela.
Ho persino accettato che persone estranee provassero a prendersi cura di me, anche se non ce l'hanno fatta, al contrario di come invece sa fare molto bene Claudio.
Alla fine per tranquillizzarmi hanno chiamato la dottoressa della comunità: mi ha dato dei calmanti che mi hanno permesso di quietarmi e finalmente dormire per una durata di tempo che non mi capitava di dormire da anni.
E quindi è andata così. Abbiamo parlato poco e condiviso‪ poco, in questi ultimi giorni.

Oggi, però, è il suo compleanno. E voglio fargli un regalo. Non qualcosa di materiale: qui non ho nulla e non posso uscire a comprare niente.

Voglio regalargli una piccola parte di me.
E voglio che sia tutto perfetto.

Apro la scatola dei colori e li rovescio sulla superficie in legno, decidendo quale usare per primo. Alla fine opto per il verde, come i suoi occhi.


*


Con il plico di fogli in mano, mi dirigo incerto alla stanza del personale. Mi guardo attorno e poi busso con il cuore a settemila per la paura di vedere respinta la mia richiesta. Apre Ginevra, un'operatrice che mi è già capitato di incontrare qua e là.

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