8. Una partenza difficile

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Non devo aver paura, andrà tutto bene.

Era quello che mi ripetevo per restare calma, per non pensare a ciò che avrebbe portato quella partenza. Ero pronta? No, non lo ero, almeno non del tutto. La speranza che mi aveva indotta a prendere quella decisione era ancora lì, fissa nel mio cuore, ma la paura, la paura era tornata a prendere il sopravvento sulle mie emozioni.

Fissai l'anellino che mi era stato regalato, lo fissai quasi come se fosse il simbolo di un nuovo inizio, lo fissai pensando a ciò che rappresentava: l'unione con mia madre. L'avevo salutata prima che andasse al lavoro, ci eravamo abbracciate per un'infinità di tempo o forse solo per pochi secondi, perché avevo ancora bisogno del suo abbraccio, del suo profumo, delle parole di conforto...

Steven invece era passato a salutarmi la sera prima e, tra una risata e l'altra, mi aveva allontanato dai pensieri negativi e dalle mie paturnie. Era rimasto a guardare un film con me, mi aveva stretta a lui con fare protettivo, donandomi qualche ora di tranquillità. Prima di andare via, aveva lasciato un regalo sul comodino. All'interno c'era un album con le nostre foto più belle e una citazione del Piccolo Principe nell'ultima pagina, quella che ritraeva noi due sorridenti, in uno scatto fatto al mare, l'estate precedente. La citazione che aveva scelto era una delle mie preferite:

"È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. È una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele, buttare via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto. Ci sarà sempre un'altra opportunità, un'altra amicizia, un altro amore, una nuova forza.

Per ogni fine c'è un nuovo inizio."

Sapevo a cosa si stava riferendo con quella frase. Alla mia diffidenza verso gli altri, al terrore di essere di nuovo ferita e abbandonata. Chiusi gli occhi per provare a scacciare via quel pensiero, non avevo più voglia di pensare a quel periodo della mia vita, faceva troppo male, così come faceva male ripensare a mio padre. Non meritava tanta importanza, non mi aveva voluta e io lo avevo accettato, lo detestavo per questo, ma non potevo cambiare le cose.

Con impazienza guardai l'orologio, ero in ritardo e non per colpa mia. Quel giorno il nonno si era offerto di portami lui in aeroporto, ma purtroppo ci stava impiegando più tempo del solito per prepararsi. Mi sedetti così sul porticato di casa, accanto a Daphne che era ormai rinchiusa in quel trasportino da una quarantina di minuti. Provai ad avvicinare un dito per accarezzarla, ma era offesa: lei era una coniglietta libera e io l'avevo imprigionata in quella scatola che a stento riusciva a contenere il suo corpicino. Girai allora ansiosamente l'anello tra le dita, voltandomi più volte verso l'ingresso di casa.

Nonno, che fine hai fatto?

Possibile che non si rendesse conto del ritardo? Cos'era? Un tentativo di sabotaggio? Non sapendo cos'altro fare, presi a camminare per il vialetto di casa, con Daphne che mi fissava stranita. Chissà cosa stava pensando della sua padrona... Per fortuna, in quel preciso istante, il nonno uscì in giardino con la mia valigia tra le mani e con tutta calma chiuse la porta alle sue spalle.

«Nonno, è tardissimo, dobbiamo correre in aeroporto» lo avvertii, mentre gli andavo incontro per aiutarlo.

Afferrai rapidamente il trasportino con una mano e con l'altra la mia valigia. Non ero molto forzuta, ma il nonno sembrava non capire la portata del suo ritardo.

«Belle, vai piano, non sono più un giovincello...»

«Lo so, scusa, ma devo fare ancora il check-in.» Mi affrettai a raggiungere l'auto, mentre quest'ultimo faticava a seguire il mio passo. Mi dispiaceva farlo correre, ma non c'era più tempo per prendersela con calma. «Nonno, dai, metti in moto!»

Riposi la valigia nel bagagliaio e con Daphne mi avviai verso il mio posto, chiudendo poi la portiera al mio fianco. Serrai gli occhi e feci un lungo respiro. Odiavo sentirmi così angosciata, avrei voluto essere più spensierata e felice per quella partenza, ma non ci riuscivo, in fondo stavo dicendo addio a tutto ciò che amavo e per qualcosa d'incerto. Quando riaprii le palpebre, vidi nonno Gerard fuori intento a scrutare un punto della macchina. Ma che stava facendo?

«Perché non entri?» chiesi perplessa, lo sentii protestare da dietro la portiera, così decisi di uscire dalla macchina per controllare e per poco non mi venne un mancamento. La ruota posteriore era completamente a terra. «Maledizione, come farò a prendere l'aereo?»

Andai in iperventilazione, mentre il nonno prendeva la valigia che avevo appena posato nel bagagliaio. Non riuscivo più a capire le sue intenzioni.

«Non possiamo partire con questa macchina, la ruota è sgonfia. Belle, prendi Daphne. Chiederemo un passaggio a Steven.»

Cosa?! Ma perché avevo accettato di partire da casa con lui? Ero stata una stupida. Se solo avessi preso l'autobus...

«Stai scherzando? Potrebbe essere impegnato o peggio ancora in azienda dal padre.»

«Proviamoci, non abbiamo alternative. Vedrai che gli farà piacere portarti all'aeroporto, quel ragazzo è innamorato di te da quando eravate in fasce.»

Che stava blaterando? Steven non era innamorato. Ci conoscevamo da una vita, conoscevo tutto di lui, ogni sua espressione, ogni sua caratteristica: i suoi sorrisi quando era felice, lo sguardo impacciato di fronte a una donna, i suoi tic nervosi e il modo in cui mi guardava quando mi salutava. Il modo in cui mi guardava....

No, non può essere...

«Come hai dedotto che ha una cotta per me?» esclamai ancora interdetta per la sua affermazione.

«Oh! Non è una semplice cotta, Belle. Quel ragazzo impazzisce per te. Se non fossi stata così impegnata a studiare e a disegnare i tuoi modelli, a quest'ora tu e Steven...»

«Fermo! Non voglio sapere altro!» Sapevo dove voleva andare a parare. Probabilmente stava già immaginando il nostro futuro roseo: davanti all'altare e con un anello al dito, ma Steven e io eravamo solo amici, il nonno si sbagliava.

Dopo qualche minuto giungemmo davanti alla porta di casa del mio migliore amico e della sua famiglia. Bussai vigorosamente due volte, nessuno rispose. Ormai era chiaro a tutti che non sarei riuscita a prendere l'aereo, ma una parte remota della mia mente era ancora lì ad aggrapparsi a quella vana speranza.

 Ormai era chiaro a tutti che non sarei riuscita a prendere l'aereo, ma una parte remota della mia mente era ancora lì ad aggrapparsi a quella vana speranza

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Angolo autrice:

Salve, mi dispiace di non aver aggiornato la settimana scorsa, ma ero in vacanza <3 , per questo motivo ho deciso di pubblicare due capitoli: uno oggi e il prossimo giovedì.

Spero vi sia piaciuto questo capitolo di passaggio, all'interno ho aggiunto una citazione molto bella del Piccolo Principe, a parer mio può aiutare a capire alcune cose sul passato della nostra protagonista.

Ringrazio ancora tantissimo tutte le persone che stanno dedicando del tempo per questa storia. Mi rende davvero felice leggere le vostre opinioni <3 .

A giovedì con il capitolo nove!

La Ragazza che cuciva sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora