Il vascello con cui Erik era salpato da alcune ore navigava su un mare calmo, increspato appena dal soffio del vento. La nave oscillava dolcemente, cullandolo mentre ammirava la distesa d'acqua, rivolto in direzione dell'isola di Pecama dove sarebbe giunto in tre giorni, stando alle parole del capitano. Temeva, tuttavia, che in quel breve lasso di tempo si potesse scatenare il putiferio nel continente a settentrione. Tremava di rabbia al solo pensiero che durante la sua assenza i cortigiani cmunici potessero tramare alle spalle di Nicola; ma se lui fosse stato presente, si sarebbero comportati in maniera diversa? Non gli era possibile averne la certezza, sebbene sapesse che nello Cmune lui godeva di un prestigio negato all'erede al trono, anche se lo doveva solo al suo casato. Si compiaceva di quel rispetto ossequioso, ne era ben consapevole, e in quel momento si accorse di come tutti quegli onori sarebbero stati più consoni al principe Lotnevi.
Si ricordò di quell'uomo, che lui non conosceva se non di vista, che gli aveva domandato di prendere in mano le sorti dello Cmune. Lui? Per quale motivo? Con quale diritto?
Nessuno, convenne rimuginando tra sé e sé. In situazioni ordinarie Erik non si occupava di questioni internazionali tra altri regni, ma solo dei rapporti tra il Defi e i suoi confinanti, in attesa che il padre gli consegnasse incarichi più importanti. E il suo viaggio verso sud costituiva un'eccezionalità di cui, ne era certo, avrebbe dovuto rendere conto al momento del rientro al castello, se non avesse incontrato Tancredi nel Pecama: in quel caso avrebbe avuto un tempo molto limitato per riflettere su quale spiegazione dargli.
Sbuffò stanco e pensò al suo fidato Peves, che aveva lasciato a un servitore della sua casata, con l'ordine di condurlo al castello. Venire a sapere che il destriero era tornato alle scuderie senza il cavaliere avrebbe mandato Alcina su tutte le furie, lo presagiva. La donna già era alle prese con l'animo ribelle della figlia, non avrebbe sopportato l'idea che anche lui agisse impulsivamente senza prima informarla. Ma cosa dirle?
Scosse la testa, voltandosi verso il timoniere che, rivolto in direzione della prua, manteneva la rotta. Erik si perse a osservare il cielo svuotando la mente, adoperando ogni suo sforzo per cacciare lontano qualsiasi pensiero. Il legno su cui si era imbarcato seguitava a ondeggiare, restituendogli una placida sensazione di tranquillità, a cui lui si abbandonò. Si sdraiò sulle assi ben saldate della nave e scrutò le stelle incastonate nella volta accendersi una a una, illuminandosi repentine, come se gareggiassero per stabilire chi fosse più splendente, invano: la luna era la padrona incontrastata della scena, piena e argentea, che toccava con i suoi candidi raggi ogni superficie, ogni volto, ogni increspatura delle onde, circondata dalle sue più pallide ancelle. Il mormorio del mare faceva da sottofondo e le grida stridule dei gabbiani erano scomparse ormai da diverse ore.
Era sul punto di addormentarsi quando udì la voce del capitano, Anselmo Liso, e quella del timoniere discutere tra loro.
«Non credo che sia il caso di cambiare rotta» sosteneva il timoniere.
«Il mare da quella parte non mi sembra affatto sicuro, si muove come se ci fosse qualcosa a ostacolarlo, invece! Se io ti ordino di cambiare rotta, tu esegui!» sbraitò Liso, un uomo attempato e temprato dai lunghi anni trascorsi a bordo. Era il migliore che ci fosse su Selenia, ma Erik l'aveva appreso solo attraverso i complimenti che il padre aveva elargito copiosi sulle sue capacità di governare una nave e di saper sopperire a ogni condizione avversa; il principe, dal canto suo, aveva pochissime conoscenze nel campo della navigazione e si era affidato a lui, quasi pregando la Luna di vegliare sul suo viaggio, in modo che il capitano non fosse messo alla prova.
Si alzò in piedi, deciso a scoprire se ci fosse un reale motivo per preoccuparsi. Senza troppe cerimonie, si fece porgere un cannocchiale per scrutare l'orizzonte, aiutato dalla luce chiara del pallido astro. Distinse un'ombra scura muoversi sotto la superficie del mare, a poca distanza dalla nave, sebbene per lui fosse difficile stabilire quanto effettivamente fosse vicina; l'unica cosa di cui era certo era che si trattava di un mostro marino.
STAI LEGGENDO
Selenia - Trono rovesciato
FantasyLIBRO I - COMPLETO «Agli Autunno piacciono gli scacchi» ribatté lei con dolcezza. «Si racconta di un loro avo che sfidava i condannati a morte a giocarci... se lo sconfiggevano avevano salva la vita. Viceversa... [...] Quella con Raissa è una par...