Sentenza

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L'imputata, seduta al fianco destro del giudice, in tuta arancione e con le manette ai polsi, aveva uno sguardo perso nel vuoto, non piangeva, cercava solo di farsi scivolare addosso tutto quello che sentiva, le testimonianze, i documenti, le accuse contro di lei, perché infondo le aveva già sentite.
Ogni volta però che risentiva quelle parole amare e sofferenti, piene di dolore da lei causato, sentiva la lama nel fianco che piano piano risaliva le interiora piantandosi nei polmoni, perché lei il cuore non ce l'aveva.

«Ora la sentenza e temporaneamente sospesa, riprendiamo tra quindici minuti. Al termine della pausa sarà emessa il verdetto della giuria popolare. Grazie a tutti.» disse il giudice battendo poi il martello di legno sul bancone. A quel punto iniziarono i commenti generali tra i partecipanti esterni al processo e proprio da loro si elevò una voce, nascosta da tutto il tempo.
«Fermi tutti!» disse un anziano signore, aveva una barba grigia e incolta, degli occhiali tondi appollaiati sul naso adunco e una sigaretta accesa tra le labbra. Il giudice lo guardò e sembrò contrariato dal suo intervento e dall'oggetto che aveva in bocca, ma decise di ascoltarlo.
«Cosa ha da dire lei? Con che nome si presenta a testimoniare?» chiese il giudice e nel frattempo a Serena gelò il sangue.
«Massimiliano?» esclamò nel silenzio improvviso. Sussurrò quel nome, ma si sentì bene. Anche se era molto invecchiato e non curato lo riconosceva.
«Sì, Serena, sono io. Sono Massimiliano De Santis e ho una prova schiacciante contro di lei.» disse, puntando il dito contro la donna.
«Allora proclamo la seduta riaperta, tornate tutti ai vostri posti, rinviamo a dopo la pausa per consentire alla giuria di decidere il verdetto.» disse il giudice, vedendo che quel vecchio signore, non era deciso a mollare e non avrebbe aspettato neanche un minuto.

Massimiliano venne avanti, davanti al tavolo del giudice e dietro l'accusa, formata da Gennaro, Christian, Federico e Michele, e la difesa, che consisteva solo in un timido avvocato che non riusciva a far altro che essere smentito dagli antagonisti, ogni volta che provava a dire qualcosa, in favore di Serena.

Consegnò al responsabile audio video, il registratore che fu collegato ad un amplificatore. Immediatamente risuonarono le parole della donna, pronunciate con disprezzo, quasi per obbligo.
Tutti ascoltarono in silenzio tutta la confessione che aveva ottenuto la ragazza, registrandola a insaputa della donna.
Questa costituiva la prova schiacciante per incriminare definitivamente Serena, colta con le mani nel sacco.
I volti della platea cambiarono a ogni parola che Serena diceva, chi era arrabbiato, chi piangeva, chi si copriva il viso con le mani e chi la fissava con odio. Per i testimoni dell'accusa fu terribile sentire quella confessione.

«Sei un mostro. Non so come tu abbia potuto essere amata da mio padre, da Antonio e da Christian. E se proprio non volevi avere me, potevi evitare di fare le corna a tuo marito il giorno prima del suo matrimonio! Sei un'orrenda puttana!» quando venne questa parte a Serena scese una lacrima e pregò di spegnere quella registrazione, ma non fu ascoltata.

Si sentì il suo urlo prolungato ed infine il tonfo. Ancora qualche rumore soffocato, poi si interruppe di colpo, proprio quando era caduta davanti ai piedi di Massimiliano.
«Ora basta vi prego! Sono colpevole, mettetemi in carcere, uccidetemi, ma per favore smettetela di torturarmi!» urlò Serena, dimenandosi sulla sedia. Fu subito fermata dalle guardie giurate che la trattennero per le braccia mentre piangeva e urlava. Nella sala si era levato un vociferare, alcuni urlarono insulti contro la donna, Christian e Gennaro erano a testa bassa, mentre Michele cercava di mantenere la calma e Federico era uscito a prendere aria perché non riusciva più a respirare. Piangeva, si sentiva terribilmente debole, ma infondo era quello che veramente era.

«Ordine! Ordine! Calmatevi tutti e tornate ai vostri posti. Ora sapremo il verdetto della giuria popolare.» disse autorevolmente il giudice e tutti fecero quello che aveva detto.
«La giuria dichiara l'imputata, per l'omicidio del coniuge Antonio Maccadino: colpevole.» un attimo di pausa e il fiato sospeso di tutti i presenti.
«Per la corruzione al carcere forzato di Gennaro Zena: colpevole.» silenzio tombale.
«Per l'omicidio della figlia Iris Zena: colpevole.» Serena crollò in ginocchio tra le braccia delle guardie.
«Serena Altieri è dunque condannata all'ergastolo senza possibilità della riduzione della pena. Grazie a tutti, la seduta è conclusa.» sentenziò il giudice, battendo nuovamente il martello di legno sul banco.

Applausi da parte di tutti si diffusero in tutta la sala, riempiendo il precedente silenzio dell'attesa. I testimoni dell'accusa si abbracciarono ed uscirono a cercare Federico per comunicargli il risultato e se ne andarono dal tribunale una volta per tutte.

Il povero ragazzo era tornato a casa, correndo quasi ed era entrato in casa, fiondandosi subito nella sua camera. Continuò a piangere nel suo letto per ore e nessuno lo disturbò poiché sua madre e suo padre sapevano quanto soffrisse. Stava abbracciando il suo cuscino, immaginando fosse Iris e ricordandosi esattamente che emozione e sensazione che aveva provato quando lei gli aveva gettato le braccia al collo ed aveva pianto sul suo petto, per riportare in vita il suo ricordo e per la paura di dimenticarsi di quello che aveva provato insieme a lei, anche se per poco.

Invece Serena, rinchiusa da meno di due ore nella sua cella, stava già impazzendo. Rimase seduta nella stessa posizione per una settimana, rifiutava di mangiare, di lavarsi o di interagire con qualcuno. All'ottavo giorno, prese il lenzuolo del suo misero letto, fece un cappio alla buona e si impiccò, lasciandosi cadere a peso morto. Fu trovata la mattina dopo da una guardia che era passata a fare il solito giro di routine di controllo. Era viola in viso, gli occhi girati all'indietro e un messaggio scritto sulla mano: Mi dispiace, ma era un mio diritto suicidarmi. S.A.

Gli unici presenti al suo funerale furono i suoi due uomini, Fernando e Pablo, che le portarono dei fiori sulla sua tomba e piansero la sua povera anima destinata all'inferno. Loro due si erano molto affezionati a lei, non solo perché ci erano entrambi andati a letto, ma anche perché la consideravano un ottimo capo, determinato e deciso.

Però finì lì, il suo ricordo e il suo nome morì con lei, ignorati da tutta quella che era stata la sua famiglia.

Il segreto di IRIS (COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora