Piccole anime

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Intorno a lei era tutto bianco. Riusciva a vedere bene i contorni delle nuvole su cui stava. Dove si trovava? Si guardò il petto e vide una luce che la trapassava. Quello era diventato il suo cuore. Lo sentiva battere, ma molto più lentamente, in modo innaturale.
«Iris!» esclamò qualcuno. Alzò lo sguardo e vide suo padre. Questa volta lo vedeva chiaramente, era proprio lui.
«Papà!» gridò di gioia e gli corse in contro. Si abbracciarono e si baciarono, come non avevano mai fatto. Piansero entrambi, ma almeno in quel momento erano insieme.
«Dove siamo?» chiese lei, seduta sulle ginocchia del padre. Anche la sua voce sembrava strana, era quasi divina.
«In paradiso. Ora staremo per sempre insieme.» rispose lui, facendole un buffetto sulla guancia.
«Ma quindi siamo morti entrambi?» chiese lei, rattristandosi per un attimo.
«Sì. Ma vedi il lato positivo: tutte le anime buone e pure vengono mandate qui, quindi noi non abbiamo mai fatto nulla di male nella vita.» disse l'uomo, mentre le posava un bacio sulla guancia per raccogliere una lacrima salata che stava scendendo giù dai suoi occhi.
«E gli altri? Che ne sarà di loro?» domandò ancora lei, mentre il padre le sorrideva.
«Ci raggiungeranno qui, quando sarà il momento, ma ora è ancora troppo presto per loro.» spiegò Antonio dandole dolcemente un bacio sulla guancia. Però Iris non ne sentì il tocco, come non sentì il contatto con il corpo di suo padre. Era così strano, come se fossero inconsistenti.
«Perché non sento quello che tocco?» chiese lei, sfiorandosi la guancia sul quale suo padre aveva lasciato quel segno di affetto, e non percependo nulla.
«Le piccole anime come noi, quando vanno in paradiso, sono ormai fatte solo di luce, non necessitano più di un corpo materiale. Può sembrare strano all'inizio, ma con il tempo ti ci abituerai.» rispose lui un po' malinconico. Di certo lui ne aveva avuto molto di tempo per prendere l'usualità di quel particolare previsto per i destinatari del paradiso.
«Ah... beh è strano. Se ti abbraccio così» gli strinse le braccia al collo «non ti sento. È brutto perché non posso averti realmente vicino a me.» disse poi un po' triste.
«Dimenticati del contatto, l'importante è l'idea che hai, che siamo vicini o no. Se pensi che mi stai stringendo tra le tue braccia, è così e nessuno lo può cambiare. Okay?» disse lui, facendole ritornare il sorriso.

Dopodiché, Iris raccontò tutto quello che si era perso negli ultimi sette anni e mezzo, fino a quello che ricordava prima di morire. Raccontò anche di Michele, di quanto avrebbe voluto che le avesse insegnato ad amare, per poter ricambiare i suoi sentimenti. Disse anche di Federico, di come si era pentita di averlo trattato male per quattro anni, scoprendo in realtà che era un buonissimo amico, anche se per poco. Poi parlò di Gennaro e di Christian, altri due ottimi padri oltre a lui che aveva scoperto in così poco da non aver avuto la possibilità di amarli veramente. E infine nominò Serena, provocando un tumulto generale nel terreno fatto di nuvole su cui si trovavano.
«Io comunque ti sono sempre stato accanto, quindi ho visto tutto, ogni cosa che hai fatto.» disse lui, facendosi improvvisamente più serio.
«Anche del...»
«Sì, anche quando ti sei tagliata. Perché lo hai fatto? Per questo Michele?» chiese ancora, facendosi rigido.
«No! Cioè, in parte, ma era tutto stress, pensavo continuamente a quella notte e quel ricordo mi stava dilaniando dentro.» spiegò lei, cercando la comprensione nello sguardo del padre.

Lui infatti capì quello che intendeva e si rese conto che comunque lei aveva tenuto tutto dentro, per tutto quel tempo e non poteva nemmeno immaginare quanto fosse stato doloroso per lei.
«Ho capito. Però non avresti dovuto sfogarti su te stessa. Sarebbe stato meglio rompere qualcosa o tirare un pugno a qualcuno, nello stile dei film.» disse, facendola ridacchiare. Non rideva da tanto, forse troppo, tempo.
«Hai ragione, sono solo stata presa dall'impulso ed è finita così. Ma ci ho fatto fare un tatuaggio sopra, guarda.» gli disse indicando la sua farfallina che ancora volava ad ali spiegate sul suo polso. Antonio ne rise, perché non poteva arrabbiarsi con la sua bambina, la sua piccola Iris che aveva lasciato a soli dieci anni e che ora lei l'aveva raggiunto, troppo presto forse, che ormai era una donna. «Ma se io ora volessi vedere cosa succede laggiù, come devo fare?» chiese poi Iris. Moriva dalla voglia di rivedere Michele, le mancava così tanto.
«Pensa intensamente a chi vuoi vedere e lo guarderai attraverso la tua mente. Chiudi gli occhi e provaci.» le disse e lei così fece.

Nella sua testa apparve un giardino verde, su cui adagiata stava una bara, da quanto leggeva dalla lapide era la sua e in ginocchio, vicino ad essa, c'era il suo Michele. Le venne una stretta al cuore non appena vide quanto soffriva per la sua perdita. In sottofondo sentiva una canzone, la riconosceva, era quella che avevano ascoltato insieme quel giorno sul ramo. Le venne da piangere, alcune lacrime scesero sulle sue guance, ma continuò a guardarlo e ad ascoltarlo.

«Probabilmente si pensa che un ragazzo come me a diciannove anni non possa capire cosa sia l'amore, ma purtroppo devo smentire tutti quelli che lo pensano perché sei bastata tu a irrompere nella mia vita come un uragano e a stravolgermi completamente, facendomi provare di nuovo un sentimento così forte per qualcuno.» lo sentì dire, con la sua voce profonda e bellissima. Avrebbe voluto poterlo abbracciare in quel momento.
«Ora la canzone è finita e non voglio dilungarmi troppo, ma questo te lo dovevo dire. Spero solo che tu mi abbia sentito. Ti amo, Iris.» finì così il suo discorso e poi lo vide tornare al suo posto e smise di spiarlo.

Era in lacrime, Antonio l'abbracciava e lei continuava a singhiozzare.
«Anche io lo amavo, papà, lo amavo!» esclamò lei con voce rotta.
«Lo so, tesoro, lo so.» disse lui, cercando di confortarla, accarezzandole la schiena con la mano. Sapeva che non l'avrebbe sentito, ma contava l'idea. Ormai era di quell'opinione: se puoi sognarlo, puoi farlo, come diceva Walt Disney.

Restarono così per un tempo indefinito, ma tanto in paradiso tutti gli orologi si fermano, perché letteralmente il tempo si interrompe e tutto passa a seconda di come uno vuole che passi.

Sì, la vita Lassù era molto più semplice di quella sulla terra e forse era meglio che fosse così.

Il segreto di IRIS (COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora