Capitolo 8. Victoria's Secret

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"Questa carbonara è spettacolare" ammisi estasiata, finendo, a malincuore, di mangiare la mia ultima forchettata di spaghetti.

"Aspetta, ripetilo che questa volta ti registro"

Vidi Noah sorridere sornione di fronte a me, mentre, con il gomito poggiato sul tavolo ed il mento sostenuto dal palmo della sua mano, mi guardava con aria vittoriosa.

"Questa soddisfazione non te la darò" replicai, sorridendo a mia volta "E comunque, io non mento mai e so riconoscere un buon piatto, soprattutto se è italiano"

Ero consapevole che quella frecciatina sulle bugie sarebbe stato in grado di coglierla solamente lui, e, infatti, lo vidi accigliarsi per qualche istante nel vedermi rinfacciargli, per l'ennesima volta, quel piccolo segreto che ci aveva uniti fin dall'inizio.

"Quindi sei davvero italiana?" azzardò Clarisse, guardandomi di sbieco.

"Mia madre è italiana, mio padre è di puro sangue inglese" abbozzai un sorriso, leggermente a disagio nell'accorgermi di tutti i loro occhi puntati su di me "Ho vissuto in Italia fino ai sedici anni, poi ci siamo tutti trasferiti a Londra"

"Ma scusate" domandai, improvvisamente confusa "Come facevate a sapere le mie origini?"

"Questo pomeriggio Noah l'ha passato a farsi venire le crisi" intervenne Dylan, incurante dei tentativi di Noah nel cercare di coprirgli la bocca.

"Quanto sei esagerato" replicò Centineo, facendomi segno di non dargli ascolto.

"Il tuo nome, come quello di tua sorella, erano troppo strani persino per una famiglia inglese" continuò imperterrito Dylan e, nell'udire quella rivelazione, sgranai gli occhi per la sorpresa.

"Hai cercato informazioni sul mio nome, solamente per scoprire quali origini avessi e, di conseguenza, trovare un piatto che sapevi mi sarebbe piaciuto?" questa volta mi rivolsi direttamente a Noah in un sussurro, mi ero leggermente protesa sul tavolo, verso di lui, consapevole che sarebbe stato l'unico in grado di udirmi.

Nessuno era mai andato oltre al mio nome, persino Ellioth continuava a chiamarmi Elis con il suo forte accento inglese, nonostante fossi stata io stessa a spiegargli che non era in quel modo che il mio nome doveva essere pronunciato.

"Adesso, però, non vantarti troppo" mi ammonì il frontman, con uno sbuffo che mi fece sorridere.

"Grazie Noah" notai l'espressione sul suo viso addolcirsi, come se quelle parole fossero bastate a ripagare il pomeriggio passato tra i fornelli "Nessun americano e nessun inglese aveva mai cucinato italiano per me"

Il sorriso sulle sue labbra divenne più ampio, mentre il resto della band continuava a parlottare tra loro, richiedendo il bis più e più volte a Noah, che fu costretto a mettere nuovamente sul fuoco la pentola per accontentare le richieste di tutti.

Questa volta lo seguii in cucina, lasciando a tavola Clarisse, Dylan e Omar intenti a discutere su quale modella di Victoria's Secret avesse il fondoschiena migliore.

Tra le pareti beige della cucina, l'odore del guanciale lo si percepiva in maniera più forte ed incisiva rispetto al salone, dove l'odore si era affievolito una volta che i piatti erano rimasti vuoti.

Mi guardai intorno, sinceramente affascinata dalla modernità di quella cucina, dal tavolo alto in marmo attorno al quale erano stati disposti degli sgabelli da bar, alla mensola sulla quale erano state sistemate in perfetto ordine una trentina di bottiglie di champagne dal costo esagerato.

Noah aveva indossato un grembiule rosso per evitare di sporcarsi la camicia bianca.

Non riuscivo a distogliere l'attenzione dai suoi movimenti accurati e ben calcolati in ogni minimo gesto mentre, con accurata precisione, pesava gli spaghetti sulla bilancia, in attesa che l'acqua nella pentola cominciasse a bollire.

Countdown || Noah CentineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora