Capitolo Nove 2.0

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CAPITOLO NOVE
seconda parte

Claudio

Dopo aver sfrecciato come un pazzo per le strade di Verona, in preda ad una sensazione davvero molto negativa in seguito a quella telefonata troppo poco esaustiva per i miei gusti, arrivo finalmente alla comunità.

Cammino a passo spedito ed entro nella stanza del personale per ottenere delle spiegazioni, ma non trovo nessuno.
Mi dirigo al mio armadietto per lasciare lo zaino prima di uscire a cercare il direttore ma proprio qui, appeso, trovo un bigliettino per me, scritto in maniera frettolosa:

"Vieni in infermeria"

Nulla di più, nulla di meno.
L'ansia si moltiplica nel mio corpo e i peggiori scenari iniziano a farsi spazio davanti ai miei occhi.

Quasi corro tra i corridoi per arrivare alla meta il prima possibile e, per la prima volta, il tragitto mi sembra infinito. In realtà, ci impiego solo una manciata di secondi.

Accedo alla sala d'attesa e poi, senza bussare, entro nella piccola stanza medica.
Tre persone si voltano all'unisono verso di me ma solo un paio di occhi cattura in maniera prepotente il mio sguardo, trafiggendomi da parte a parte.

Mario è lì, con sguardo socchiuso, stanco e vuoto ma allo stesso tempo pungente, steso sul lettino con alcuni tubicini infilati in un braccio, ma sta bene, Dio, sta bene!.
Non so cosa sia successo ma vederlo intero mi fa sentire improvvisamente più leggero, liberato da un macigno mille volte più pesante di me.

Senza curarmi delle altre due persone presenti, corro da lui per abbracciarlo ma il direttore mi blocca ad un passo da lui.

"Aspetta Claudio, la dottoressa deve sistemare ancora due cose. Usciamo un attimo?", mi chiede con l'intento palese di volermi parlare.
Io annuisco, guardando di nuovo Mario reprimendo l'impulso di toccarlo per accertarmi che non si sia rotto in alcun modo, e poi lo seguo rassegnato verso l'uscita.

Ci chiudiamo la porta alle spalle e ci allontaniamo un po' da lì - probabilmente per non farci sentire - in silenzio.
Quando siamo abbastanza distanti, il mio capo si ferma e si gira a guardarmi. Non lo avevo ancora guardato in viso e ora che lo faccio riesco a cogliere quanto sia scosso e provato.

Il mio cuore inizia a battere ad un ritmo irregolare, preso da un'improvvisa paura per quello che sta per sentirsi dire.

Lo vedo titubare, poi mi invita a sederci in disparte. Prende un respiro e infine parla.

"Non so cosa sia successo, con noi non ne vuole parlare, lo sai", inizia. Io faccio un cenno con la testa per invitarlo a continuare.
"Claudio, andrò dritto al sodo", mi avvisa scrutandomi attentamente, "Mario ha tentato di suicidarsi questa notte".

La Terra smette di girare.
I pianeti arrestano il loro cammino attorno al Sole.
L'universo si ferma.

Il mio cuore batte troppo forte da non permettermi di distinguere i singoli battiti, diventati ora un tutt'uno. O forse smette semplicemente di pulsare.

Non capisco se è realtà o finzione.
Non capisco se la mia testa è diventata un multisala ed io mi sto facendo i film.
Non capisco più niente.

"C-come scusi?", chiedo con la voce che esce appena, in un sussurro, all'uomo seduto accanto a me, che prontamente mi appoggia una sua mano sulla spalla per darmi un po' di forza.

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