«Non voglio avere più nulla a che fare con nessuno di voi due. Se è te che vuole allora puoi farmi un grande piacere» dico mentre la mia voce si fa tremante.
«Cosa?» chiede supplico.
«Va da lei, dille che ti dispiace e che vuoi che torniate insieme. In fin dei conti siete fatti della stessa pasta. Forse allora mi lascerà in pace. Ho ancora due anni da fare in questo schifo e vorrei terminare i miei studi in santa pace» proferisco esausta.
«Ma io non la amo. Come potrei? Soprattutto, dopo tutto quello che ti ha fatto. Io...» si interrompe chinando il capo come se si vergognasse «non so cosa ti abbiano detto e, sinceramente, credo non abbia più molta importanza ma, ci tengo a te e... » scuote il capo come se fosse conscio del fatto che, qualsiasi giustificazione possa darmi, in merito agli eventi di quella dannata sera del ballo, non saranno minimamente sufficienti a lenire il mio dolore, né a fargli riguadagnare un minimo di credibilità ai miei occhi. Sembra esasperato quasi quanto me.
«Non sei quello che vorresti tutti credessero. Sei una persona orribile, malata, egoista, insana. C'è qualcosa di perverso nel tuo modo di rapportarti all'altro sesso. In questo anno ho imparato a conoscerti meglio di quan
Al termine della lezione mi avvio verso il mio armadietto, quando avverto una strana sensazione. Mi sento osservata e non con il solito fare cospiratorio ma sembrano tutti più che altro in attesa, immobili come se aspettassero che io faccia qualcosa in particolare.
Li guardo tutti, ad uno ad uno, poi mi avvicino al mio armadietto e faccio per aprirlo, giro lentamente la serratura quando sento due mani prendermi per i fianchi e trascinarmi all'indietro.
«No, Amelia. Non farlo!» grida una voce familiare alle mie spalle.
Resto però attaccata con la mano alla maniglia dell'armadietto che si apre facendo cadere sul pavimento una montagna di carta igienica srotolata e piena di una poltiglia appiccicosa che sembra essere miele.
Oh. Mio. Dio. Resto a guardare con orrore quel disastro che fuoriesce dal mio armadietto e non riesco a muovermi.
«Amy. Stai bene?» sento mio fratello Elliot che, staccatosi da me, ora mi è proprio di fronte. Ha gli occhi sbarrati e mi fissa come se avesse di fronte un alieno. Non riesco a capire l'emozione che traspare dal suo volto mi pare un misto di terrore ed apprensione.
Lo guardo e poi torno a fissare il mio armadietto inorridita.
«Elliot» balbetto e sento le lacrime riaffacciarsi prepotentemente e diventa sempre più difficile non lasciarmi andare ad uno sfogo naturale.
«Ovviamente, nessuno di voi cacasotto ha visto niente, vero?» ringhia Elliot fissando torvo i ragazzi che ci circondano.
«Ve la prendete con chi è più debole perché è un bersaglio facile ma siete solo dei vigliacchi e delle fighette del cazzo. So chi è stato, non vi preoccupate, e sta per avere ciò che merita una volta e per tutte» continua infuriato mentre mi tiene stretta per un braccio.
Barcollo mentre mi avvicino nuovamente al mio armadietto. Le tempie mi pulsano forte fino quasi a stordirmi, la voce di mio fratello sembra così lontana, ovattata. Non riesco a porre la mia attenzione su null'altro che non sia il mio dannatissimo armadietto. Per fortuna dentro avevo solo qualche quaderno ed i libri per la giornata. Ok, non c'è molto di cui rallegrarsi ma, quantomeno, posso sfruttare quella serpe di Giorgia per seguire le prossime lezioni.
«Amelia, non ti preoccupare, ora chiamo qualcuno per aiutarti a recuperare le tue cose che sono ancora li dentro e poi provvederanno a pulire per bene. Io devo occuparmi di questa faccenda una volta e per sempre» dice guardandomi e nel suo sguardo colgo una luce che mi fa paura.
Mi da un bacio sulla fronte e parte alla carica.
«Amelia. Che cazzo è successo?» dice James avvicinandosi a me.
Lo scanso e mi chino a raccogliere i libri che ho gettato in terra. Subito si accovaccia per aiutarmi.
«Lascia stare, faccio da me» rispondo senza guardarlo, strappandogli dalle mani un mio quaderno.
«Smettila! Basta per favore! Per quanto ancora potrai sopportare questa situazione? È a me che dovrebbe farla pagare e non a te che sei solo stata una vittima» mi urla prendendomi improvvisamente tra le braccia e costringendomi a guardarlo negli occhi.
to non avessi fatto allora ed ho visto come tratti le altre ragazze. Presto o tardi sarebbe capitato anche a me, ne sono certa. Tu speri che le tue vittime soccombano a tal punto da non avere più il coraggio nemmeno di guardarsi allo specchio. Nessuno potrà togliermi dalla testa che, non sia stata esclusivamente un'idea di Megan ma un'aberrazione mentale di entrambi. Ricordo poco di quella notte, purtroppo, ma avrei dovuto, comunque, denunciarti tempo fa, forse ora saresti in riformatorio e saprebbero li come raddrizzarti. Invece sei a piede libero, in agguato, pronto a divorare la tua prossima vittima. Ti odio James McDowell. Ti odio e ti odierò finché avrò vita, perché è l'unica cosa che posso fare per farti soffrire almeno un decimo di quanto tu hai fatto del male a me. Stammi alla larga o prenderò provvedimenti più seri» lo minaccio.
Il suo sguardo si fa cupo, ha gli occhi bassi, non dice nulla e, silenzioso, si volta e va via.
Sento le lacrime soffocarmi ma non c'è tempo per lasciarsi andare, perché devo evitare che mio fratello commetta qualche imprudenza che lo metta nei guai.
Vado dritta verso la palestra dove so che si trova Megan e so anche che mio fratello sta puntando dritto verso di lei.
Mi fermo dietro la porta a battenti ed osservo dalle piccole finestrelle di vetro ciò che accade la dentro, sperando di sentire qualcosa ma niente.
Vedo Elliot che discute animatamente con Megan. Lei lo guarda con il suo solito piglio che trasuda arroganza e spocchia ovunque.
Elliot sembra esasperato. Penso che se, non si trattasse di una donna, l'avrebbe già messa ko con una buona dose di pugni.
Improvvisamente lo vedo allontanarsi e puntare verso la porta d'ingresso dove sono io, così mi sposto e mi nascondo nell'unico posto possibile, lo sgabuzzino che è proprio lì di fianco.
Tengo socchiusa la porta per veder passare Elliot ma, prima di uscire dal mio nascondiglio vedo, dopo qualche istante, uscire Megan che, invece, sosta proprio li davanti.
La vedo prendere il suo cellulare e digitare un numero.
Qualcuno risponde dall'altra parte.
«Ho bisogno di un favore. Domenica mattina devi sistemare il quarterback della nostra squadra. Fai un bel lavoro perché deve perdersi il fine stagione e compromettere la sua futura carriera» dice con voce sommessa Megan.
Sgrano gli occhi shoccata. Cosa vuole fare a mio fratello? Devo fermarla subito.
Apro la porta dello sgabuzzino e mi avvento su di lei facendole volare il cellulare dalla mano.
Inizio a tirarle la lunga coda bionda e poi le graffio la faccia cercando di assestarle qualche altro buon colpo.
Dopo la sorpresa iniziale anche Megan passa all'attacco mettendo a segno qualche pugno nelle mie costole ed uno nella pancia.
Ahia. Che stronza.
Ma qualcosa in me è scattato e sono una furia, penso che potrei anche ucciderla se non fossimo divise da qualcuno che, improvvisamente, si avventa su di noi, staccandoci.
«Basta voi due. Adesso andrete dritte dal preside Wilson» dice uno degli inservienti.
Megan mi sputa addosso mentre viene trascinata via da un altro uomo.
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[IN REVISIONE] A midsummer night's dream (The Seasons Saga)
Romans"Io mi chiamo Amelia. Amelia Clayton. Ho sedici anni e sto terminando la terza liceo presso la Roosvelt High School di Seattle. Non c'è molto da dire su di me. Davvero. Lo giuro. Allora mi chiederete perché abbia deciso di cimentarmi nella scrittura...