Erik varcò la soglia della città di Mitreluvui quando l'oscurità si stava repentinamente facendo largo tra le sue strade, avvolgendola in un incanto notturno. Nella via lastricata camminavano stanchi solo alcuni lavoratori della terra, che rientravano dopo una giornata di lavoro in campagna, e piccoli proprietari, che tornavano ai loro poderi dopo aver venduto i prodotti nei mercati del giorno. Uno rivolse un'occhiata ammirata nella sua direzione, o forse di invidia per la sua vita ricca e più che agiata; lui non avrebbe saputo dirlo.
Un soffio di vento gli scompigliò i capelli e accarezzò il manto del fidato cavallo con cui si era messo in viaggio, scuotendo le cime dei platani che costeggiavano le sette vie principali della capitale di Cmune. Gli ultimi raggi del sole si riflettevano sulla sommità delle case e sulle tegole dei tetti, contaminando il colore rossastro di una velata malinconia.
Accarezzò la criniera di Peves con un sospiro. Il purosangue era stanco, tanto che aveva iniziato a trotterellare non appena aveva capito di essere vicino alla meta. Lui, invece, era più frustrato che stanco: era stato inviato lì come un messaggero qualsiasi e per la fretta non aveva nemmeno portato qualcuno di scorta. Preferiva occuparsi di quanto accadeva nel proprio regno e non negli altri. Sbuffò al ricordo del padre, che non si era piegato davanti alle sue proteste; ma solo in quel modo aveva ottenuto delle spiegazioni.
Non era stato invitato in virtù del legame di amicizia che univa la sua famiglia e la Lotnevi, lì regnante, e neanche della parentela che in poche settimane sarebbe diventata cosa fatta tra le due casate.
Tancredi aveva preso da parte il figlio maggiore, e gli aveva confidato la sua preoccupazione per una possibile invasione dello Cmune da nord. Il re Guglielmo Lotnevi aveva richiesto esplicitamente la sua presenza, per consultare la sua conoscenza delle arti belliche; ma era assurdo: perché il sovrano di un regno in pericolo avrebbe dovuto chiedere consiglio proprio a lui e non a dei maestri di guerra? Aveva la sua corte e i suoi uomini di fiducia, perché non rivolgersi a loro?
Tuttavia, Mitreluvui tutto sembrava fuorché una città pronta ad armarsi. Il silenzio era assoluto, escluso il cadenzato suono degli zoccoli di Peves, e dopo alcuni minuti cavallo e cavaliere non incontrarono più anima viva: probabilmente i cittadini erano nelle loro case ventilate a godersi la frescura serale dopo l'afa del giorno.
Erik si stupì di non essersi imbattuto nelle guardie che di solito sorvegliavano le vie del regno; neanche nel tragitto percorso sin lì le aveva incontrate, ma conosceva l'indole degli abitanti dello Cmune, più preoccupati del loro lavoro che di rendere il posto un pericolo per gli altri. Popolo saggio, aveva constatato il principe in diverse occasioni.
Eppure la città era sempre sorvegliata con attenzione, perché era al suo centro che si trovava la reggia dei Lotnevi e, nonostante la benevolenza dei sudditi, la prudenza non era mai troppa. Che tutte le forze armate fossero state condotte al nord, al confine con il Loavi?
Scosse la testa, perché sarebbe stata una mossa troppo azzardata che avrebbe lasciato privo di difesa il resto dello Cmune. Si accorse di essere quasi alla fine della lunga via, uno dei sette raggi pavimentati che partivano dal centro della capitale. Entro pochi minuti sarebbe giunto al palazzo reale e avrebbe domandato di persona delle delucidazioni a re Guglielmo.
Poco dopo, infatti, lui e Peves si trovarono in un'ampia piazza piena di aiuole, ancora verdeggianti nonostante la calura. Lì Erik aveva visto molte volte i bambini radunarsi e giocare a rincorrersi o a nascondersi dietro le botti di un'osteria, lasciate incautamente fuori dal locale. Lanciò un'occhiata all'insegna dell'Antica osteria di Mitre, con l'abbreviazione che gli abitanti usavano per la loro città. Avrebbe desiderato volentieri bere un bicchiere di quel vino pregiato che importavano dal Tuilla, ma l'entrata era chiusa come tutte le sere dei giorni di lavoro. Dopo essersi fermato un momento, diede un colpo di redini a Peves, indirizzandolo verso la scalinata che conduceva al palazzo reale.
STAI LEGGENDO
Selenia - Trono rovesciato
FantasyLIBRO I - COMPLETO «Agli Autunno piacciono gli scacchi» ribatté lei con dolcezza. «Si racconta di un loro avo che sfidava i condannati a morte a giocarci... se lo sconfiggevano avevano salva la vita. Viceversa... [...] Quella con Raissa è una par...