Capitolo Ventuno

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Vita mi desti, e il primo amore:
non ti scorderò mai.

•••

CAPITOLO VENTUNO

Mario

14 novembre

Cammino agitato avanti e indietro per la stanza, martoriandomi le labbra con i denti e con le dita.

Sono le dieci di sera e Claudio dovrebbe aver finito il suo turno. Lo sto aspettando impazientemente perché durante la giornata mi ha comunicato di dover passare da me prima di andar via, per parlarmi di una cosa importante. Da quando abbiamo discusso a causa della sua volontà di andarsene, non siamo più tornati sull'argomento: lui è venuto regolarmente a lavoro e io ho finto di non pensarci ogni secondo.
Sono passati tre giorni. E io ho paura voglia parlarmi di nuovo di questo.

Mi passo una mano tra i capelli, ansioso come poche volte mi è capitato di essere, mentre macino metri e metri in questa piccola stanza.

Io senza Claudio non posso stare più. Se lui se ne va, me ne vado anche io. Non posso pensare di lasciarlo andare via da me, proprio ora che l'ho trovato. Perché sì: l'ho trovato. Ho trovato quello giusto. Non avrei mai pensato potesse succedere ad uno come me, eppure... eppure è successo. Mi sono innamorato. Non può essere altro quello che sento per lui: lo amo. Dio!, lo amo!
E forse, quindi, qualcosa di buono l'ho fatto se il destino ha voluto farmi incontrare proprio Lui. E di sicuro non lascerò che se ne vada con la stessa facilità con cui si è insinuato nella mia vita e nella mia pelle. Da me... non scappa. Non lo lascio andare. Non può.

Un rumore di mano che bussa alla porta mi desta dai miei pensieri facendomi sobbalzare dallo spavento. Il nervoso si moltiplica mentre aspetto che faccia il suo ingresso, che però tarda ad arrivare. Stranito, mi avvicino alla porta per poi aprirla con il cuore che va a settemila. Ma davanti a me non c'è chi mi aspettavo: c'è Giacomo. Lo guardo perplesso, non capendo cosa ci faccia davanti alla mia camera a quest'ora della sera. "Ciao Mà! Ti va di uscire un po' in giardino?", mi chiede con un sorriso stampato sul volto. "Mmh, no Jake. Sono... stanco.", mi affretto a dire spostando lo sguardo dietro di lui per assicurarmi non stia arrivando il mio educatore. Da quando mi ha rivelato di essere geloso del mio vicino di stanza ho cercato di passare meno tempo con lui. Nessuno era mai stato geloso nei miei confronti prima d'ora e non mi va che possa pensar male di me, così come non mi va di farlo arrabbiare o innervosire. Saperlo geloso è una delle sensazioni più belle ma allo stesso tempo strane: mi fa sentire ricambiato, voluto, desiderato, importante, bello, di valore. E tutto questo è fottutamente inverosimile ed innaturale!

"Stiamo solo mezz'oretta dai, il tempo di fare due chiacchiere! ", quasi mi prega, "In questi ultimi giorni siamo stati assieme pochissimo!".

"Lo so, ma adesso non ho proprio voglia", fingo uno sbadiglio, "sto andando a dormire!".

"Allora vieni due minuti in camera mia, no? Giusto il tempo di raccontarci la giornata e poi torni subito qui!".

"Giacomo ma cosa dici? Non si può entrare nelle stanze degli altri!"

"Non penso tu abbia problemi ad infrangere le regole, e io neppure. Non succede nulla se stiamo una manciata di minuti assieme Mà!"

Punto lo sguardo sui nostri piedi, indeciso su cosa dire per togliermelo di dosso. È mio amico e non sa che sto cercando di evitarlo per non avere ulteriori problemi con Claudio. Per questo mi dispiace trattarlo male, lui non ne ha colpe.

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