Quello che in fondo conta

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Esserci l'uno per l'altra, questo era quello che contava in fondo. Desideravano entrambi avere qualcuno su cui piangere o qualcuno da abbracciare, e non avevano trovato persona migliore che loro stessi. Michele voleva Iris e Iris voleva Michele. Lei non lo meritava, perché lo aveva fatto soffrire come un cane, ma si sentiva talmente egoista da desiderarlo tra le sue braccia, per sentire di nuovo quel calore umano che la faceva stare tanto bene. Non voleva ammetterlo a se stessa, ma quando si concedeva l'affetto di qualcuno stava bene, e quello strato di ghiaccio intorno al cuore si assottigliava un po'.
Mentre lui invece, non sperava altro che lei fosse di nuovo lì con lui.
«Grazie.» sussurrò ad un tratto il ragazzo. Sentiva il profumo dei capelli della ragazza, quella fragranza alla fragola che lo aveva fatto impazzire fin dalla prima volta che lo aveva sentito.
«Non ho fatto niente. Ti ho fatto solo star male. Dovresti odiarmi.» rispose lei, mentre una lacrima correva sulla sua guancia. Voleva impedirsi di piangere, ma in quel momento non le importava.
«E invece credo di essere innamorato di te.» disse lui, di getto, senza rifletterci. Era comunque ubriaco, quindi non poteva farlo lucidamente.

Lei allontanò il viso dalla sua spalla per guardarlo negli occhi. Aveva sentito l'odore che aveva indosso e pensava stesse parlando la vodka o qualsiasi cosa avesse bevuto, per lui.
«Sei sbronzo. Non lo pensi sul serio.» affermò lei, fissando quegli oceani che aveva al posto degli occhi.
«Sono sbronzo, ma non ho mai pensato così seriamente una cosa.» rispose lui, accennando una smorfia che era il vago inizio di un sorriso.
«Dai, stai scherzando vero? Io non so nemmeno cosa significhi amare qualcuno.» ribatté lei, spostandosi un po' da lui, ma senza riuscirci perché venne trattenuta dalle sue labbra morbide, che sapevano di alcol sulle sue.

Non posso cedere ora... pensò.

E invece stava proprio cedendo. Tutte le persone sanno amare in fondo, ma non ne apprendono davvero il significato finché non lo provano sulla propria pelle.
«Io lo so cosa vuol dire. Ho amato solo una persona così nella mia vita. E tu sei la seconda.» disse lui, una volta che lasciò, a malincuore, la bocca a cuore della ragazza.
«Come puoi amarmi? Sono stata orribile con te. E poi sono la persona meno adatta a cui dedicare i tuoi sentimenti.» rispose lei, allontanandosi per riprendere fiato, dopo il bacio e le parole che aveva pronunciato.
«Non ho scelto io i miei sentimenti. Nessuno può decidere chi amare e chi no. Capita e basta. Lo capisci quando non riesci a respirare, se la persona che ami non è accanto a te. Se ti batte forte il cuore quando la vedi. Se ti sta costantemente in testa e non se ne va. Come te.» disse, svelando poi il sorriso che stava nascondendo.

La fondamentale contrapposizione che vigeva nella testa di Iris era questa: aveva paura di non essere amata da nessuno, ma allo stesso tempo temeva che qualcuno potesse innamorarsi di lei perché sapeva di non riuscire a ricambiare. In sostanza l'amore era sempre stato dentro di lei, ma nessuno le aveva mai insegnato come usarlo.
«Ma io... non so come si fa...» sussurrò lei, mentre sentiva ancora le lacrime pronte a scendere. Doveva smetterla di piangere.
«A fare cosa?» chiese lui, perplesso.
«Ad amare. Non so cosa voglia dire o cosa si provi. Nessuno mai mi ha amato.» disse lei, provando quel dolore istantaneo che viene appena si ammette una verità ad alta voce.
«Non è vero. Non è possibile. E i tuoi genitori? Non ti hanno forse amato fin da quando hai visto i loro visi per la prima volta?» chiese lui, facendola distrarre dai suoi pensieri, convergenti sull'odio che tutti le riservavano da sempre, escluso quel ragazzo di fronte a lei. Ma non ci credeva ancora che lui dicesse seriamente, affermando di amarla.
«I miei genitori non sono quelli che pensavo.» disse lei spostando lo sguardo sul riflesso di luce prodotto da un vetro rotto per terra.
«Che intendi?» chiese lui.
«Forse sta volta dovrei dirti tutto. Ma non voglio farlo perché sei ubriaco e poi non ti ricorderesti niente. Forse non ti ricorderai nemmeno che sono stata qui.» continuò lei, con un po' di malinconia nella voce.
«Ma... io mi...»
«No. Ora devo andare, scusami.» tagliò corto lei.
«Ti prego resta. Ho bisogno di te.» supplicò lui, prendendole un polso. Lei rabbrividì a quel tocco e si sorprese a essere indecisa se ascoltarlo o meno.
«Prometto che ci vediamo domani. Non ha senso parlarne ora.» continuò intransigente.
«Va bene, ma ora stai qui con me. Per favore.» scongiurò ancora. Si era avvicinato a lei e Iris non aveva il coraggio di dirgli di no.

Questa sensazione era nuova per per lei, perché in genere la gente la evitava, non la avvicinava, quindi era la prima volta che si trovava a dover decidere se ferirlo ulteriormente o fargli tornare il sorriso per una volta.
«Okay.» disse in fine. Nel profondo, tornava a riemergere quella vipera fastidiosa che le ricordava di essere una persona odiata da tutti e che non doveva concedersi troppo o proprio per niente a relazioni. Ma per quella volta decise di ignorarla.

Michele infatti sorrise e la tirò a se per abbracciarla. Lei non si oppose, perché doveva anche ammettere che le era mancato, pur avendolo lei respinto.
«Dovresti fare una doccia, puzzi.» disse lei ad un certo punto e lui ridacchiò.
«Sì, forse... muori dalla voglia di vedermi nudo vero?» chiese poi lui, maliziosamente.
«Assolutamente no! Sarebbe più carino abbracciare uno pulito e profumato, che uno sbronzo e maleodorante!» esclamò lei prendendolo in giro. Lui fece una faccia offesa, incrociando le braccia. Assomigliava tanto ad un bambino in quel momento. Non riuscì però a mantenere quell'espressione perché lo sguardo divertito di Iris lo fece ridere.

La sua risata era strana e sembrava da pazzo, perché questo era l'ennesimo effetto dell'alcol: lo faceva ridere come un cretino per qualsiasi cosa, oltre che dare di matto e arrabbiarsi.
Se ne andò a farsi la doccia, ma appena fu sulla soglia del bagno, venne fermato dalla voce di Iris.
«Perché ti sei ubriacato di nuovo?» chiese, tornata seria.
«Te lo spiego domani, ora non ha senso.» disse lui e lei annuì, senza replicare.

Salve cari cricetini cicciottosi! Come state? Oggi è di nuovo lunedì e come al solito ripeterò che odio questo giorno, ma almeno manca ancora domani e dopodomani per la fine della scuola, FINALMENTE!
Detto questo, vi avviso di prendervi una buona dose di coraggio e di forza di volontà per continuare a leggere perché sarà molto impegnativo d'ora in poi.
Vi amo,
Alice❤

Il segreto di IRIS (COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora