16. L'uomo senza volto

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Mi svegliai con la fronte sudata e il cuore martellante. Era da molto tempo che non sognavo mio padre o almeno la sua immagine offuscata. Non conoscevo il suo aspetto né la sua voce, ma nei miei incubi appariva come un uomo senza volto. Molte delle volte ero solo una bambina indifesa e lui mi strappava via dalle braccia protettive di mia madre. Compariva all'improvviso: a casa nostra, per strada, oppure fuori scuola.

Mi voltai a guardare la sveglia, mancavano pochi minuti per il suono dell'allarme. Così mi alzai dal letto decisa a cancellare la sua immagine dalla mia testa. Daphne mi venne incontro, m'inginocchiai e con dolcezza le accarezzai la pelliccia morbida. Una parte di me voleva dimenticare l'incubo, ma non era semplice, quell'uomo senza volto continuava a turbarmi.

Scesi le scale che conducevano al piano di sotto, Louise era già sveglia, perché un profumino dolce invase le mie narici.

«Buongiorno...» Entrai in cucina con Daphne.

L'amica di mia madre stava mangiando una torta alle mele e non appena mi vide sorrise.

«Buongiorno, cara, vieni siediti. Ti preparo una tazza di latte, intanto assaggia la torta l'ho sfornata adesso!» Louise doveva essere un'amante dei dolci fatti in casa, in meno di una settimana avevo avuto la fortuna di assaporare molte delle sue creazioni e tutte mi erano piaciute tantissimo.

«Grazie, l'assaggio subito!» risposi, affettando una fetta piuttosto grande.

Mentre addentavo quella prelibatezza, mi dedicai alle ultime notizie riportate sul web, era un'abitudine che mi aveva trasmesso il nonno, solo che a lui piaceva leggere giornali cartacei e a me quelli in formato digitale.

«Allora com'è?» Louise mi passò la tazza con il latte caldo. Mi stava viziando troppo con tutte quelle attenzioni, ma in fondo non mi dispiaceva riceverle.

«È buonissima!»

«È la preferita di Mathieu.» Notai un leggero cambio d'umore in lei, pronunciare il nome di suo figlio l'aveva fatta rattristire.

«Ti manca molto?» domandai.

Si accomodò al mio fianco, aveva un'espressione malinconica e per un istante non riconobbi la solita amica allegra ed esuberante di mia madre.

«Quel ragazzo è la mia più grande preoccupazione. È taciturno, misterioso... temo si sia cacciato in qualche guaio. Vorrei tanto ricevere una sua chiamata, ma...» Non riuscì a completare la frase. Pensai alla mamma, al nonno e a come si sentissero in casa senza la mia presenza.

«Capisco» dissi, provando a comprendere le sue preoccupazioni. «Anch'io vorrei avere mia madre qui con me...» confessai, Louise sorrise e mi strinse forte la mano libera.

«Belle, se hai bisogno di parlare con qualcuno, puoi contare su di me. Non sarò tua madre, ma potresti essere mia figlia o mia nipote» mi fece notare, con un'espressione particolarmente materna. «Catherine ti ha mai parlato di come ci siamo conosciute?»

«Ehm... no.»

«Io e tua madre vivevamo nello stesso quartiere, eravamo vicine di casa» dichiarò con sguardo nostalgico. «I miei genitori sono originari di Lione, una cittadina della Francia. Appena dopo la mia nascita, si trasferirono qui in America per lavoro. Non fu facile i primi tempi ambientarsi» raccontò, portando alla bocca la sua tazza di caffè. «Dopo pochi mesi mia madre fece un test di gravidanza e risultò incinta, ebbe però delle complicazioni e perse il bambino. Desideravo tanto avere una sorellina, ma i miei genitori non ci riprovarono più» si bloccò pensierosa, a sentire quella storia mi venne la pelle d'oca, chissà quanto aveva sofferto sua madre dopo l'aborto...

«Mi dispiace» dissi cauta, scrutando la sua fronte corrugata, lo sguardo perso e le labbra serrate.

«Per mia fortuna, un giorno la nostra vicina di casa mi presentò una splendida bambina dagli occhi verdi e i capelli rossicci, tua madre. Avevamo circa cinque anni di differenza, ma per me rappresentava quella sorellina che avevo sempre desiderato. Abbiamo trascorso tutta l'infanzia e l'adolescenza insieme.» Una lacrima di commozione le rigò il volto.

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