30. Un bacio che scioglie la neve...

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L'indomani mi svegliai con l'umore grigio. Dei grossi nuvoloni scuri nascondevano la luce del sole, rendendo l'atmosfera triste e autunnale. L'autunno non mi era mai piaciuto. Il freddo, la pioggia e le foglie ingiallite mi davano un senso di malinconia. A me piaceva la primavera, adoravo osservare i frutti sbocciare e i fiori riempire di colore i prati.

Dopo aver fatto colazione con Louise e Nathan, mi avviai a lavoro. L'autobus arrivò in ritardo, c'era parecchio traffico quella mattina. Quando intravidi Mathieu, ci salutammo con gli occhi.

«Ho cercato l'indirizzo di Jonathan Wood di Staten Island su Google Maps. Possiamo partire sabato per le due del pomeriggio, andremo con la mia macchina se vuoi. Ci vorrà circa un'ora per arrivare a destinazione» esordì Mathieu.

«Va bene, speriamo di trovarlo in casa e di non disturbare.»

«Non disturberai, ho già pensato a un discorso che potremmo fare per presentarci a lui.»

Era molto carino da parte sua, aveva già programmato tutto, mentre io me ne restavo lì inerme, spaventata dall'idea di dover incontrare mio padre.

«Ci fingeremo Testimoni di Geova?» ipotizzai con sarcasmo. Mathieu alzò un sopracciglio, qualche istante dopo scoppiò a ridere.

«Se vuoi, ma ti avverto che sono agnostico!» Non mi sorprendeva il fatto che fosse una persona poco credente. «Tornando seri, potremmo dire che lavoriamo per un'emittente televisiva e dobbiamo svolgere delle interviste nel quartiere. Gli chiederemo l'età e la città nativa e se risponderà Portland, il gioco è fatto!»

«E se non vuole sottoporsi all'intervista?»

«A quel punto dirai il vero motivo per cui sei andata a cercarlo.»

Tra il dire e il fare c'era di mezzo il mare. Non era per niente facile dichiarare le miei motivazioni a un perfetto sconosciuto e c'era un'altra possibilità da non sottovalutare: avrebbe potuto chiuderci la porta in faccia ancor prima di riuscire ad aprir bocca.

«Non sono sicura di potercela fare» confessai.

«Se userai anche solo metà del coraggio che hai avuto ieri pomeriggio, credimi, andrà tutto bene!» disse e sorrise con malizia.

Quel sorriso mi fece ripensare al modo in cui ero piombata nella sua stanza, dopo la chiamata di Steven. Io e Mathieu ci eravamo avvicinati troppo, potevo ricordare ancora i nostri occhi intrecciati in segno di sfida e i brividi che avevo percepito nel durante.

«Mathieu, la situazione è diversa, uscire con te non mi spaventa, conoscere il mio possibile padre invece sì, mi terrorizza eccome» ammisi più a me stessa che a lui. Ormai non mancava molto all'arrivo di sabato e dovevo preparami psicologicamente.

«Chi ti dice che uscire con me sia semplice?» mi provocò con ironia.

«Infatti non è facile starti accanto, sei furbo e sai essere parecchio spietato quando vuoi.»

«Addirittura spietato?»

«Non ti sei comportato molto bene con me da bambini e soprattutto qualche settimana fa quando mi hai accusato di averti rubato la stanza» gli ricordai, in caso se lo fosse dimenticato.

Sul suo volto apparve un ghigno malefico, gli piaceva proprio tanto mettermi in difficoltà.

«Io e te non diventeremo amici, Belle» ribadì ancora una volta, senza un motivo concreto, solo per poter mettere delle distanze tra me e lui.

«Però mi stai aiutando, come dovrei interpretare questa tua scelta?» Lo misi con le spalle al muro. Non mi diede nessuna risposta, spostò il suo sguardo sulla strada.

La Ragazza che cuciva sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora