Lauren:
Sento dire un "Ehi Lauren!" più caloroso del solito da parte di mio padre, così mi avvicino ed inizio a parlare con tono cattivo :" Cosa ci fai qui? Pensavamo di non vederti mai più! Dopo tutto questo..."
"Dai Laur non fare così..."
"Così come? Eh papà?! Questo è quello che ti meriti, anzi non dovrei nemmeno più rivolgerti parola. Ora fai tutto il gentile con me, ma sappi che questo non cambia le cose!"
"Non è come pensi..."
Dopo questa affermazione esplodo definitivamente. Tutta la rabbia accumulata nel tempo si decide ad uscire.
"Ah no? Eh sì in effetti non è mai come credo, no? Peccato che ci siano innumerevoli prove che testimoniano quello che hai fatto. Vuoi che ti dica la prima che mi viene in mente? Le lesioni che hanno portato mia madre in coma, a dover lottare su un maledetto lettino d'ospedale tra la vita e la morte. Ti dice niente questo, eh papà? O forse ormai dovrei chiamarti Paul?!"
"Allora Lauren siediti, ti prego. Ti meriti delle spiegazioni ed io sono pronto a dirti tutta la verità, anche se ti farà male,. molto male" Detto questo, sebbene titubante, mi siedo su una delle panchine subito al di fuori dell'ospedale. Ho sempre odiato questo tipo di panchine, mi causano una tristezza assurda. Penso sempre che, quando qualcuno si siede qua, si lascia andare. Crolla letteralmente perché vedere una qualsiasi persona a te cara in pericolo, fa male, malissimo. Solitamente, per incoraggiare la persona amata, davanti a lei si cerca di essere sorridenti e di nascondere tutto il dolore che però brucia dentro e,quando si è su queste panchine, soli, ci si abbandona al dolore, a tutti i dubbi e incertezze sull'avvenire incerto.E te, beh te non puoi far altro che reagire a queste emozioni. Secondo me questo luogo è la personificazione delle "emozioni". Esse la maggior parte delle volte sono negative perché... beh perché siamo in un ospedale, ma ogni tanto, sanno essere anche positive, come la gioia di un uomo che è appena diventato padre o la pura gioia per una qualsiasi buona notizia.
L'uomo seduto accanto a me, anche detto mio padre, interrompe i miei pensieri dicendo:" Sei pronta?"
Beh sai, nemmeno al coma di mia mamma ero pronta però le cose succedono anche se non sei psicologicamente pronta. Decido di non esporre questo pensiero ad alta voce perché potrebbe non afferrare, così mi limito ad un semplice :" Penso di sì."
"Allora innanzitutto devi sapere che, con questa spiegazione, non voglio giustificare il mio comportamento che è assolutamente ingiustificabile."
Fa una breve pausa e continua. Non ho la più pallida idea di cosa stia per dirmi ma, per adesso, sono abbastanza tranquilla.
"I-io... n-non... facendola breve io non maltratto tua madre per colpa tua. Io ti accetto così come sei, anche se non te l'ho mai detto, ci tengo che tu ne abbia la certezza, da me e da nessun altro. Solo che non voglio saperne molto, ecco..."
Cooooosa?! Lui...lui mi accetta per quello che sono?!
questa mi è nuova.
Mi frullano un sacco di domande per la testa ma decido di lasciarlo finire, per vedere se le sue ulteriori spiegazioni possano servirmi per schiarire un po' le idee.
"Penso che lei lo abbia sempre usato come pretesto. Per nascondere la vera motivazione."
No mia madre non è questo tipo di persona. Di lei mi fido, ciecamente. Non può essere. Sto solo perdendo tempo e sicurezze. Dovrei andarmene, ma decido di restare perché la curiosità è davvero troppa.
"Perché avrebbe dovuto usare questa scusa con me? Sa benissimo quanto soffro per queste cose e mia madre farebbe di tutto per non farmi star male." Chiedo con tono arrogante ma non troppo, proprio perché le forze rimaste sono pochissime.
"Questo non lo so. So solo che io ho sbagliato a trattarla in questo modo, avrei dovuto prendere provvedimenti giudiziari. Ma allo stesso tempo non volevo che scoprissi tutto, cambiando totalmente idea sulla persona che ti ha cresciuta."
Ma di cosa sta parlando?
Di che razza di "provvedimenti giudiziari" parla? C'è sotto qualcosa, qualcosa di cui io non sono mai stata a conoscenza ma intendo esserne subito.
"Continua!" Lo invito a continuare, la curiosità e l'incertezza stanno avendo la meglio su di me.
"Tua mamma mi tradisce. Lo fa da anni, solo che io ne sono venuto a conoscenza pochi mesi fa. Lo so, non dovevo reagire in questo modo. Avrei dovuto chiedere immediatamente il divorzio. Mi dispiace per il mio comportamento Laur, so che per questo mi vedrai sempre come un verme e non te ne faccio una colpa, anzi. Però se potessi darmi un'altra occasione, come padre ovviamente. Andrò immediatamente a chiedere il divorzio e a costituirmi per ciò che ho fatto a tua madre. Ma ti prego, non allontanarti del tutto da me, non potrei sopportarlo."
Adesso tutto cambia nella mia testa.
Tutti i brutti pensieri nei confronti di mio padre svaniscono. Tutte le certezze su mia mamma crollano.
Una marea di emozioni mi travolgono ed io sto letteralmente per affogarci dentro.
Dopo un paio di minuti, appena capace di formulare una frase, chiedo:" Se sapevi che la mamma usava questa scusa, mettendomi evidentemente contro di te, perché non mi hai mai detto la verità?"
Che domanda da persona lucida! Complimenti Lauren, stai imparando a gestire le emozioni.
Scherzi a parte, questo è vero. Dopo aver subito quello che ho subito io, ci si abitua di più alle emozioni e si diventa più pronti ad affrontarle.
"Pensavo che ti avrebbe ferito di meno. Tutti e due sarebbero stati brutti colpi ma ,secondo me, sapere che tua madre ha sempre finto con te, beh questa notizia sarebbe stata più sconvolgente per te; soprattutto visto il legame profondo avete."
Ha pienamente ragione.
Mille altri pensieri riaffiorano nella mia mente confusa.
Non ci capisco più niente, sono sconvolta. Un'altra volta. Ormai dovrei averci fatto l'abitudine.
Una madre è quella persona che dovrebbe, anzi deve, essere un punto di riferimento per la figlia. Riempirla d'amore. Riempirla di verità e non di menzogne.
Improvvisamente sento parte del mio passato affondare e il rimorso per non aver mai nemmeno provato a parlare a mio padre giunge in me. Mi rendo solo adesso conto di aver sempre dato ragione a mia madre senza chiedere alcuna spiegazione, senza provare a saperne di più. Quanto sono stata stupida. Quanto può essere una persona acciecata dall'apparenza e dalla profonda fiducia verso la persona che ama? Mi sono fidata di lei, senza dubitare. Proprio perché, si sa, l'amore di una mamma è insuperabile. Ma a quanto pare lei non si è mai sentita veramente "mamma". E per questo mi ha riempita di cazzate per un bel po' di tempo. Non le bastava l'amore immenso che io e mio padre le donavamo, ogni giorno con le piccole cose che nutrono qualsiasi famiglia.
Che bella cosa eh?! Mi ci mancava proprio questo colpo basso.
Perlomeno adesso ho mio padre, spero.
"Allora Lauren, capisco se non vorrai più parlarmi però..." Non lo lascio nemmeno finire e mi butto tra le sue braccia. Ne ho bisogno, più che mai, perché questo è un periodo distruttivo. Ne ho bisogno perché mi è mancato avere un padre. Avere il mio papà.
Mi distacco solo quando, pochi minuti dopo, sento squillare il mio telefono.
Lo prendo in mano e vedo che è soltanto un SMS.
Da sconosciuto:
"Ehi Lauren sono Kate, questo è il mio nuovo numero. Vieni a casa mia appena puoi, è urgente e soprattutto non dire a nessuno che starai un po' da me. Ti spiegherò tutto una volta arrivata."
Con allegato un indirizzo.
Ci andrò. Ho bisogno anche io di parlarle e ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me in questi giorni.
Informo mio padre e parto. Decido di andare subito anche per schiarirmi le idee e senza pensare per un po' a tutto questo casino che è la mia vita.
Prima di parcheggiare l'auto davanti alla casa, anche se non dovrei farlo, mando un SMS a Brian dicendogli che sono da Kate, dopodiché spengo il telefono. Voglio che questo momento non vanga interrotto da alcuna brutta notizia.
Scendo dall'auto, mi guardo in torno. Strano, questa non mi sembra casa di Kate. Ma decido di suonare lo stesso, dato che quando vi sono stata in questa ero sotto shock.
Aprono la porta dei ragazzi, ne sono certa: questa è una trappola, non è casa di Kate. Questi non sono Kate, sono Trevor, Melanie, Max e Grace.
Cerco di scappare ma loro mi afferrano trascinandomi dentro violentemente.
Ho paura. Cosa avranno in mente? Cazzo, ho anche spento il cellulare e nessuno sa dove mi trovi, sono spacciata.
"Ora te la faremo pagare per quello che hai fatto." Dicono tutti praticamente in coro, ridacchiando, di una risata delle più meschine che abbia mai sentito. Ancora una volta, sola davanti a tiranni, temo il futuro, sempre più fosco e buio.
STAI LEGGENDO
Inaspettatamente
RomanceLauren, una ragazza di diciassette anni, da pochi mesi ha capito di essere lesbica. Lei e il suo migliore amico Brian, omosessuale, vengono ripetutamente perseguitati dai bulli della loro scuola, dai quali vengono reputati diversi. La protagonista v...