53. Quel muro spesso fatto di silenzi - II Parte

965 73 24
                                    

La musica cessò, la band lasciò il palco e vennero sostituiti da un solista sulla quarantina d'anni.

Non mi sorpresi quando vidi due occhi scuri raggiungerci con aria stizzita, l'avevo fatta grossa e ancora non sapevo come agire per far andare tutto secondo i miei stupidi piani. Purtroppo le persone non erano pedine da muovere a proprio piacimento e sia Nathan che suo figlio non erano pronti per distruggere il muro che li separava. Lo capii quando Mathieu, afferrandomi il braccio con irruenza, mi spinse a seguirlo fuori dal locale.

«Vieni!» Il tono della sua voce mi intimorì. Era deluso dal mio tradimento e non potevo biasimarlo. «Perché l'hai portato qui?» esclamò seccato fuori dal locale.

Alcuni passanti ci fissarono con curiosità, così silenziosamente ci spostammo verso il parcheggiò.

«Volevo solo aiutarvi» mormorai sentendomi in colpa per aver rovinato nuovamente il nostro rapporto. «Perdonami, non avevo alcun diritto...»

«Belle, non sono arrabbiato con te. Ma davvero pensavi che fosse sufficiente portarlo all'esibizione per cancellare anni di assenza?»

Mi guardava con disperazione e angoscia, l'avevo messo a dura prova invitando Nathan al Red Moon.

«Forse hai ragione, non servirà a nulla averlo portato qui, ma non riuscivo a restarmene in disparte senza fare qualcosa per voi due.»

«Non potevi? E io invece? Come posso dimenticare in un attimo gli anni passati ad aspettarlo? Lui non è mai venuto ad assistermi, non ha mai mantenuto una promessa. Ed è assurdo che, proprio tu, ti sia fatta influenzare dalle sue giustificazioni.»

Gli presi una mano e la strinsi forte, era difficile per me vederlo stare male. Capivo le sue emozioni e comprendevo la rabbia che nutriva nei confronti del padre.

«È vero, non è stato presente in passato, ma adesso vuole esserlo. Ti vuole bene e so che ne vuoi anche tu a lui, ma se continuerai a rifiutarlo farai del male a entrambi.»

Sbuffò, respingendo le mie dita. Era così tanto confuso e nervoso che faceva perfino fatica a guardarmi.

«Davvero pensi che possa cambiare? Non ha mai fatto nulla per dimostrarmi il contrario. Non posso dimenticare e non chiedermi di farlo perché non sono forte come pensi.»

Avrei voluto abbracciarlo e dirgli che si sbagliava, che era più forte di quel che credeva, ma in quel momento apparve un Nathan preoccupato e il mio tentativo di conforto andò in fumo.

«Mathieu, non prendertela con Belle. Se c'è qualcuno che merita la tua collera, sono io!»

«Infatti non è con lei che sono infuriato» rispose prontamente, posizionandosi davanti a me, quasi come se volesse proteggermi da suo padre. Tutto ciò era assurdo, Nathan non rappresentava una minaccia per nessuno.

«D'accordo, allora parliamo io e te. Da uomo a uomo, lasciami spiegare.»

Il ragazzo che mi copriva la visuale vacillò per qualche secondo, poi scoppiò a ridere, quasi come a voler deridere il padre.

«Questa è bella, non sei capace di affrontarmi e lo sai benissimo.» Si voltò nella mia direzione e il suo sguardo duro si addolcì, mostrandomi il vero Mathieu e non quello adirato con il padre. Lui non era così. «Andiamo via, ti porto a casa...»

Scossi la testa, non era ciò che volevo.

«Io non voglio andare, tu e tuo padre dovete chiarire.»

Si toccò la fronte esausto, probabilmente non riusciva più a reggere la situazione.

«Non è il luogo adatto per chiarire» disse rivolgendosi esclusivamente a me.

«Dici che non sono in grado di affrontarti, Mathieu? Hai ragione, ma non credo di essere l'unico, se continuiamo a ignorarci a vicenda, ti perderò e sarà troppo tardi per rimediare ai miei errori. Dammi almeno la possibilità di spiegarti, solo una volta e poi non ti darò più fastidio.»

La Ragazza che cuciva sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora