56. Di nuovo a casa - I Parte

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Ricordo ancora il brivido provato di fronte all'immagine di casa mia, era rimasto tutto uguale. Il vecchio albero di limoni incorniciava l'ingresso del giardino. Un giardino piccolo, ma ricco di piante e fiori di ogni genere. Nonna Mary andava matta per la vegetazione, le piaceva coltivare frutti, fiori e verdure. Il nonno al contrario detestava l'orto di casa, preferiva passare il tempo dedicandosi ad altre attività. Spesso Steven veniva ad aiutare la nonna con tanto di rastrello alle mani.

Guardai il mio amico con occhi nostalgici, ma lui non lo notò. Prese invece la mia valigia e la portò davanti al cancelletto, avevo come l'impressione che non volesse ricambiare il mio sguardo. Come se volesse allontanarsi il più presto possibile da me e dai miei occhi.

«Grazie, ti sono debitrice» dissi, cercando di attirare la sua attenzione. Le sue pupille mi fissarono per una leggera frazione di secondi e ritrovai finalmente la dolcezza del mio Steven.

«Figurati, non potevo far prendere un taxi alla mia migliore amica e poi sono felice di rivederti qui a Portland. Questa città non era più la stessa.»

Senza pensare alle conseguenze e alla delusione che avevo provato solo qualche minuto prima nei suoi riguardi, mi avvicinai a lui per abbracciarlo forte.

Le mie mani percorsero le sue spalle grandi, accarezzandole timidamente, mi sentii imbarazzata e anche un po' triste. Steven non ricambiò il mio abbraccio, era come pietrificato dal mio gesto improvviso. Sospirai staccandomi da lui, percepirlo così freddo faceva male al cuore.

«Devo andare, Belle. Ci vediamo in questi giorni.» Mentre pronunciava quelle parole, accompagnate da un sorriso di circostanza, non ebbe neppure il coraggio di fissarmi.

Strinsi i denti, avrei tanto voluto piangere, ma non era né il luogo né il momento per mostrare le mie debolezze.

Quando Steven andò via, infilai la chiave nella serratura e fingendomi felice varcai l'entrata del minuscolo vialetto che conduceva alla porta di casa. Il cuore stava per scoppiarmi dall'emozione, quanti ricordi riemersero nella mia mente percorrendo quel sentiero che conoscevo benissimo e che migliaia di volte avevo calpestato.

Inserii un'altra chiave nella seconda serratura, ero tornata a casa, la mia dolce casa. Mi presi qualche minuto per assaporare la bellezza di quell'istante, per riprendermi dalla serie di emozioni contrastanti che stavo udendo come delle scosse violente dell'anima. Sorrisi. Sorrisi di gioia. Una gioia pura e allo stesso tempo una tristezza devastante. Forse quel luogo tanto amato era rimasto immutato, ma non i miei sentimenti. Non il mio rapporto con Steven e la mia famiglia.

«Nonno Gerard?» urlai con voce speranzosa, dei passi pesanti mi raggiunsero fino all'ingresso.

«Belle? Sei tu?» La sua espressione era un misto tra lo stupore e la contentezza. Non ebbi il tempo di rispondere, perché il nonno, nonostante i suoi sessantaquattro anni di vita, mi sollevò facendomi ritornare indietro nel tempo. Facendomi sentire ancora la sua nipotina.

«Nonno, se continui a stringermi, morirò per asfissia.»

Rise con allegria, almeno lui era felice di rivedermi. Mi riportò con i piedi a terra, lo fissai commossa, i suoi occhi scintillarono per pochi secondi.

«Esagerata come sempre... Ma fatti guardare: sei diventata uno splendore!»

«Poi sarei io quella esagerata? Sono passati tre mesi, non tre anni.»

«Non è colpa mia se mia nipote in tre mesi è diventata tanto bella! A proposito, ora che sei tornata mi devi spiegare perché quel computer continua a bloccarsi. Io ci provo a videochiamarti, ma non riesco.»

Scossi la testa, per fortuna il nonno era rimasto uguale a prima, perlomeno non avrei dovuto sentire anche la sua di mancanza oltre a quella del mio vecchio amico.

«Nonno, dammi tregua... Sono appena tornata a casa e già vuoi mettermi al lavoro?»

Il nonno sorrise e mi aiutò a portare la valigia dentro casa.

«Hai ragione, ma quell'aggeggio infernale mi sta facendo rimbambire.»

In realtà doveva essere il computer a impazzire sotto le mani del nonno e non il contrario, ma erano dettagli.

Poco dopo preparammo un caffè da bere assieme a tantissime chiacchiere sui mesi trascorsi. Mi dimenticai per un attimo dei problemi che avevo lasciato varcando la porta di casa. Volevo stare bene e non pensare a nulla, rilassarmi e godermi la mia famiglia come non avevo mai fatto prima. La distanza mi aveva aiutata a comprendere sul serio quanto fosse importante la presenza del nonno e di mia madre. Per quanto Norah e Louise si impegnassero a sostenermi e a darmi la giusta carica per affrontare la mia nuova vita a New York, la mia famiglia restava comunque insostituibile.

Verso l'ora di pranzo cucinammo qualcosa di speciale per il mio arrivo. Non erano i piatti eccezionali di Louise, ma eravamo stati comunque bravi. Io mi occupai del purè di patate e il nonno arrostì delle deliziose costine di maiale, accompagnate da una salsina niente male. Purtroppo la mamma aveva il turno in hotel e sarebbe tornata soltanto nel pomeriggio, ma la preparazione del cibo fece volare il tempo rapidamente.

Durante quelle prime ore trascorse a Portland, ebbi la sensazione di non ricordare più i miei tre mesi a New York, era come se i giorni e le settimane fossero tornate indietro nel tempo e alla mia vecchia vita. All'improvviso, però, i miei sentimenti mi riportarono a New York e a una persona in particolare...

«Va tutto bene, Belle?» domandò il nonno vedendomi silenziosa.

Avrei voluto rispondergli che ero contenta di stare con lui. Avrei potuto fingere di non pensare a Mathieu e alla sensazione di freddezza che avevo sentito stando con Steven, ma non sarebbe servito a convincere nonno Gerard, lui mi conosceva bene.

«Non proprio, ho un po' di problemi da risolvere.»

«Problemi di cuore?» Ecco, aveva centrato il punto. «La mia nipotina si è innamorata?» Trasalii per l'ultima parola, forse mi ero davvero innamorata.

«Può essere, ma è tutto così confuso qui dentro...» pronunciai indicando il mio cuore.

«Sai? Anche tua nonna era indecisa tra me e un altro uomo.»

Alzai un sopracciglio, sorpresa. Lui che ne sapeva di me e Steven, di me e Mathieu?

«Ma dai! Non ci credo!»

«E invece tua nonna mi ha fatto penare per molto tempo. Il suo cuore era spezzato a metà: una parte di lei mi cercava, mi desiderava, voleva stare con me; l'altra parte mi detestava. Un ragazzo umile di provincia si era messo in mezzo tra lei e un giovane ammiraglio con una carriera promettente.

Tua nonna era affezionata a quel ragazzo, forse provava anche una specie di sentimento verso di lui, magari amplificato dal contorno che si era creato attorno al loro fidanzamento, ma Mary non ne era davvero innamorata, anche se ha cercato di convincermi del contrario per tantissimo tempo.»

Perché non mi avevano mai parlato di quella storia e, soprattutto, come aveva fatto il nonno a capire che la causa della mia confusione era dovuta proprio a due ragazzi?

«Come l'hai conquistata?»

«Con l'amore, con pazienza, rispetto e determinazione. Poi, tesoro mio, tuo nonno ha molte doti nascoste, bisogna saperci fare con le donne. Bisogna saperle corteggiare nel modo giusto. Io sono stato accanto a tua nonna quando ne aveva bisogno, l'ho incoraggiata e supportata sempre. L'ho amata fin dal primo istante e non ho mai permesso al mio avversario di avere la meglio, non mi sono mai arreso, ho lottato per conquistare la mia Mary e non mi pento, l'avrei fatto altre mille volte.»

L'amore sembrava essere proprio quello descritto dal nonno: bisognava combattere, combattere fino in fondo per essere felici e nonno Gerard era il guerriero per eccellenza. L'uomo temerario, coraggioso, affettuoso e divertente. L'uomo che tutte le donne avrebbero voluto avere al proprio fianco.

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