Amelia.
Arriviamo al Cedars che sono quasi le undici di sera. Paul ci ha tenute informate tutto il tempo. Sembra che mia nonna sia stata operata urgentemente a causa di un'arteria ostruita ora si trova in rianimazione.
Siamo in sala d'attesa, mia madre mi tiene stretta al suo petto mentre affondiamo nelle poltroncine. Mio padre fa su è giù per il corridoio mentre mio nonno Charles beve il suo tè in solitudine da qualche parte nell'ospedale. Da quando mia nonna si è sentita male si è chiuso ancor di più e non vuole parlare con nessuno che non sia uno dei dottori.
Improvvisamente, vedo arrivare Paul che si avvicina a me ed a mia madre con falcate pesanti e con aria provata.
Si sistema all'indietro una ciocca di capelli e mi fissa con gli occhi stanchi. Infine, si siede accanto a me, sprofondando sulla poltroncina e chiude gli occhi poggiando la testa al muro dietro di lui.
Lo guardiamo tutti con il fiato sospeso ed in attesa.
«Le prossime ore sono le più delicate ma è una donna estremamente forte per cui i medici sono ottimisti» proferisce continuando a tenere gli occhi chiusi e la testa reclinata all'indietro come se riuscisse ad avvertire i nostri sguardi indagatori.
«Paul» lo chiamo.
Apre gli occhi e si gira verso di me. Avverto un tuffo al cuore quando sento tutta la potenza che quello sguardo ha su di me. Sento lo stesso fremito che ho avvertito nella galleria quando l'ho visto per la prima volta come un comune ragazzo della mia età, spensierato e con una luce diversa negli occhi. Mi desiderava ma costituivo il suo frutto proibito visto il nostro rapporto medico.
Io mi sono lasciata andare con lui ma, ora che ci penso, forse quella mia reazione non era semplicemente derivata dal mio stato emotivo fragile per ciò che mi era appena accaduto.
Mi sento ancora così confusa. Gli eventi continuano a susseguirsi velocemente non lasciandomi il tempo di metabolizzarli e fare chiarezza nei miei sentimenti.
Sospiro e sembra che lui riesca a vedere fin nel profondo della mia anima, d'altra parte è il suo lavoro.
«Sembri davvero stanco. Ti ringrazio per quello che hai fatto per mia nonna e per tutti noi. Credo che ora dovresti andare a riposarti» gli dico prendendogli la mano.
Segue quel mio gesto e poi torna a fissarmi in viso.
«Voglio restare qui se tu rimani» risponde.
Improvvisamente squilla il suo cellulare interrompendo quel nostro contatto visivo. China il capo sui suoi pantaloni e sfila il telefono dalla tasca posteriore.
Lo scruto e lo vedo cambiare espressione da esausto al visibilmente turbato.
Fissa il display senza rispondere e poi guarda me nervoso.
«Devo allontanarmi solo un attimo. Torno tra poco, aspettami qui» mi dice alzandosi di colpo tenendo ben saldo in mano il suo telefono che continua a squillare.
Lo vedo allontanarsi con passo svelto, poi scompare dietro una porta.
Mi affloscio sulla poltroncina e mi accorgo che mia madre si è addormentata sulla mia spalla, così cerco di non fare altri movimenti per non farla svegliare.
Mio padre ci osserva dall'altra parte del corridoio e mi accorgo che ha gli occhi cerchiati e le rughe sulla fronte sembrano divenute dei solchi. Ha il collo della camicia sbottonato e la cravatta allargata, non ha nemmeno avuto il tempo di cambiarsi tornando dal suo viaggio di lavoro.
Prostrata per quella considerazione sento un nodo di saliva serrarmi la gola, ho bisogno di andare in bagno.
«Papà. Puoi prendere il mio posto così da continuare a far dormire mamma?» chiedo a mio padre così da potermi alzare.
Annuisce e si stacca dalla parete alla quale è poggiato per raggiungermi.
Tengo la testa di mia madre finché non sono finalmente in piedi mentre mio padre scivola dietro di me prendendo il mio posto. Mia madre si muove sistemandosi meglio sul petto di mio padre che prende ad accarezzarle il viso facendola rilassare immediatamente.
«Dove vai?» mi chiede mentre mi allontano.
«Devo andare in bagno» rispondo.
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[IN REVISIONE] A midsummer night's dream (The Seasons Saga)
Romance"Io mi chiamo Amelia. Amelia Clayton. Ho sedici anni e sto terminando la terza liceo presso la Roosvelt High School di Seattle. Non c'è molto da dire su di me. Davvero. Lo giuro. Allora mi chiederete perché abbia deciso di cimentarmi nella scrittura...