58. Un picnic sotto le stelle - II Parte

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BELLE

Nonostante il mio malumore, quella sera Mathieu mi fece dimenticare la rabbia e il dispiacere che avevo provato. Le sue parole, seppur forti, mi avevano colpita in profondità; lui ci teneva a me a tal punto da lottare fino in fondo per conquistarmi.

Dopo la nostra mezza discussione, mi portò al cinema a vedere una storia molto commovente, ma anche ricca di speranza. Il film s'intitolava "Si alza il vento" e narrava la vicenda di un ragazzo che desiderava da sempre diventare un pilota. Quel film mi aveva ispirata in positivo, forse perché racchiudeva un bellissimo messaggio.

Stavamo camminando lungo le strade principali della mia città già da una buona mezz'ora, era ormai tarda notte, la stanchezza iniziava a farsi sentire, ma mi dispiaceva concludere quella fuga

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Stavamo camminando lungo le strade principali della mia città già da una buona mezz'ora, era ormai tarda notte, la stanchezza iniziava a farsi sentire, ma mi dispiaceva concludere quella fuga. Con Mathieu stavo bene e quella sera avevo bisogno di qualcuno che mi stesse a fianco senza giudicarmi per le mie "non scelte". Necessitavo di altro tempo per comprendere a fondo i miei sentimenti.

«Sei pronta a tornare a casa?» La sua domanda, bisbigliata nel cuore della notte, mi mise in difficoltà. Avevo avvertito nell'istante in cui l'aveva formulata come un sussulto al centro dello stomaco.

Chissà se per casa intendeva quella di Portland o quella di New York; era difficile rispondergli, forse perché entrambi i posti possedevano una parte del mio cuore.

«Non mi sento affatto pronta, preferirei mille volte ritornare a New York, piuttosto che rivedere... lascia perdere...» risposi accigliata, non avevo voglia di ripensare alla discussione con Steven.

Sicuramente era arrabbiato per come l'avevo lasciato, ma cosa pretendeva? Neanche lui si era comportato bene portandomi Kristin in casa e obbligandomi ad assistere al loro amore.

«Prima o poi dovrai affrontare la situazione» mi fece notare.

«So che non dovrei fuggire, ma è la soluzione più semplice adesso.»

«Non lo è, dovresti saperlo.» Il suo tono stanco mi ricordò ancora una volta quanto fossi impreparata.

Scappare da tutto e tutti mi aveva fatto bene per qualche ora, ma i problemi stavano tornando a galla e, anche se cercavo di affogarli, prima o poi avrei dovuto risolverli, almeno provarci.

«Scusa, sono solo spaventata.»

«Belle, essere spaventati è più normale di quel che pensi, non dovresti scusarti per questo. È un effetto collaterale dell'amore, no?» lo chiese con una naturalezza tale da sorprendermi. «Lo sono anch'io a volte, ma cerco di non farmi sopraffare dalla paura o perlomeno ci provo... anche se quando sto con te tutti i miei buoni propositi saltano e...» Lasciò la frase in sospeso, ma non aveva importanza, i suoi occhi in quell'istante erano trasparenti, eloquenti, come suoi sentimenti.

«Vorrei avere il tuo stesso coraggio.»

«Mah, in realtà non sono poi così coraggioso, perché il mio cuore desidera portarti con me a New York, ma il buon senso mi impone di riaccompagnarti a casa.»

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