Matt
Quella prima volta strappata alle lacrime, al dolore di cui io stesso ne sono stato la causa, è stata una catarsi dei sensi. Svuotato da ogni emozione malevola verso la mia stessa esistenza, mi sono finalmente abbandonato alla vita.
In mio patto col diavolo fu chiaro: non avrei mai più sofferto, poiché avevo abbondantemente saldato il mio debito, avrei finanche potuto trarre una qualche sorta di piacere malato da questo mio stile di vita ma, mai nessuna donna, spontaneamente sottomessa a me, avrebbe dovuto toccare corde più profonde o sfiorare la mia anima impura.
L'amore non era contemplato. A nessuna avrei concesso la chiave di quella cintura di castità in cui avevo rinchiuso il mio cuore, privandolo per sempre, dei sentimenti che i comuni mortali associano a quella parola tanto carica di aspettative.
Le relazioni dovevano essere scandite da patti, per lo più verbali, fatti di promesse date sulla parola, regole iscritte nella mente e rievocate, qualora necessario, dallo schiocco della frusta o di una verga, tanto potente quanto fosse stata grave la dimenticanza e la reticenza dimostrata nel ricordarle. A questo modo la memoria veniva temporaneamente soppiantata dalle striature rossastre lasciate sulla pelle delle natiche o delle cosce della malcapitata.
Non torture disumane, niente che fosse eccessivo o crudele. Ogni sottomessa manteneva inviolata la propria identità di essere umano, anche durante le punizioni. Il castigo terminava sacralizzato da fiumi di umori che servivano a nutrire il mio ego facendomi sentire appagato a livelli tali da spingermi a concedere orgasmi dal sapore agrodolce. Non avveniva alcun contatto diretto tra i sessi ma solo un reciproco scambio di "favori o servizi", che dir si voglia.
Le donne, dopo la punizione, erano invitate a soddisfare il loro padrone con qualsiasi "attenzione" ritenessero opportuna al raggiungimento del fine. Se si fossero dimostrate soddisfacenti, avrei potuto ricambiare usando su di loro uno strumento a piacere come un dildo o altri giocattoli ma, anche le mie dita ed, infine, ma solo per le più valenti, era rivolto l'onore di ricevere un amplesso procurato dalla mia lingua.
Questo ero finché lei non ha sgretolato questo fragile ed opaco mondo fatto di perversione e facile compiacimento della carne.
Lei ha gremito, quasi con prepotenza, ogni mia più cupa fantasia, il solo pensare di toccare quella pelle diafana, imprimere il mio segno fin dentro la sua anima carica di dolore, pensare di decidere per lei, controllarne la volontà, costringendola a guardare il mondo con occhi da dea e non di schiava delle emozioni e delle reazioni altrui, mi ha reso folle, impaziente, ansioso.
L' ho sognata in quella stanza dove mi è stata data un'altra nascita spirituale, cinta nei vestiti della sottomessa, con lo sguardo fisso sul pavimento, inginocchiata davanti a me, in attesa dei miei ordini, mentre il mondo concupiscente, voltava lo sguardo altrove e la notte calava il suo velo d'oscurità, celando i sospiri ed i gemiti, assieme alle immagini di corpi intrecciati, aggrovigliati.
Sottomessa alla vita che altri hanno disegnato per lei, pianura rigogliosa aggredita da colonizzatori senza scrupoli, che ne hanno definito i confini e le regole senza tenerne conto della storia. Isola in mezzo al caos.
Albero della sapienza nell'Eden fittizio di una società marcia che puzza d'asfalto, cemento e viltà.
Donna di guerra, speranza degli eroi. Il suo profumo evoca in me ricordi di promesse spezzate, latte per gli infanti, essenza di vita.
Ho smarrito me stesso nella vana ricerca del motivo di tanto scompiglio nella mia scellerata vita.
Era pronta la via della disciplina, gli strumenti erano stati già lucidati ed impazienti di farle saggiare il sapore dell'essere piegata e poi resa perfetta. Doveva essere la mia tela da ridisegnare, avevo pronta la base sulla quale ogni pennellata avrebbe scandito ciascuna regola rendendola l'opera più magnificente.
Ma il mondo, il mio mondo, s'è trovato rovesciato, piegato, esso stesso, al suo volere, al suo potere che mi lascia stordito, ubriaco, incapace di pensare razionalmente. E questa nostra prima volta, tanto carnale quanto passionale, profonda, pura, disarmante, ha sbattuto la porta in faccia a tutto un manuale di leggi e regolamenti che servono a sopravvivere poiché di sesso doveva trattarsi.
L'amore è una malattia che deturpa lo spirito, svilisce la mente più brillante ed asserve ogni vittima, spezzandone la volontà.
Ti avrei tirata fuori da questa merda, sarei stato il tuo cavaliere oscuro ma ne hai svilito la figura, il fine ultimo, annientando il mio intento e rendendo ogni mio respiro di vita simbiotico al tuo.
Ed ora i tuoi gemiti spaccano l'armatura del mio cuore denudandomi e sottoponendomi, in tutta la mia debolezza di uomo alla gogna pubblica di questo sentimento a me sconosciuto.
Non so se d'amore si tratta, ma sento la sua potenza serrarmi la gola come la mano di un ladro che brama il suo bottino.
Il dolore che provoca è parte di esso, ora lo so, e serve a farci sentire vivi e non semplici scatole incolore.
Non so cosa sia questo sentimento, questa miscellanea di emozioni che mi rivoltano le budella, forse è il preludio di ciò che potrà essere o diventare, e sento il petto scoppiare per la felicità, esplodendo in un orgasmo sensoriale che lascia svuotati e ricchi al tempo stesso.
Non sarai la mia sottomessa ma la padrona di quello che un tempo si chiamava cuore e che non è solo l'organo che pompa sangue al mio corpo ma, qualcosa di vitale per l'intera esistenza.
Eppure sento questo patto inespresso tra noi, suggellato da un bacio dopo il trambusto dei corpi, in cui io ti aiuterò a vedere la vita con altri occhi e tu mi insegnerai ad amare, come un proiettile puntato al petto. Sento lo sterno bruciare ed infiammare il mio corpo.
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[IN REVISIONE] A midsummer night's dream (The Seasons Saga)
Romance"Io mi chiamo Amelia. Amelia Clayton. Ho sedici anni e sto terminando la terza liceo presso la Roosvelt High School di Seattle. Non c'è molto da dire su di me. Davvero. Lo giuro. Allora mi chiederete perché abbia deciso di cimentarmi nella scrittura...