25•capitolo

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Alessio:

Dopo aver visto una ciocca di capelli rimasta incastrata nelle mani di mia madre, dopo una lunga giornata stressante in cui ho davvero realizzato di poterla perdere, non ce l'ho fatta più, non ho retto e sono dovuto andare via. Gesto stupido perché sarei dovuta rimanere con lei, ma mi mancava l'aria e avrei potuto urlare e piangere, perciò ho preferito andarmene piuttosto che cedere davanti ai suoi occhi.

Sono tornato in camera mia e ho cominciato a camminare per tutta la stanza come un pazzo squilibrato. Volevo urlare a squarciagola, ma non potevo farmi sentire, non voglio dare a mia madre anche il dolore di vedermi distrutto. Già è abbastanza ciò che sta passando.
Dopo un po', mi sono seduto sul letto e ho acceso la tv per distrarmi, ma non è servito a niente perché ho fatto zapping col telecomando ma ogni canale che mi passava davanti era come se i miei occhi non li vedessero, assorto nei meandri della mia mente che mi riportavano ogni secondo a quella scena.

E, non appena sto per spegnere il televisore sento dei rintocchi nella porta che mi fanno sobbalzare e giro di scatto il viso verso di essa per capire di chi si tratta. Di sicuro sarà mia madre quindi devo cercare di mostrarmi indifferente e non farle capire davvero quanto quella scena mi ha scombussolato.
Vedo una testa che si affaccia, e quando capisco di chi si tratta il mio cuore comincia a battere prepotentemente sul petto. Degli occhi verdi azzurri si posano sui miei, sono un po' titubanti e vedo quelle labbra carnose incastrate nei suoi denti.

"Posso...posso... entrare". È in chiara agitazione, io vorrei mandarla via perché non voglio che nemmeno lei assista alla mia caduta, non voglio mostrarle le mie fragilità, vorrei sempre che le persone che amo non vedessero quello che sono realmente: un uomo inutile, incapace di salvare la propria madre e di riuscire a stare con la donna che ama per paura. Perché sono un fottuto codardo e lo so bene, lo sono perché non ho nemmeno il coraggio di guardarla negli occhi e dirle come sono andate le cose, di farle capire che nonostante gli anni sono passati e sono stato un bastardo, io non ho mai smesso di desiderarla e amarla. Ho vissuto con la paura di non rivedere più i suoi occhi, di saperla con un altro, perciò riscaldavo il mio letto con altre donne fingendo che potessero essere lei, ma sapevo bene che nessuna mai avrebbe potuto prendere il suo posto. Era così, è sempre stato così, perché il mio amore per Elena non ha mai smesso di esistere, incapace di dimostrarlo e di riuscirla a tenere accanto a me. Dimostrarle giorno per giorno che il mio amore non era stabile, ma cresceva ogni giorno di più. La lontananza ha affievolito quel forte sentimento, ci sono stati momenti in cui ho pensato che lei non fosse più nel mio cuore, ma subito dopo mi rendevo che stavo prendendo in giro me stesso.

"Forse è meglio...", ma il tempo che le sto consigliando di non entrare, di non vedere in che stato mi ritrovo, lei è già entrata dentro e ha chiuso la porta alle sue spalle.

Si avvicina a passo lento verso di me, sento il suo respiro rimbombare nelle mie orecchie e, non so come sia possibile, ma è come se riuscissi a sentire anche il suo cuore.

"Vuoi che me ne vado?", chiede come se avesse letto dal mio sguardo che stavo per mandarla via.

"Forse è meglio", asserisco, mentre lei continua a non darmi ascolto e si posiziona vicino a me, sedendosi sul letto dove si sentono le molle del materasso scricchiolare.

"Ti do fastidio?"

Perché lo fai? Ricordi cosa ti ho fatto?

"Voglio solo rimanere da solo". In realtà la sua sola presenza sta donando un po' di tranquillità a quel cuore che sento rompersi in mille pezzi ogni secondo in più che mi trovo in questo posto, ma non voglio che lei faccia qualcosa senza averne davvero voglia. Non voglio obbligarla a fare niente, so bene che se lei non è al mio fianco è solo a causa mia.

Paura d'amare (COMPLETA IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora