Armadi e lame nel cuore

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Il ragazzo camminava guardando per terra, i suoi piedi che muovevano i passi l'uno davanti all'altro, alcune foglie che si spostavano con il vento e degli insetti che attraversavano coraggiosamente il marciapiede. Preferiva pensare a quella piccola formica che trasportava una briciola di pane al formicaio, piuttosto che al presentimento di essere seguito che gli prendeva lo stomaco.
C'era qualcuno che lo stava osservando, ma non aveva il coraggio di girarsi.

Affrettò il passo, fregandosene di tutto, fino a correre disperatamente verso casa. Era praticamente arrivato quando sentì un click, dietro di lui. Sembrava il rumore di una macchina fotografica, ma non voleva girarsi per scoprire che dietro di lui ci fosse stato uno stalker, un serial killer o peggio.

Federico si chiuse dentro casa e girò cinque volte il chiavistello. Sudava, aveva una paura cane di qualunque cosa fosse che lo avesse seguito e che ora sapesse dove abitava.
Appena l'affanno che aveva si attenuò, si azzardò a sbirciare dalla finestra, tra le tapparelle.

Nessuno. Non c'era nessuno.

Era stato tutto frutto della sua immaginazione, probabilmente. Era stato così cacasotto da credere che qualcuno lo stesse seguendo? Forse tutta quella storia gli aveva messo in testa strane cose.

Andò in cucina e si fece un tè per calmarsi. Si diresse poi verso la sua stanza, salendo le scale molto lentamente, si sedette sul suo letto e fissò il vuoto davanti a sé. Stava tremando, era letteralmente un ammasso di brividi senza inizio né fine.

Guardò l'armadio marrone, in cui da piccolo aveva sempre creduto ci fosse un mostro, e notò una cosa che non aveva mai notato: era spostato di tre centimetri più in avanti rispetto al solito. Come lo sapeva? Aveva analizzato millimetro per millimetro quella casa e aveva annotato esattamente le distanze tra gli oggetti, tra muri e armadi o cassetti e tra tappeti e battiscopa. Era da malati, ma lui lo aveva fatto comunque, perché voleva farlo per lei e per la giustizia.

Sempre tremando si avvicinò al mobile marrone di fronte a lui e con un unico movimento lo spostò in avanti. Come pensava: dietro di esso, dove non aveva guardato, c'era qualcosa, coperto da qualche mano di stucco di troppo. Era una chiazza bianca, rettangolare che staccava da tutto il resto perché ruvida e frettolosa. Qualcuno aveva nascosto lì qualcosa. E immaginava anche cosa.

Scese nel seminterrato, dove suo padre teneva la cassetta degli attrezzi e prese un martello. Tornò di sopra e studiò per bene come avrebbe fatto a buttare giù quella parte di muro, senza dover sporcare troppo in giro.
Decise che avrebbe coperto tutto, rimettendoci sopra l'armadio e avrebbe dato poi una pulita alla buona.

Diede il primo colpo e l'intonaco si crepò, più del dovuto, ma non sarebbe stato un problema. Passò al secondo e un pezzo intero di stucco si staccò, cadendo a terra e spargendo un sacco di polvere bianca nell'aria, che penetrò velocemente nei polmoni di Federico e lo fece tossire scompostamente.

Una busta di plastica che conteneva qualcosa gli apparve davanti. Con mano tremante ci passò una mano sopra per rimuovere la polvere residua e rimase a bocca aperta. Aveva trovato quello che cercava e ne era terribilmente spaventato. Non riusciva a guardarla, voleva soltanto non aver mai iniziato a cercare informazioni su Iris.
Si stava soltanto mettendo nei casini e non voleva assolutamente scavarsi la tomba dal solo.

Automaticamente rimise tutto come stava, ripulì alla meno peggio e sopra la busta mise un pezzo di cartone abbastanza spesso. Riaccostò l'armadio davanti e poi si risedette sul letto: gli mancava il fiato e la testa gli girava, credeva di avere la febbre.
Si tastò la fronte e scottava. Tremava, ma sentiva caldissimo.

Si mise sotto le coperte e fissò il soffitto. Non riusciva a fare nulla per non pensare a quello che aveva visto: era proprio davanti a lui, la risoluzione del mistero, e non aveva avuto il coraggio di prenderla e incastrare il vero colpevole.
No, quella maledetta pistola sarebbe rimasta al suo posto, lì, dietro l'armadio, e lui si sarebbe tolto di mezzo da tutta questa inutile farsa in cui lui stesso si era cacciato.
Basta, ora dormi. Non sono più affari tuoi! si disse e finalmente cadde in un sonno profondo che non fece altro che nutrire di più i suoi conseguenti incubi.

Il segreto di IRIS (COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora