Capitolo Ventotto

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CAPITOLO VENTOTTO

Mario


1 dicembre

Il primo pensiero che la mia mente elabora nel momento esatto in cui i miei occhi iniziano ad aprirsi lentamente e il mio cervello a risvegliarsi dal suo sonno tormentato è solo uno: otto.

Otto giorni da quando Claudio se n'è andato dalla comunità.

E sono sempre otto i giorni in cui la storia si ripete sempre uguale: non mi sveglio più nel pieno della notte agitato, sudato, spaesato, solo perché Lui non è qui con me. Gli incubi sono diminuiti di potenza, impatto e contenuto. Sono solo accenni, sprazzi, frammenti, che mi torturano il sonno ma mi lasciano comunque dormire. Forse perché so di non essere più solo anche se sono solo fisicamente, e questa consapevolezza mi sta aiutando. Raccontando tutto a qualcuno è come se mi fossi tolto una parte del peso che portavo dentro da tanti, troppi, anni. Ho alleggerito la nuvola nera che si era addensata sul mio petto, lasciando spazio ad un po' di chiarore.
Dopodiché, come mi è appena successo, apro gli occhi e la prima cosa a cui penso, istintivamente, è il numero di giorni trascorsi da quando non vedo Claudio e non so niente di lui. Non so come sta, se è tranquillo, se passa bene le sue giornate, cosa fa. Se mi pensa. Nulla. E questo mi innervosisce. Poi però scendo a fare colazione e mi ricordo che Giacomo non c'è più, che è intervenuta la polizia, che mi hanno interrogato, che l'hanno portato lontano da me e dagli altri miei compagni di comunità, e mi ricordo che tutto questo è solo grazie a Lui. Senza Claudio io non sarei stato in grado di affrontare la situazione nella giusta maniera e non sarei così sereno come invece, nonostante tutto, sento di essere.


*


Come tutti i giorni, anche oggi è arrivato il momento del laboratorio di gruppo. È il primo giorno di dicembre, tra poco sarà Natale e ineluttabilmente da questo momento in poi tutto avrà a che fare con le feste natalizie. Non a caso, infatti, stiamo decorando palline ed addobbi con cui riempire l'albero e le stanze. Quasi rido se penso a quello che sto facendo, mentre a casa mia Natale nemmeno esiste più. Cos'è Natale senza una famiglia? Solo un semplice giorno come un altro in cui nessuno pensa a te.
Eppure, guardando tutti questi colori, pennelli e brillantini, capisco quanto mi manca trascorrere un bel Natale. Un vero Natale.
Chissà se quest'anno sarà diverso o se sarà sempre lo stesso. Chissà se Claudio, dopo aver sicuramente festeggiato con la sua famiglia e i suoi amici, troverà un po' di tempo anche per me. O se vorrà accompagnarmi a comprare un albero da addobbare assieme. Chissà se mia mamma e mio papà troveranno il coraggio di chiamarmi e chiedermi scusa.

Tanti punti interrogativi. Anzi, la mia vita è un unico grande punto interrogativo.
Ma con cautela ne sto finalmente ritrovando il senso.


*


Se c'è una cosa che ho imparato a fare in questi mesi di permanenza all'interno della comunità, quella è sicuramente saper riconoscere anche i minimi dettagli del corpo di Claudio. Ecco perché, quando usciamo dalla stanza ricreativa, tra le tante schiene e teste riconosco anche la sua. Lo vedo mentre a testa bassa cammina spedito verso l'uscita, senza nemmeno provare a cercarmi tra la gente.

Una fitta mi lacera il petto in due.

"Claudio!", lo chiamo ma lui non mi sente. O finge di non sentirmi?

"Claudio!", dico di nuovo, iniziando a farmi spazio tra i corpi ammassati in corridoio che mi bloccano il passaggio.
"Claudio!", ripeto per l'ennesima volta, bloccandogli il braccio.
Sussulta e poi, arrestando i suoi passi, si gira verso di me. "Mario!", mi saluta così, "che c'è?".

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