27•capitolo

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Elena:

Sono corsa a casa dopo l'attacco di panico che ho avuto, non mi succedeva da mesi di stare così. Ho sempre pensato e ripensato al mio bambino, a quella piccola creatura che stava crescendo dentro di me e che non ha potuto vedere la luce. All'inizio quando scoprii di essere incinta, volevo subito dirlo ad Alessio, ero corsa da lui per parlargli, ma proprio in quell'istante lui decise di lasciarmi e abbandonare non solo me ma anche lui. Volevo dirglielo, ma in quel momento ero troppo il dolore che avevo che non sono riuscita ad aprir bocca. I giorni successivi sono andata da lui per parlargli, ma quando ho visto il modo in cui mi aveva trattato, non sono riuscita a fiatare. Non avrei tenuto per me la gravidanza, gliene avrei parlato ugualmente perché non potevo negare a mio figlio di conoscerlo, ma non ce ne fu bisogno perché un giorno presa dalla disperazione, mi accasciai sul pavimento e mi accorsi di perdere sangue. Subito mi venne un attacco di panico, perciò, andai dritta all'ospedale e li mi diedero la brutta notizia.

"Mi dispiace, il bambino non ce l'ha fatta", mi disse il dottore guardandomi dritto negli occhi. Ero sola, senza nessuno e non riuscivo a reagire. Non ci riuscii neanche successivamente, perché da quel giorno il dolore era un tutt'uno con il mio corpo, non riuscivo a mangiare, ebbi un disturbo alimentare e, per cercare di scacciare quei sentimenti, lasciai Napoli. Da quel momento in poi fu tutto un susseguirsi: io che non uscivo di casa, il mio voler successivamente riprendere in mano la mia vita e il mio ricominciare l'università per trovare uno scopo alla mia vita che ormai era diventata asettica. E poi i suoi occhi, quelli verdi di Stefano che un giorno si posarono sui miei. Mi sorrise e si avvicinò a me, chiedendomi se sapevo dove fosse l'aula B. Da quel momento in poi, ogni giorno, si avvicinò con una scusa, per poi chiedermi di uscire. Non accettai, non volevo nessuno, ero ancora scossa e l'unica cosa che sentivo era apatia. Il mio sentimento era scomparso anche nei confronti di Alessio, tramutato nel vuoto più totale, per poi successivamente trasformarsi in odio profondo verso quel ragazzo dagli occhi neri che era riuscito anche a colorare il mio cuore dello stesso colore dei suoi occhi. Scuro, era così, ed è rimasto così per molto tempo, fino a quando mi girai alla mia destra e lui c'era, era sempre con me. Ogni giorno allo stesso orario non mancava mai, i suoi sorrisi erano riusciti a ridonare un briciolo di colore perduto, le sue mani che avevano preso a sfiorarmi involontariamente non mi infastidivano più e da lì, compresi che forse avevo bisogno di qualcuno che ci fosse e che quel qualcuno era proprio lui. Gli diedi quell'opportunità di farsi conoscere, uscimmo più volte insieme, ma non fu qualcosa di immediato. Solo quando mi strinse per la prima volta tra le sue braccia capii che lui era l'unico che abbatteva le mie insicurezze e non mi faceva pensare a tutto ciò che mi stava soffocando. Alessio era come se avesse le mani strette intorno al mio collo durante le notti, ma Stefano era come se mi stesse salvando, togliendo quelle mani e salvandomi dalla morte lenta della mia anima. Lui ci riuscì a salvarmi, mi prese con se e mi diede la gioia di ricominciare a vivere, per questo io sarò sempre grata a lui per quello che ha fatto perché lui mi ha salvato da morte certa.

E ora mi ritrovo nella mia camera, sono entrata con le chiavi e fortunatamente Patrizia era in camera sua e non mi ha visto così distrutta. Non voglio vedere nessuno, voglio rimanere da sola e riprendere il normale funzionamento del respiro, ma non mi è facile perché oggi ho capito che niente è stato mai cancellato, perché anche se sotterri qualcosa nel fondale del mare, prima o poi verrà a galla. Non puoi tenere le cose dentro, è inutile che provi a scappare, perché le cose le devi affrontarle prima di poter davvero andare avanti. E io un punto a questa storia non ce l'ho mai messa, non ho guardato mai negli occhi Alessio e non gli ho mai detto come mi ha fatto sentire la sua assenza. Lo amavo così tanto allora che mi sono sentita così male da perdere il bambino. So che ho sbagliato a dirgli quelle cose perché non è lui il colpevole, ma l'ho accusato per tanto tempo di questo, perché non riuscivo a sopportare la sua mancanza.
Io e Alessio siamo legati da tutta la vita, da quando eravamo solo dei bambini e quando mi è venuto a mancare, ha aperto un vortice dentro di me che non si è mai chiuso, nemmeno con la presenza di Stefano. Lui è sempre stato dietro l'angolo, come uno spettatore indesiderato, ma c'era, lo sentivo ma non lo ammettevo nemmeno a me stessa.
Sotterro la mia testa nel cuscino mentre continuo a singhiozzare, ma ad un certo punto avverto dei rintocchi nella porta e alzo di poco la testa, vedendo Alessio al di là con gli occhi bassi. Vorrei mandarlo via, rinchiudermi ancora in me stessa e sotterrare tutte l'emozione che sta procurando al mio corpo in soli pochi giorni, ma non dico nulla e lo vedo entrare con le mani in tasca e senza nemmeno sfiorarmi con lo sguardo.

Io mi siedo sul letto, poggio le mani sulle gambe, ma le lacrime ancora non hanno finito di uscir fuori dai miei occhi. È come se tutte quelle represse stessero venendo fuori adesso, e io non ho più la forza per impedirle.
Alessio senza nemmeno fiatare, si poggia sulle ginocchia e ancora una volta non mi guarda, l'unica cosa che fa è poggiare le sue mani sulle mie gambe.

"Probabilmente non mi vuoi qui, se avessi saputo questa cosa solo mesi fa sarei scappato, io scappo sempre, non ti ho mai meritato Elena. Ho sempre avuto paura di tutto, perfino di amarti così tanto, tu mi fai terrore!", dice tutto d'un fiato, continuando a non darmi il suo sguardo. "Tu fai bene a odiarmi, anche io odio me stesso. Mi odio perché non ho saputo tenerti accanto, non ho saputo ammettere che ti amo, ti ho sempre amato e non c'è mai stata nessuno che ha eclissato il mio amore per te. Mi odio perché con il mio comportamento ho distrutto te ma anche la parte di noi che c'era dentro di te. Per questo ti capisco, non puoi perdonarmi, tu meriti di essere felice e io non ti ho mai meritato". Abbassa la testa e lo sento deglutire, mentre dei singhiozzi smorzati escono dalle sue labbra. E in quel momento non ce la faccio più, non reprimo più nulla e mi getto su di lui abbracciandolo fortemente dalla vita e gli prendo il viso per incrociare i suoi occhi. La mia fronte si scontra con la sua, e non riesco a non perdermi dentro quei pozzi scuri che mi dicono tutte le parole non dette in questi anni, ma soprattutto una: 'ti amo'. Non c'è bisogno di dirla, perché lo sta trasmettendo. E lo accarezzo con i pollici e lo cerco con lo sguardo.

"Mi dispiace", gli sussurro vicino al viso singhiozzando. "Non è... non è... colpa tua"

A quel punto, lui, sfiora la mia pelle con le sue mani, donandomi scariche elettriche in tutto il corpo.
"Lo è, non negare, lo è... è colpa mia della mia codardia, di non averti saputo tenere con me". Sfiora le mie labbra con il naso. "Mi dispiace Elena, mi dispiace tanto! Dovevo dirtelo prima, ora probabilmente è tardi, ma te lo giuro che io non ho mai smesso di amarti". Tutto ciò me lo dice senza riuscire a guardarmi negli occhi, e allora ancora una volta con le mani sul suo viso, lo alzo verso di me così che lui possa guardarmi e io posso chiedere quello che voglio sentire da ormai cinque anni.

"Non piangere, ti prego", sussurra guardandomi negli occhi, e alza le braccia sfiorando le mie mani con il polpastrelli e stringendole forte a se.

"Alessio". Non riesco a smettere di singhiozzare e il suo nome fuoriesce strozzato. "Perché?" Chiedo tra le lacrime. Ho bisogno di sapere, non posso più rimandare, voglio capire. E lui bacia ad una ad una le mie lacrime per cercare di toglierle dal mio viso, e i miei occhi inevitabilmente si chiudono.

"Cosa?"

"Dimmi perché lo hai fatto? Perché... perché... mi hai... tradita?" A quel punto gli chiedo chiaramente. "Se continui a dire che mi ami, perché lo hai fatto? Io non ti avrei mai lasciato!"

Lui affonda la testa tra le mie gambe, sento il suo respiro divenire pesante tanto da sentire solo quello rimbombare e poi, alza il suo viso verso il mio e lo prende tra le mani, mentre si avvicina a me.

"Elena, io non ti ho..."

E in quel momento, l'unico rumore che sentiamo è un tonfo pesante e delle voci provenire dall'altra stanza. Delle urla, e così, lasciamo stare ogni cosa e allarmati ci alziamo dal pavimento, per poi lasciare la camera. Corriamo verso le voci che abbiamo udito, e il mio cuore si ferma di colpo quando vedo Patrizia nel pavimento e Giovanni che cerca di aiutarla.

"Dobbiamo portarla subito in ospedale..."

Scusate se vi lascio in sospeso, ma

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Scusate se vi lascio in sospeso, ma... scoprirete cosa è successo a Patrizia lunedì.

Buon fine settimana 😘

Paura d'amare (COMPLETA IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora