Matt
Quando arrivo nel pub che Giorgia mi ha indicato e che si trova in periferia, la trovo seduta al bancone ed ha più l'aria di un femme fatale piuttosto che di una sedicenne.
Indossa un abito a tubino rosso che credo le arrivi approssimativamente a metà coscia, visto fin dove le si tira su stando semplicemente seduta.
Le sue gambe sembrano lunghissime e sono accavallate mentre ai piedi porta dei vertiginosi tacchi a spillo, sempre di color rosso.
Per fortuna si è lasciata il giubbino di pelle nera che quanto meno le copre in parte il sedere. I capelli scuri le ricadono in ciocche ondulate lungo la schiena.
Quando si volta verso di me, mi rendo conto di quanto si sia truccata e la cosa mi infastidisce al quanto.
Sui suoi occhi neri il quantitativo spropositato di mascara sembra fare l'effetto bambola e le labbra piuttosto rosate completano il quadro.
Ecco. Sembra più che altro una prostituta d'alto bordo che una semplice ragazza di sedici anni.
Sbatte più volte le ciglia mentre mi avvicino e non riesco a contenere il mio sarcasmo.
«Credo sia normale che non veda bene, visto come ti sei riempita le sopracciglia di mascara» le dico pungendola nel vivo.
La vedo corrugare la fronte.
«Spero ti sia conciata in questo modo ridicolo solo per camuffarti e non perché speri di circuirmi in qualche modo, perché, credimi, se fosse per la seconda opzione, temo tu abbia davvero frainteso» continuo sedendomi allo sgabello accanto al suo.
«Non potremmo stare qui e tu lo sai» le dico.
«Tu no. Ma io si visto che ho questa» replica sventolandomi in faccia una carta d'identità intestata ad una certa Stella Curtis, di ventidue anni.
La guardo con sguardo malizioso e mi complimento per la sua intraprendenza.
«Resta il fatto che non dovresti comunque bere della tequila alle sei di pomeriggio» ribatto con tono di rimprovero.
«Faccio ciò che mi pare» ringhia lei e capisco che è già praticamente ubriaca.
Mio Dio, questa ragazza non lo regge per niente l'alcool.
«Ok. Andiamo. Credo ti sia messa abbastanza in ridicolo per oggi» le dico, scendendo dal mio sgabello ed afferrandola per un braccio.
«Lasciami stare. Voi uomini siete tutti uguali. Vi prendete tutto di me e poi mi lasciate per tornare alle vostre vite che, evidentemente, non contemplano minimamente la mia presenza» ribatte acida.
«Mi pare di essere stato abbastanza chiaro con te fin dalla prima volta. Io non sono fatto per le relazioni fisse e monogame. Cazzo ho solo sedici anni, voglio godermi la vita e spassarmela. Che male faccio, in fin dei conti?» dico.
«Fai male a me, perché io mi sono innamorata di te ed oggi l'ho detto anche ad Elliot» dice ridendo talmente forte da far trasalire persino gli altri clienti di quel posto.
Cosa cazzo ha fatto sta scema?
Mi metto due dita alla radice del naso e chiudo gli occhi inspirando a fondo e cercando di trovare la calma.
«Io, non ti amo, Giorgia. Non credo che amerò mai nessuno nella mia vita. Sono fatto così. Prendere o lasciare» le dico aprendo le braccia come per mostrarmi meglio a lei.
Giorgia scende dal suo sgabello ed inizia a battere i suoi pugni contro il mio petto.
«Sei solo un bastardo! Ti odio!» urla fra le lacrime.
Le afferro i polsi e l'abbraccio sperando che si calmi ed anche perché voglio davvero uscire da questo postaccio vista la gente che lo frequenta.
La sento affondare il viso nel mio petto e così la trascino fuori di li.
Si stacca da me e mi guarda.
«Davvero non provi niente per me?» mi chiede con la voce rotta dal pianto.
«No. Mi dispiace e forse hai ragione quando mi chiami bastardo, perché credo di esserlo» ammetto frustrato.
«Non ci rivedremo più allora?» mi chiede affranta.
«Credo sia meglio così. Ma davvero l'hai detto al tuo fidanzato?» le chiedo improvvisamente terrorizzato.
«Certo che no. Altrimenti avrebbe messo a ferro e fuoco tutta la città e ti avrebbe ucciso, stanne certo» dice sorridendo più calma.
«Cosa farai ora? Pensi di dirglielo?» continuo un po' più rilassato.
«No. Tra un mese partirà e forse questa distanza farà bene ad entrambi per capire quali siano i nostri reali sentimenti» dice chinando il capo e fissandosi i piedi.
Le tiro su la testa prendendole il mento tra le dita.
Vedo nei suoi occhi un'infinita tristezza che mi colpisce ma non posso cedere, questa storia deve finire.
«É stato bello» le dico.
«Anche per me» risponde lei accennando un sorriso tirato.
L'accompagno a casa e ci salutiamo con un casto bacio.
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[IN REVISIONE] A midsummer night's dream (The Seasons Saga)
Romance"Io mi chiamo Amelia. Amelia Clayton. Ho sedici anni e sto terminando la terza liceo presso la Roosvelt High School di Seattle. Non c'è molto da dire su di me. Davvero. Lo giuro. Allora mi chiederete perché abbia deciso di cimentarmi nella scrittura...