Mezz'ora dopo ci rimettemmo in viaggio. La mamma si era finalmente calmata e anch'io mi sentivo molto più rilassata. Infatti durante la seconda parte del tragitto presi sonno, non ricordo bene cosa sognai, ma erano strani frammenti del mio passato, in particolare su Louise e i suoi figli; forse la mia mente si stava già preparando ai futuri cambiamenti.
Steven mi lasciò dormire tranquilla, la radio era spenta e intorno a noi si udiva solo il rumore delle ruote che sfregavano contro l'asfalto della strada.
Giunti a New York, la voce bassa e confortevole del mio amico mi risvegliò da quella serie di sogni poco chiari. Lo ringraziai di cuore per avermi lasciata riposare. La stanchezza della notte insonne si era fatta sentire pesantemente...
«Siamo arrivati?» Assottigliai gli occhi accecata dalla luce pomeridiana. Attorno a noi c'era una lunga fila di appartamenti attorniati da alberi.
«Il navigatore m'indica quella casa come punto di arrivo, ma potrebbe sbagliarsi.»
Mi voltai in direzione della casa, era proprio come la ricordavo: un appartamento a due piani, con tre grandi finestre e un balconcino al secondo piano. Come gli altri appartamenti c'era un piccolo giardinetto esterno ad addobbare la porta d'entrata.
Non era cambiato nulla. L'abitazione di Louise si distingueva da tutte le altre, anche grazie ai papaveri che circondavano l'entrata di casa, mi sembrava di essere tornata bambina...
«È proprio quella.»
«Bene, sono le due e quarantacinque, a parte un po' di ritardo nella tabella di marcia, direi che siamo stati bravi.»
«Parla al singolare, sono una pessima compagna di viaggio e hai guidato tutto il tempo tu!»
Sorrise, accarezzandomi i capelli.
«Preferivi guidare tu?»
«No, grazie!»
Ero una frana con la guida, al mio sedicesimo compleanno la mamma mi aveva obbligata a prendere la patente. Voleva rendermi indipendente, ma a diciotto anni ero ancora legata agli autobus.
Steven continuò a sorridermi, guardandomi con molta dolcezza. Chissà cosa stava pensando, sembrava rapito dai miei occhi. La sua espressione tesa pareva voler dire tutto e niente. Spezzai il silenzio aprendo lo sportello della macchina; avevo un presentimento, come se stesse per accadere qualcosa tra noi. Qualcosa che avrebbe cambiato tutto e io non volevo, così scappai dal suo sguardo.
Scesi dall'auto, portandomi Daphne dietro, appoggiai il trasportino sulle scalinate accanto al cancelletto di casa. Steven nel frattempo era sceso anche lui dalla macchina e stava aprendo il bagagliaio per prendermi la valigia. Restai lì ad aspettarlo, mentre osservavo i papaveri. Alcuni erano secchi a causa dell'arrivo dell'autunno, ma un tempo dovevano esser stati proprio belli.
«Eccoci qui!» Mi affiancò con la valigia.
«Grazie per tutto quello che hai fatto per me.»
Avrei tanto voluto ricambiare il suo favore in qualche modo, avrei voluto passare il pomeriggio con lui e godermi ancora un po' la sua presenza al mio fianco, ma purtroppo era arrivato il momento dei saluti e nonostante non mi sentissi per nulla pronta a lasciarlo andare, dovevo farlo, dovevo accettare quei cambiamenti.
«È il minimo per te...»
Lo vidi avvicinarsi come non aveva mai fatto prima, per poco non inciampai su un gradino di casa. Perché stavo indietreggiando? Cosa mi prendeva? Perché volevo fuggire dal mio amico?
«Gr-grazie.» E soprattutto, perché avevo iniziato a balbettare?
«La mia Belle...»
Mi accarezzò una guancia e sentii il cuore esplodermi dentro per l'agitazione. L'emozione stava prendendo il sopravvento sulla mia razionalità, non riuscivo a restare lucida. Avrei dovuto chiedergli in macchina dei suoi sentimenti, avrei dovuto parlargli e invece mi ero addormentata come una stupida. Chiusi gli occhi e respirai a fondo, cercando di allontanare tutti i pensieri ambigui.
Quando però riaprii le palpebre, lo trovai a pochi centimetri da me. Istintivamente misi le dita sul campanellino di casa, non ero preparata a tutto ciò. Inoltre l'imbarazzo stava reprimendo ogni tentativo di reazione, mi spingeva solo a scappare, benché volessi restare lì a pochi centimetri dalle sue labbra carnose.
«Aspetta un attimo...»
Steven mi catturò le dita e le strinse delicatamente con le sue. Erano calde e forti, erano rassicuranti. Con la mano libera mi prese il mento e lo portò vicino al suo viso, avvertii il suo respiro irregolare sulla mia pelle. Non riuscivo a credere che stesse accadendo realmente. Non tra noi. Non con il mio migliore amico. Posò le labbra soffici sulle mie, stampandomi un bacio dolce e casto. Le mie guance avvamparono per l'emozione di quel piccolo gesto.
Si staccò da me, scrutandomi con gli occhi lucidi. Il cuore iniziò a martellare contro la cassa toracica, non potevo più nascondere ciò che stavo sentendo. Mi ritrovai a sorridere e impacciatamente mi persi a guardare la sua bocca, la forma regolare del suo mento, quella barba folta che solo un istante prima mi aveva pizzicato la pelle. Era stata una bella percezione, piacevole e disarmante.
La sua mano scivolò dal mento al collo, avvolgendomi con tutto il suo calore. Era sbagliato, tutto quello che stava succedendo lo era, eppure non volevo staccarmi. Rapita da quel vortice di sensazioni, desiderai poter sfiorare ancora le sue labbra. Volevo vedere cosa sarebbe accaduto al mio cuore se lui fosse andato più a fondo. Volevo sapere com'era il suo sapore, dolce o salato?
Ti prego, fallo ancora... mormorai nella mia mente o glielo urlai con gli occhi, perché poco dopo esaudì la mia richiesta o forse il suo bisogno di imprimere nei nostri cuori qualcosa di più forte. Un ricordo più intenso di quello di un tocco sfuggente.
Mi baciò di nuovo e non fu un semplice bacio innocente, ma prorompente, travolgente e meravigliosamente bello. Era il mio primo bacio ed era diverso da come lo avevo sempre immaginato. Mi lasciai guidare dalle sue labbra umide e desiderose delle mie. Con la mano mi aggrappai ai suoi fianchi, avevo bisogno di abbracciarlo, di reggermi a lui contro tutta quella passione che sprigionava.
Com'era il suo sapore? Dolce.
Il mio cuore? Stava impazzendo.
Da quanto tempo bramava quel bacio? Da troppo.
E perché non lo aveva fatto prima? Non lo sapevo.
In quell'istante, dovetti fare affidamento a tutte le energie che possedevo per staccarmi da lui. Per staccarmi da quel bacio. Dalle sue labbra. Avevo bisogno di riprendere a respirare. Avevo bisogno di capire i suoi sentimenti e forse anche i miei.
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La Ragazza che cuciva sogni
ChickLitCome spiegheresti a una bambina che suo padre non è un eroe, ma semplicemente è fuggito abbandonando lei e sua madre? Per otto anni quella bambina ha atteso invano il ritorno del suo eroe, credendo a una menzogna... Belle è una diciottenne tremend...