Intorno a lui girava tutto, i mobili fluttuavano, il lampadario stava sul pavimento al posto che sul soffitto e non riusciva a capire come facessero.
Michele era ubriaco fradicio, due bottiglie di vodka giacevano vuote sul pavimento e lui continuava a ridere come un cretino.Si sentiva così, un cretino. Aveva appena buttato nel cesso tutti i suoi anni di astinenza da alcol, perché Iris gli aveva detto di no. Il fatto era che, però, quello valeva più di ogni altra cosa. Lei lo aveva respinto e gli aveva chiesto addirittura di andarsene.
Aveva ragione sul fatto che avessero corso troppo e tutto il resto, ma non voleva dire che loro dovessero per forza rispettare i tempi di una normale relazione.
Mica tutti i bambini gattonano prima di camminare. Alcuni passano dallo strisciare in modo scomposto a terra, ad alzarsi in piedi e provare a muovere qualche passo in avanti, cadendo anche, ma rialzandosi subito, senza arrendersi.Tra loro sarebbe anche potuto andare così: si erano baciati la prima volta che si erano visti, lo avevano fatto ancora, non si conoscevano nemmeno, ma cosa c'era di male infondo? A Michele piaceva correre, però a quanto pare lei si era rifiutata di stargli dietro.
La cosa che lo faceva più arrabbiare di più erano le parole che aveva sussurrato: ti prego, va' via! aveva detto, mentre si premeva la mano sul cuore. Era davvero riuscito a ferirla così profondamente?
Ora stava peggio di prima perché si sentiva la causa del suo dolore. Glielo aveva letto in faccia, ma non era riuscito a chiederle spiegazioni. Doveva averle assolutamente e anche subito.
L'unico problema era che non si reggeva nemmeno in piedi. Non era riuscito nemmeno ad alzarsi mentre vomitava. Ecco cos'è 'sta puzza... pensò guardandosi la maglietta e i pantaloni imbrattati di rigurgito.
«Bella merda.» disse fra sé, ridendo ancora di più. Ma sta volta era una risata amara, di disperazione, solo per non piangere.Tentò di alzarsi, reggendosi sul bordo del divano, ma fallì miseramente.
Provò ancora e riuscì a sedercisi sopra, aumentando ancora di più il giramenti di testa.
Si premette le tempie e le massaggiò, cercando di fermare il mondo che ruotava ad una velocità spaventosa intorno a lui.Alla fine ce la fece ad alzarsi e a trascinarsi in camera sua, per prendere dei vestiti puliti e farsi una doccia. Sì, in quel momento ne aveva proprio bisogno.
Il getto caldo gli arrivò diretto sui muscoli contratti del collo e gli bagnò il corpo dandogli immediatamente una sensazione di calore dappertutto.
Lo stesso che sentiva quando era vicino ad Iris.Ed ecco che gli tornava in testa e non se ne andava più. Non sarebbe bastato un fiume di vodka per farsela passare.
Ma bere non aveva senso, tanto il suo ricordo era sempre vivo nella sua mente e non accennava a sbiadire.Uscì dalla doccia e si avvolse un asciugamano alla vita per raggiungere la camera da letto. Si rivestì a fatica, sbagliando tre volte il verso della maglietta e la posizione delle scarpe, destra a sinistra e viceversa.
Si raccolse come meglio poteva e uscì di casa.Cosa voleva fare? Andare da Iris, due piani sopra. Perché era così masochista? Era l'alcol a rispondere delle sua azioni in quel momento.
Dopo che l'ascensore si fu fermato, sentì il suo cuore aumentare i battiti, preso da un ansia sconosciuta.
Bussò all'appartamento, la cui targhetta dettava Signori Foster-Altieri.
Non rispose nessuno. Provò ancora e ancora, ma niente. Finché dietro di lui apparvero i genitori di Iris, con due facce tristi e preoccupate, gli occhi rossi di pianto, stretti, l'una all'altro.
«Salve.» biascicò Michele, cercando di non dar troppo a vedere che fosse ubriaco. Ma la sua postura trasandata e i suoi occhi allucinati non mentivano.
«Michele, giusto? Cosa fai qui?» chiese Christian, notando il suo sguardo un po' assente. La sua voce non aveva ancora ripreso del tutto la sicurezza, dopo quello che era successo con Iris.
«Sono venuto qui per... per parlare con... Iris. È in casa?» rispose il ragazzo molto lentamente, come se non ricordasse bene quello che doveva fare.
«No, non al momento. Vedi, non sta molto bene, è all'ospedale ora...» spiegò l'uomo, impietosito da quel povero ragazzo. Non sapeva perché, ma in un certo senso rivedeva se stesso in lui, nonostante fosse di aspetto fisico completamente diverso da lui.
«Come?! Cosa le è successo? P-perché è all'ospedale? È grave?» sparò a raffica le domande, risvegliandosi tutto a un tratto.
«Stai tranquillo, ora sta meglio, ma sta riposando, se vuoi andarla a trovarla puoi farlo domani mattina. Non ti preoccupare.» lo rassicurò lui. Serena accanto a lui lo stava studiando, guardando, ma non riusciva a starci attenta più di tanto perché era ancora scossa dal precedente accaduto. Forse, in fondo, più per il tono che le aveva rivolto, freddo e distaccato, che per il fatto che fosse sopravvissuta per miracolo.Michele aveva gli occhi spalancati e la bocca serrata. Stringeva i denti che quasi gli facevano male e il mondo intorno a lui si era immobilizzato all'istante. Si sentiva terribilmente responsabile di quello che le era successo, anche se non sapeva nemmeno cosa esattamente.
«Okay. Grazie comunque.» rispose poi, dopo un lungo silenzio.
«Vuoi entrare un attimo, sembri scosso, ti offriamo qualcosa, ti va?» chiese Serena, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo. Doveva mostrare anche a lui la sua facciata buona.
«No, davvero, sto bene. Grazie di tutto, buonanotte.» rispose, ancora assente con la testa, ma presente con il corpo. Aveva solo un obbiettivo: andare da Iris, al più presto possibile. «Va bene, buonanotte anche a te.» rispose lei, aggiungendo un cordiale sorriso alla fine.Il ragazzo si avviò a testa bassa fuori dal condominio e iniziò a camminare verso l'ospedale. Non era molto lontano e considerato che non poteva guidare, avrebbe potuto smaltire la sbornia e rimettere le idee apposto.
Come si sarebbe dovuto comportare con lei? Avrebbe dovuto far finta di niente? Avrebbe dovuto invece scusarsi con lei? Avrebbe dovuto chiedere forse spiegazioni del perché gli avesse detto di andarsene? Non ci capiva niente. E sicuramente quel mal di testa martellante non aiutava. E se invece lei non avesse voluto vederlo più? Se fosse stata arrabbiata con lui e non avrebbero più potuto recuperare il loro rapporto, anche solo di semplici amici? Difficile, ma non impossibile.
Arrivò in ospedale, c'era una luce accecante, rispetto al buio di fuori. Non sapeva nemmeno che ore fossero.
«Mi scusi, dove posso trovare Iris... Foster?» chiese alla prima infermiera che vide, seduta dietro un bancone.
«Non c'è nessuna Iris Foster qui, forse cercavi una Iris Maccadino?» chiese lei, gentilmente. La sua stazza era notevole, ma si era rivelata molto cortese.
«Sì... ho confuso il cognome. Dove la posso trovare?» ora, l'unica domanda era: perché aveva due cognomi? Non era forse la figlia del signor Foster? Era più confuso di quando era entrato.
«Sei un parente?» chiese lei, mentre digitava qualcosa al computer di fronte a lei.
«No, un amico, la prego mi lasci vederla.» la implorò lui.
«Pff... e va bene! Per questa volta faccio un eccezione, sappi che vado contro le regole però. È nella 465, se sta dormendo però non disturbarla.» disse lei, avendo pietà di lui. In realtà non andava contro il regolamento, avrebbe avuto forse un richiamo ma nulla di più. Il fatto era che lei talvolta era troppo buona e voleva solo la felicità degli altri, sacrificando sé stessa.
«Grazie mille... Elisa.» disse leggendo il cartellino di riconoscimento che portava sulla divisa verde da infermiera.La donna gli sorrise e poi lui cercò la stanza indicatagli, quasi correndo. Voleva sapere se lei stesse bene, non gli serviva altro.
Ed eccola lì, oltre il vetro, nel suo letto bianco, dormiva. La luce del tavolino accanto a lei era accesa e le illuminava il volto soave e candido, una distesa di bellezza grande come tutto un mare.All'improvviso però una smorfia di dolore le si formò in viso e alcune lacrime scesero dagli occhi. Farfugliò qualcosa, ma oltre il vetro non si sentì nulla.
Per lei era come se fosse spettatrice del più orrendo spettacolo che avesse mai visto, però era destinata a soffrire da sola, senza nessuno che la potesse svegliare dall'incubo.Ancora restava senza nessuno. Odiata da tutti, continuava ad essere sempre da sola, ma amata da Michele.
Buonsalve! Come state miei cari ragazzi e ragazze? Spero bene! Dovete prepararvi psicologicamente per i prossimi capitoli, non sarà per niente facile!
Come al solito vi ringrazio per i bei commenti e le critiche costruttive e vi voglio tanto bene!❤Consigli libristici:
- "Fingono di fingere" di alessandrast98
- "The king's girl" di _sotto_le_stelle_
- "Intrusa" di -ciliegia-Grazie ancora per tutto,
Alice❤
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Il segreto di IRIS (COMPLETATA)
General FictionSe solo quella notte non fosse mai venuta, Iris avrebbe ancora il sorriso sulle labbra. Era così, una bellissima bambina di soli dieci anni, con quell'enorme segreto che gravava sulle sue spalle innocenti. Serena, ecco chi aveva contribuito a tutto...