Capitolo Ventisei

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CAPITOLO VENTISEI

Mario

22 novembre

Cedere o non cedere?

Sono giorni interi che questa domanda rimbomba incessantemente nella mia scatola cranica.

Sempre.

Anche adesso, mentre fisso la porta da cui Giacomo se n'è appena andato per darmi un ultimatum e io non so cosa fare.

"Ti lascio ancora un giorno di tempo, Mà", mi ha detto a bassa voce per non farsi sentire. "Dopodiché darò per scontato che la mia proposta sia stata rifiuta e procederò con il raccontare tutto al signor Aleotti".

E io, io, cosa posso fare?

Qualsiasi cosa io faccia sarà la cosa sbagliata. Qualsiasi cosa finirà per ferire me o Claudio.

O forse entrambi.

Qualsiasi decisione prenderò mi farà morire.

Di nuovo.

E no. Non sono pronto a sprofondare ancora negli abissi da cui sto riuscendo a riemergere proprio adesso.
Non sono pronto a ricadere. Non sono pronto a sentirmi schiacciare. Non sono pronto a finire.

Perché sì, qualsiasi cosa io scelga di fare... quella sarà la mia fine.


*


Ho pensato a lungo in questi giorni. Forse troppo. Mi sono abbattuto e chiuso a riccio. Ho tenuto distante Claudio senza dargli una spiegazione valida. Molte volte l'ho trattato male. L'ho respinto. Poi ho pianto. Mi sono autocommiserato e mi sono sentito stupido. Mi sono rimproverato per essermi lasciato scappare qualche particolare del mio rapporto con Claudio con Giacomo, mi sono maledetto, mi sono chiesto perché capitano sempre tutte a me e mi sono sentito un cretino per essermi illuso, negli ultimi tempi, di poter star veramente bene prima o poi. Poi ho pianto di nuovo ma sono stato bravo a non farmi mai trovare in un momento di crisi dal mio educatore.

Lui ha capito che c'è qualcosa che non va, comunque.
Lo sa. Ormai mi conosce bene e io non posso nascondergli niente.

Mi ha chiesto di parlargliene ma non ce l'ho fatta.
So che l'unica soluzione sensata è quella di parlarne con lui, ma allo stesso tempo io non voglio coinvolgerlo e non voglio ferirlo.

Non potrei mai fargli del male.

Se faccio male a lui, faccio male anche a me.

Per questo l'opzione meno dolorosa, alla fine, è proprio quella di accettare la proposta di Giacomo.

Ferisco solo me.
Soffro solo per me.
Spezzo solo me.

Claudio non deve toccarmelo. Piuttosto lascio che tocchi me.

Un brivido di paura mi pervade al pensiero delle sue mani viscide sul mio corpo e una lacrima sfugge al mio controllo.

Ma questa comunità è la sua quotidianità e questo lavoro è il suo sogno, non posso permettere che per colpa mia vada a rotoli anche la sua vita.


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