39. L'alba a New York

1.1K 72 47
                                    

L'alba arrivò in fretta e le prime luci del sole illuminarono la camera e il viso di Steven. Era accanto a me, mi teneva ancora stretta tra le sue braccia, come se avesse paura di vedermi svanire da un momento all'altro. Il suo viso era rilassato e la pelle leggermente arrossata per il calore.

Gli accarezzai la fronte e i capelli, era così dolce mentre dormiva, pareva quel bambino che mi era stato accanto durante tutta la mia infanzia. Eravamo cresciuti, ma una parte di quei bambini era ancora dentro di noi, come se il tempo si fosse fermato.

Restai a fissare il suo volto addormentato e le braccia che mi stringevano i fianchi in una morsa sicura e accogliente. Le sue labbra mi fecero ricordare il suo bacio tanto voluto e sofferto. Come avevo fatto a spezzargli il cuore? Come avevo fatto a rinunciare al suo amore se io stessa provavo dei sentimenti per lui? Era assurdo, incoerente e folle, ma la colpa non era sua, ma mia. Non ero mai stata pronta per aprire il mio cuore, troppo impegnata a proteggerlo, troppo spaventata dall'ombra del mio passato.

Sospirai e dopo un po' cercai di divincolarmi dal suo abbraccio, avevo bisogno di raffreddare la pelle e respirare l'aria mattutina, di affacciarmi alla finestra e ammirare lo splendore di quell'alba a New York. Erano passati mesi, ma quella era la prima volta in cui mi soffermavo a guardare il cielo e i suoi colori.

I sottili raggi del sole combattevano per illuminare la città coperta da nuvole grigie, attorniata da grattacieli imponenti e cupi. Forse il mio cuore era come quelle nuvole: grigio e freddo, alla ricerca di luce e di calore. Percepii Steven raggiungermi accanto alla finestra, la sua mano si posò sulla mia spalla per poi scivolare sul mio braccio. Mi accarezzò dolcemente e lo ringraziai con lo sguardo per quel contatto amorevole e caldo.

«Cosa guardi?» La sua voce assonnata mi fece sorridere, mi girai per squadrarlo, aveva gli occhi lucidi e stanchi.

«Dovresti riprendere a dormire, hai il viso sconvolto» gli feci notare e tristemente tornai a posare i miei occhi sul cielo.

«Il tuo viso non mi sembra preso tanto meglio, sembri un panda e, comunque, non hai ancora risposto alla mia domanda.»

«Guardo l'alba.»

«Bene, penso che ti farò compagnia.»

Sorridemmo entrambi, restando in piedi di fronte a quella finestra. Dopo una quarantina di minuti passati in silenzio, tra uno sbadiglio e l'altro, ritornammo a dormire per poi risvegliarci a mezzogiorno.

Quando tornai a casa, avevo il cuore sottosopra e i pensieri confusi. Mi era piaciuto davvero tanto dormire tra le braccia di Steven, mi era piaciuto il pomeriggio al Central Park, la serata trascorsa e mi era piaciuto soprattutto guardare l'alba assieme.

Detestavo il mio cuore, odiavo non poter capire i miei sentimenti e tutta quella confusione che avevo dentro. Per Steven era tutto così chiaro: lui aveva smesso di amarmi per non soffrire e ora stava provando a conoscere un'altra donna. Per me era diverso, mi sentivo egoista ogni qualvolta che percepivo la gelosia impadronirsi dei miei pensieri, dovevo smetterla di considerare solo i miei sentimenti. Non era giusto.

Varcai l'entrata della mia stanza, salutai Daphne e mi gettai sul letto per soffocare i pensieri e la rabbia che avevo dentro. La mia razionalità mi diceva di liberare il mio amico da ciò che ancora ci legava, ma il mio cuore non voleva lasciarlo andare.

Quando udii dei passi avvicinarsi all'entrata, mi ricordai di aver lasciato la porta aperta e rapidamente asciugai una lacrima solitaria.

«Così sei tornata...»

Ma perché non potevo avere un attimo di tregua? Perché? Mathieu era appoggiato allo stipite della porta e mi scrutava come se volesse scavare dentro di me.

«Lasciami in pace.»

Ero ancora nervosa con lui, non per le parole che ci eravamo detti il giorno prima, ma ero arrabbiata perché ciò che provavo nei suoi confronti cresceva giorno per giorno, senza che me ne rendessi conto.

«È stato bello?»

Mi alzai dalla mia postazione, per capire meglio cosa diavolo stesse farneticando.

«Che intendi?»

«Trascorrere la notte con lui.»

Mi passai le mani sul viso, sospirando.

«Non sono affari tuoi!»

«Lo sono nel momento in cui resti a dormire fuori senza avvertire le persone che ti ospitano.»

D'accordo, avrei potuto fare almeno una chiamata per avvisare, ma ero sicura che quello non fosse il vero motivo della sua rabbia. C'era dell'altro, un sentimento che comprendevo benissimo.

«Sei geloso?»

Rise aspramente, mi diede le spalle e si mise a giocherellare con i libri posti sulla libreria.

«Di te? Ma figuriamoci. Per me puoi anche fare sesso con quel damerino, non sono miei problemi.»

La parola "sesso" non era ciò che mi aspettavo da una conversazione su Steven. Suonava tanto brutale e inadatta.

«Allora perché non mi guardi negli occhi mentre dici di non essere geloso?»

Si voltò, continuando a ridere.

«Non sono geloso.»

Il suo sguardo tenebroso mi stava sfidando, facendomi sentire ancora più fragile.

«Perfetto, ma sta di fatto che questa è la seconda volta che piombi nella mia stanza con una scusante, ieri eri alla ricerca dei vestiti, oggi sei venuto a farmi la ramanzina perché ho dormito fuori, domani cosa ti inventerai? Smettila di fingere, perché non servirebbe a nulla. Inoltre su un punto hai ragione, non sono problemi tuoi con chi deciderò di fare l'amore in futuro. Ora, se non ti dispiace, vorrei restare sola.»

Il ghigno che aveva sulle labbra fino a qualche istante prima scomparve, lasciando spazio a un'espressione indecifrabile.

Colpito e affondato.

Ma in quella guerra non c'era nessun vincitore...

«Se è questo che vuoi, non verrò più a cercarti.» Il suo timbro di voce era freddo e privo di emozioni. Una risposta apatica, come lo sguardo che mi rivolse prima di lasciare la stanza. «Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi.»

Probabilmente si riferiva all'aiuto che mi stava dando con mio padre, ma non avevo bisogno di lui. Non volevo più cercare mio padre, non aveva senso rovinarmi di nuovo l'esistenza per una persona che non mi meritava.

La Ragazza che cuciva sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora