Capitolo 6

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Mi avvento sul finestrino e ci batto sopra i pugni, ma è scuro e quindi non riesco a vederlo.
«J, fammi scendere subito!» Urlo cercando di forzarlo e aprirlo, ma è completamente bloccato. Quindi mi avvento sugli sportelli e i finestrini ma è tutto stramaledettamente bloccato. Cerco di attirare attenzione tra i passanti in strada ma J ha pensato bene di percorrere una strada sterrata ripida e desolata.

Con la luce del tramonto vedo solamente alberi secchi e fitti, e la polvere spessa innalzata dalle ruote della limousine che mi sballotta di qua e di là.

Mi tengo stretta al sedile. Il mazzo di rose cade e anche la bottiglia di champagne cade sui fiori insieme al secchiello colmo di ghiaccio e ai due flûte. Rabbrividisco quando i cubetti di ghiaccio mi finiscono sui piedi e mi balzano sulle caviglie, schizzandomi di acqua anche l'orlo del vestito. Perdo anche il cellulare e mi metto a cercarlo non appena sento la suoneria di una chiamata in entrata.  

   Le mie mani tremano e il cuore batte assurdamente. Eppure non sono spaventata, ma non voglio ritrovarmi faccia a faccia con lui dopo tutti questi mesi perché ho paura delle emozioni che potrebbe farmi provare. Quindi devo trovare un modo per uscire da qui ed evitare questo incontro.

Cerco disperatamente il cellulare per avvisare qualcuno e spero solo che non stiano pensando ad una mia probabile fuga. Ma il dondolio instabile dell'auto mi proibisce di cercare come si deve e ad un tratto frena così bruscamente che casco col sedere sui cubetti di ghiaccio, bagnandomi il retro del vestito. Cerco di rimettermi seduta sui sedili e di recuperare la prenotazione dell'hotel leggermente umidiccia, e J spegne il motore.

Resto seduta al mio posto guardando con terrore la portiera non appena sento J scendere dal lato guida. Sta venendo da me. Sento i suoi passi sul terriccio e i miei polmoni smettono letteralmente di incamerare ossigeno. Non so come reagirò in sua presenza, non so cosa gli dirò o cosa farò. Sono nel pallone più totale e il mio cuore batte così forte che lo sento pulsare perfino nelle mie orecchie. Ma i suoi passi si fermano e non vedo la sua sagoma oltre i due finestrini posteriori.

   Riprendo a respirare, debolmente.
   Il silenzio è opprimente ma il mio cuore non accenna a decelerare e sobbalzo non appena sento il cellulare che riprende a squillare. Questa volta però lo lascio perdere. Non mi metto a cercarlo. E i miei occhi restano incollati alla portiera, ma lui non accenna ad aprirla. Sento solamente la serratura che scatta e si sblocca.

   Deglutisco e trattengo di nuovo il respiro senza neanche accorgermene mentre mi avvicino per aprirla. La spessa polvere del terriccio si è dissipata e il silenzio è sempre opprimente. Ma non indugio oltre. Esco dalla limousine venendo accolta da una folata di vento fresco che mi fa rabbrividire, ma quello che mi si presenta davanti agli occhi mi fa dimenticare in fretta di avere freddo per quanto è incantevole questa scena.

   Rilascio un sospiro nel vedere che mi trovo in una pineta a strapiombo. Non filtra neanche uno spiraglio di luce tra i rami spessi di pini e querce. Mi avvicino al limite del percorso e piccoli aghi di pino mi si impigliano nel vestito, ma la mia attenzione è ormai catturata dalla città sotto di me con il cielo illuminato da un tenue coloro rosso e arancio. Gli edifici si illuminano man mano e il sole si nasconde tra le nuvole e i grattacieli, tinteggiando tutto in torno con i suoi colori caldi.

Non dovrei dirlo ma tutto questo ha un non so che di romantico. Perché mi ha portata qui?

«Sei senza parole?» La sua voce, alle mie spalle, si fa strada tra i miei pensieri e mi fa vibrare il cuore.

Mi servo di qualche secondo prima di voltarmi verso di lui, e i suoi passi che si avvicinano mi fanno sussultare. Ma non riesco a guardarlo. Continuo a puntare gli occhi sul tramonto.
«Perché?» Chiedo con un filo di voce e sa perfettamente a cosa mi riferisco.

   Non dovremmo essere qui. Non dovremmo stare insieme. Non dovremmo nemmeno parlarci e starci vicino. Dovremmo essere lontani chilometri o addirittura anni luce.

In lontananza, la suoneria del cellulare rompe leggermente il silenzio, e J compie altri due passi. Riesco a sentire la sua presenza vicina alla mia schiena e un brivido mi percorre la spina dorsale.

«Perché avevo bisogno di vederti». Le sue parole sembrano accarezzarmi tutta e riscaldarmi l'anima, ma ancora non bastano per farmi trovare il coraggio di guardarlo negli occhi. Ancora non bastano per farmi fidare di lui.

   «Avevi il bisogno di vedere me o di ricordarti di Maddy?» Sento il veleno sulla mia lingua mentre pronuncio queste parole.

   Compie un'altro passo. Ora sento il suo calore sfiorarmi la schiena e chiudo gli occhi, lasciandomi travolgere dalla sua brezza virile. Ma li riapro di scatto, imponendomi di non cedere.

   «Solamente di vedere te, Eleanor» Accarezza il mio nome con dolcezza e sensualità, e avverto sulla punta della sua lingua il bisogno di volerlo ripetere all'infinito.

***
Oh mio Dio! 😱😱😱
Cosa succederà adesso?

Vi mando un grosso abbraccio direttamente da Budapest.
A martedì 😘

 A martedì 😘

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