Pezzi per il puzzle

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Anche Federico aveva visto Iris che stava per picchiare Jessica, ma quello che lo aveva sconvolto di più era stato il fatto che lei avesse mollato tutta la situazione per correre dietro a quel ragazzo come si chiamava... Michele, si era quello il suo nome. Faceva finta di non sapere chi fosse o chi avesse deciso di diventare, ma in realtà lui lo conosceva. Avevano fatto le elementari insieme ed erano stati migliori amici. Ma tutto era cambiato quando alle medie, Michele, aveva iniziato a frequentare quel brutto giro e dello sfigato amico Federico, non gliene importava più nulla. Forse non sapeva nemmeno di frequentare di nuovo la sua stessa scuola.

Ma a parte questa triste e patetica parentesi del passato, come era possibile che Iris gli stesse correndo dietro? E cosa significava quella foto in prima pagina sul giornalino della scuola? Stavano insieme? No, non era possibile. Eppure quell'immagine parlava chiaro: si erano baciati.

Gli ribolliva dentro una rabbia che non sapeva nemmeno di tenere nascosta e repressa, da chissà quanto tempo.

Però come era possibile che Iris fosse andata da lui e l'avesse pure baciato, nonostante il fatto che non avesse mai voluto amici e cercasse sempre e comunque di allontanare tutto e tutti?
Questo davvero non riusciva proprio a spiegarselo.

Era un altro pezzo del puzzle della vita di quella insolita ragazza, unica nel suo genere, che era deciso a ricomporre.

Stava indagando sulla vita di un'altra persona, quando non conosceva nemmeno sé stesso, al punto da non capire perché fosse così arrabbiato con Michele. Ma poi gli venne l'illuminazione: si trattava di contesa d'amore, era questo il problema. Lui era innamorato da anni di Iris, nonostante lo spaventasse a morte, ed era arrivato quel mezzo alcolizzato e gliel'aveva rubata. No, questo non poteva succedere, non di nuovo.

Finite le lezioni alle tre, come al solito tornò a casa, accese il computer, stampò tutti gli appunti che aveva preso e salvato nella preziosa cartella Iris!  e poi scese di sotto e, approfittando dell'assenza dei suoi genitori, ribaltò la casa, cercando qualsiasi piccolo indizio o oggetto che lo collegasse alla soluzione del mistero. Si sentiva come un grande investigatore, di quelli che si vedono in tivù, quelli bravi, che riescono sempre a trovare tutto e soprattutto quella prova schiacciante per incastrare il colpevole.

L'articolo di giornale dedicato alla morte di Antonio Maccadino parlava principalmente della sua morte inspiegabile: secondo quanto testimoniato dalla moglie, un uomo era entrato in casa urlando e ordinandogli di consegnargli tutti i soldi che aveva, ma non gli aveva nemmeno lasciato il tempo per andare alla cassaforte, che gli aveva sparato e poi era scappato. L'arma non fu mai rinvenuta, però il presunto uomo era stato arrestato qualche giorno dopo, qualche chilometro fuori dalla città. Fin qui, nessun problema, evidentemente erano state queste le dinamiche, eppure qualcosa gli puzzava. Per prima cosa: era davvero la moglie l'unica testimone? Come aveva fatto, un colpo di pistola, calibro 44, a non svegliare la piccola Iris, di dieci anni, che di sicuro non sarebbe stata in giro a quell'ora della notte? E quindi secondo l'articolo si sarebbe trattato di una rapina finita male? Era davvero l'unica possibilità considerata? Non poteva essere così, perché molte cose non tornavano. Impossibile inoltre che una squadra di polizia qualificata e molti dei cani utilizzati per scovare quella pistola, non l'avessero mai più trovata.

Federico stava controllando ogni angolo e singolo centimetro di quella casa che tutta a un tratto gli sembrava così spettrale, perché era convinto che avrebbe trovato lui quell'arma. Sentiva che doveva essere per forza lì dentro. Ma purtroppo si sbagliava: nella casa non c'era proprio niente, come in fondo aveva sempre saputo. Aveva fallito per l'ennesima volta.

Negli armadi, nelle cassettiere, sotto i letti, in soffitta e in ogni posto nascosto in cui avrebbe potuto trovare quella pistola. Tornò così nella sua stanza e rilesse per l'ennesima volta quell'articolo di giornale e quella lettera che aveva trovato sotto quel mobile all'ingresso. Non ci capiva più niente, riusciva solo a immaginare quella scena, di quel povero uomo che veniva ucciso da un ladro, senza pietà. E comunque sapeva che c'era qualcosa, qualcosa che molto probabilmente Iris sapeva e che non gli avrebbe mai rivelato, che non tornava nelle dinamiche dell'omicidio.

Ecco cosa doveva fare: doveva incontrare quel pazzo armato che aveva apparentemente ucciso a sangue freddo il padre della ragazza amata e doveva capire esattamente cosa era successo quella notte.

L'indomani, al posto di prendere la strada per andare a scuola, fece il percorso più lungo per girare intorno al suo quartiere e arrivare al carcere della città, dove, secondo le fonti, era stato rinchiuso e condannato all'ergastolo, Gennaro Zena, l'assassino di Antonio Maccadino.

All'ora in cui arrivò, rientrava perfettamente nell'orario di visita dei detenuti, così chiese un colloquio con il suo uomo, dicendo di essere lontanamente imparentato con gli Zena e che aveva da dargli un messaggio da un suo vecchio nonno. Si stupì molto del fatto che credettero alle sue parole, senza il bisogno di controllare la carta d'identità, ma la cosa ancora più sconvolgente fu vedere una donna, bellissima, che assomigliava incredibilmente a Iris e che aveva i suoi stessi capelli neri, che parlava con Zena, e sembrava che avessero da nascondere qualcosa, perché mentre tutti (meno che Federico) erano distratti, passò all'uomo una busta bianca rigonfia, che lui mise dentro la tuta arancione, con nonchalance. Si guardarono ancora una volta in torno e poi si scambiarono un cenno del capo, come ad intendersi su un accordo comune e poi la donna si allontanò ed uscì dalla sala dei colloqui, passando davanti a Federico, per tutto il tempo era rimasto ad assistere, memorizzando ogni dettaglio o movimento.

«Ragazzo tocca a te.» disse la guardia, rivolta a lui, che sembrava spaesato, ma in realtà non lo era per niente. Si mosse meccanicamente e fu quando si trovò davanti Gennaro Zena in persona, un assassino pericoloso, che si domandò in che guaio si era cacciato.

Il segreto di IRIS (COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora