È sudata o forse è talmente eccitata che il suo corpo e la sua biancheria non sono più in grado di contenere i suoi umori.
Tiene lo sguardo chino, è mansueta, dimessa, quasi impaurita come se temesse il mio prossimo gesto.
I palmi delle mani sono rivolti in alto accanto alle sue cosce ed i dorsi giacciono sul freddo marmo del pavimento. I capelli corvini scendono in morbide ciocche sulle spalle e disegnano il contorno dei seni che sono strizzati nel bustino nero di seta e pizzo, stretto sul di dietro da una sequenza di intrecci di sottili strisce anch'esse in seta nera.
Il suo respiro ha ripreso ad essere affannoso, ne riesco ad udire il sibilo, così decido di prolungare quella lenta agonia che riduce i nostri respiri in spasmi e le nostre membra in pire accese, rendendo più lento, quasi a livelli disumani, quel mio gesto, portandola all'esasperazione, proprio come ha fatto poco prima con me.
Sfilo la cintura dai passanti, avendo cura di dare la giusta importanza a ciascuno di essi, soffermandomici su qualche istante prima di passare al prossimo.
Quando finalmente, giungo all'ultimo passante lei è persa, lo vedo dal sudore che gronda dalla sua fronte e dall'acqua mista ad umori che scivola lungo la pelle nel solco tra le sue gambe.
Il mio sesso, a quella vista, di rimando, si mette sull'attenti.
«Dammi i polsi» le ordino e lei asseconda la mia volontà senza perdere un solo instante.
Faccio schioccare la cinta sul pavimento imitando il suo gesto di poco prima, ed il riverbero riempie le pareti della stanza facendola sobbalzare.
Subito dopo le afferro i polsi e li stringo nella morsa della cintura avendo cura che non possa liberarsi se non con il mio aiuto.
«Alzati» le intimo assumendo un tono sempre più distaccato.
Mi sto talmente immedesimando nella parte che mi sembra di che la mente sia totalmente staccata dal corpo che agisce di propria volontà.
Il cuore pompa talmente velocemente che il rumore mi riempie le orecchie, gli occhi bruciano, la bocca è secca, le mani sudate ed il mio sesso spinge sofferente contro la stoffa dura dei jeans.
La strattono per farla muovere più velocemente e lei incespica nei suoi stessi piedi ancora cinti nelle scarpe con i tacchi vertiginosi.
Alzo velocemente la cinta e lei resta penzoloni con le braccia alzate e la schiena incurvata mostrandomi l'accesso alle sue natiche ora esposte.
«Alzati ho detto» le intimo e lei, a fatica, e facendo leva sulla cintura che afferra tra le mani unite, si rimette in piedi, ritornando a fissare il pavimento.
«Scusa, padrone, prometto che farò più attenzione» sibila con la voce contrita come se stesse per mettersi a piangere.
Finalmente raggiungiamo il letto e posso legare l'altra estremità della corda ad una delle colonnine di legno dalle quali cadono i drappeggi rossi.
Mi avvicino a lei e le giro intorno soffermandosi alle sue spalle, poi, con un gesto felino, le afferro i fianchi con entrambe le mani ed attiro il suo sedere contro di me, costringendola ad inarcare nuovamente la schiena e chinare il capo che ora è perso nello spazio tra le braccia tese davanti a lei.
«Brava, bambina. Ora apri bene le gambe».
Veronique, senza esitazione fa ciò che le ho appena ordinato.
Dal pizzo nero che le ricopre leggermente le natiche scorgo la prima apertura nella quale il tessuto s'incarna, segnandone maggiormente la cavità.
Mi avvicino di più e con l'indice agganciato a mo di uncino le sollevo quel lembo di stoffa tirandolo sempre di più verso di me, finché non lo vedo conficcarsi nella carne tra le due labbra facendole scappare un gemito.
Tiro ancora finché il pizzo non si lacera facendo cadere quel fazzoletto di stoffa ai suoi piedi e lasciando alla vista dei miei occhi il suo sesso pronto ad essere attaccato da me.
Ansima e quel suono mi manda in estasi. Subito afferro la bustina argenta del profilattico che ho nella tasca dei jeans e poi sfilo questi ed i boxer, calciando via tutto.
Improvvisamente il contatto con l'aria mi manda scosse quasi impercettibili che dalla punta del glande si diramano in ogni fibra del mio essere.
Con la bustina tra i denti, allungo la mano contro il suo grembo ed afferro con il pollice e l'indice il piccolo nodo di pelle all'inizio delle grandi labbra e lo strizzo facendole scappare un piccolo urlo e trasformando i suoi gemiti in lamenti via via più potenti.
Mi fermo un istante, giusto il tempo di sfilare il profilattico dal suo involucro e srotolarlo su tutta la lunghezza del mio sesso.
Torno a stuzzicare con le dita il suo clitoride disegnando piccoli cerchi e poi faccio scivolare indice e medio dentro di lei per saggiarne l'apertura.
È fradicia al punto che sento grondare il suo umore sulla dalle dita fino al dorso della mano. Geme sempre più forte e violentemente le gambe si stringono intorno a me, così che mi trovo costretto a tenerle aperte a forza mettendo una mia gamba tra le sue e spingendo finalmente il mio sesso nell'incavo tra le natiche.
È stretta ma non troppo e sembra abituata a ricevere questo tipo di attenzioni al suo di dietro. Continuo però a beccare il clitoride dopo aver fatto scivolare la mia mano sul davanti. Sento dapprima la morbida peluria che mi solletica il palmo e poi finalmente il mio obiettivo più nascosto rispetto a prima, visto che riuscivo a vederlo da dietro.
Veronique si dimena ed afferra la parte della cintura sopra i suoi polsi aggrappandovisi come se fosse la sua unica ragione di vita. Le sue spalle, piccole si contorcono insieme a tutta la schiena che si snoda in un movimento simile a quello dei serpenti.
Entro sempre più a fondo e sento montare il piacere che mi afferra le gambe ed irrigidisce i miei arti. Stritolo le sue labbra e le torturo con vortici che la fanno annaspare nel suo stesso desiderio.
È gonfia, turgida, bagnata, ansimante.
Urla e mi trascina nel suo piacere, nel suo groviglio di membra unite alle mie in un'unica figura come le pieghe di una quercia che si staglia dal terreno e svetta verso l'alto con i suoi rami annodati.
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[IN REVISIONE] A midsummer night's dream (The Seasons Saga)
Romansa"Io mi chiamo Amelia. Amelia Clayton. Ho sedici anni e sto terminando la terza liceo presso la Roosvelt High School di Seattle. Non c'è molto da dire su di me. Davvero. Lo giuro. Allora mi chiederete perché abbia deciso di cimentarmi nella scrittura...