Quella era la vigilia del giorno che aspettava da anni: il giorno della vendetta. Stava infatti spiegando il piano d'azione a tutti i suoi complici. Incredibilmente in quelli era incluso anche Federico. Perché Iris, non aveva voluto lasciarlo fuori dai giochi dopo che gli aveva raccontato tutto e lo aveva di nuovo abbracciato. Proprio così: alla fine del racconto era scoppiata a piangere, per la seconda volta in quel giorno e lui non aveva fatto altro che consolarla. Anche lui si poteva dire che fosse scosso, ma non quanto lei. Le raccontò anche lui, quello che sua madre aveva fatto per spaventarlo e questo dettaglio non aveva fatto altro che raddoppiare la cattiveria che lei avrebbe scagliato su Serena.
«Abbiamo, l'arma quindi. Bene, questa la porteremo a casa nostra: avrà una bella sorpresa così.» disse lei con voce piena di perfidia.
«Ma come procediamo?» chiese Gennaro, che seguiva attentamente ogni mossa della ragazza.
«Ci procureremo un registratore che metterò in tasca, in modo da avere pronta la confessione da presentare in tribunale. Tu, sarai fondamentale, perché dovrai farle capire che facciamo sul serio. Christian invece dovrai aspettarla a casa, però ricorda di spegnere tutte le luci, dovrà rimanere accesa solo quella della cucina, ti spiegherò poi perché. Federico starai pronto con il cellulare in mano per chiamare la polizia se le cose si dovessero mettere male.» spiegò lei, concisamente, guardando poi i suoi aiutanti negli occhi per vedere se avessero capito bene.
«Io, invece?» chiese Michele, appoggiando dolcemente una mano su quella di Iris.
«Tu mi servirai come sostegno. Sarete tutti importanti allo stesso modo per me, chiaro?» chiese poi, mettendo il pugno al centro del cerchio. Gli altri unirono il loro al suo e accordi furono fatti.Siccome ormai era tardi e il giorno dopo sarebbe stato un giorno importante, Federico tornò a casa sua dopo aver salutato tutti, Christian fece lo stesso, salendo due piani con l'ascensore e in fine Gennaro dovette tornare il carcere, per scontare la sua ultima notte di prigione, poiché le guardie lo aspettavano con il furgone sul portone del condominio. Sarebbe uscito anche la mattina dopo, ma non avendo un posto dove stare, fu costretto a tornare al buio, nella sua cella.
Michele e Iris invece, rimasero da soli, lui con il braccio sopra le sue spalle. In questi giorni si erano molto avvicinati e avevano recuperato tutto quello che non avevano fatto prima di baciarsi, ovvero si erano conosciuti.
Lei gli aveva raccontato tutta la verità e lui aveva fatto lo stesso.«Mi devi ancora dire perché eri ubriaco, per la seconda volta.» lo incalzò lei, mentre erano seduti sul divano, a debita distanza, ma Iris stava un po' oltre al limite che si era prefissata.
«Penso che ci dobbiamo raccontare un po' di cose noi due vero?» chiese lui, guardandola, per invogliarla a cominciare lei e perché era bella.
«Hai ragione. Ma facciamo un patto: finché non ho finito, non potrai parlare o chiedermi nulla. Io farò lo stesso con te.» propose lei, citando la frase che le aveva detto Michele, inconsapevolmente.
Lui annuì e lei iniziò a parlare. Mentre lo faceva, sentì tutte le emozioni abbattersi nuovamente su di lei, come se avesse rivissuto ancora quella maledetta notte. Il suo cuore però si stava svuotando da tutto il peso, la cattiveria e il dolore che lo circondavano e lo rendevano crudele e impenetrabile dalle emozioni.Si sentì meglio. E anche quando pianse, percepì che quelle sarebbero state le lacrime che avrebbero sciolto la sua armatura. Voleva aprirsi, per liberare la sua anima da tutto quello che la schiacciava da tempo.
Perché in quei sette anni e mezzo era stato come se non avesse più avuto uno spirito. Un corpo vivo, ma senza esserlo veramente. Un anima congelata, ma non ancora morta.Per Michele poi fu lo stesso: le disse il motivo per cui era ubriaco, la sua dipendenza, la morte di sua madre e la discussione con il padre, il loro rapporto quasi inesistente... tutto insomma. Ma questa volta riuscì a essere forte e a non piangere, perché non voleva farlo di nuovo davanti a lei.
«Però c'è una cosa che non ho capito.» disse lei, appena lui ebbe finito, asciugandosi il viso con la manica della felpa che indossava.
«Che cosa?» chiese lui, mentre furtivamente cercava la sua mano.
«Hai detto di amarmi. Perché?» domandò, catturando il suo sguardo.
«Perché è la verità. Anche se ero ubriaco, i fatti non cambiano.» rispose lui, toccando finalmente la sua mano.
«Ne sei sicuro? Sai a cosa vai incontro?» chiese lei ancora. Voleva fargli capire che non era così facile dire di amare una persona come lei.
«A cosa andrei incontro?» sembrava non capire o ignorare del tutto il problema.
«Alle barriere. Quelle che stanno intorno al mio cuore. Ormai la mia armatura l'hai già superata. Io non sono più stata capace di amare da quella notte. Provavo solo un costante odio.» disse lei, abbassando lo sguardo sulle loro mani.
«E ora cosa provi?» chiese lui.
«Non ne ho idea. Una grande confusione. È come se il mio cuore si fosse svuotato di tutto e non sapesse cosa farmi sentire.» disse lei, toccandosi il petto. Non gli disse però che anche lei aveva sentito il fatidico sentimento dell'amore quando era venuta da lui.
«Quindi non provi nulla neanche adesso? Non dico per me, ma in generale.» tentò ancora lui. Forse era alla ricerca delle parole che contraccambiassero il suo sentimento.
«È una cosa strana, come di leggerezza. Sento come se mi fossi liberata di un peso... adesso che ho parlato con te. Anche se non è facile per niente dirti tutto.» spiegò lei, analizzando sé stessa ad alta voce.
«Dovevi farlo fin dall'inizio. Anche perché è stato difficile dirti di mia madre e della dipendenza, ma se lo fai, una volta che finisci ti liberi da quello che ti opprime. Tutti hanno un segreto, è impossibile non averlo e sta a te capire come affrontarlo. I nostri passati non sono stati facili, ma non possiamo dipendere da essi. Ad un certo punto dovremmo guardare avanti e cercare di non pensare troppo a quello che di giusto o sbagliato che abbiamo fatto. Tutto qui.» disse lui, facendo tornare in lei quel sentimento. Lo odiava perché sapeva che avrebbe potuto portare altro dolore, ma le piaceva perché sapeva di nuovo e inesplorato.
«Grazie.» disse lei semplicemente, avvicinandosi per abbracciarlo.
«Sono qui per te, Iris. Anche se non sai quello che provi, non voglio che tu me lo dica ora. Ti chiedo solo di fare i conti con te stessa e provare a rimettere in ordine le idee.» disse lui, annusando il suo profumo di fragola che si attorcigliava intorno ai suoi riccioli.
«Lo farò. Non voglio però che tu beva più per me o per nessuna ragione.» disse lei, sorridendo poi sulla sua spalla. Era così accogliente il suo abbraccio...
«Non accadrà, se resterai con me.» disse lui. Poi prese il suo volto dolce tra le mani e ne baciò le labbra rosee a cuore.Iris poi fece per andare a dormire nella sua stanza, ma fu fermata da Michele che pretese un abbraccio. Glielo diede e fece fatica a staccarsi da lui. Stava così bene, sentiva per la prima volta di essere felice con qualcuno.
«Buonanotte, piccola.» disse lui sulla sua spalla. Lei sorrise.
«'Notte.» rispose. Sentiva la farfalla disegnata sul suo polso sbattere le ali e volare.Anche lei provava le stesse emozioni della ragazza, perché anche se era confusa sapeva che sotto tutto c'era un' unica cosa: l'amore. E quella volta nessuno glielo avrebbe tolto.
Buongiorno a tutti miei cari! È ancora lunedì per la mia gioia, però almeno la scuola è finita!
Comunque questo era il nuovo aggiornamento, che ne pensate? Scrivetemi tutti! Vi voglio tanto bene e un abbraccione grande,
Alice❤
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Il segreto di IRIS (COMPLETATA)
General FictionSe solo quella notte non fosse mai venuta, Iris avrebbe ancora il sorriso sulle labbra. Era così, una bellissima bambina di soli dieci anni, con quell'enorme segreto che gravava sulle sue spalle innocenti. Serena, ecco chi aveva contribuito a tutto...