Capitolo 27. Paraculo

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"Tesoro, puoi prendermi le stiletto nella cabina armadio? Appena entri sulla parete a destra, le vedi subito"

Mamma indicò con un dito il fondo della camera da letto, dove la porta della cabina armadio era leggermente socchiusa, mentre, posizionata davanti allo specchio, continuava ad assicurarsi, ormai da più di dieci minuti, che i suoi capelli color oro raccolti in un elegante ed elaborato chignon a banana non cedessero in alcun punto.

Non riuscii neanche a fare un solo passo che bloccò ogni mio movimento con il suo braccio, sorridendomi melliflua.

"Non fa niente, vado io! Credo prenderò le decolletè, quelle color petrolio, così si abbinano all'abito" affermò decisa, mentre spariva dalla mia vista, oltrepassando la soglia della porta.

"Cosa ne pensi?"

Ritornò da me pochi minuti dopo, munita di entrambe le scarpe strette tra le sue mani, da una parte le stiletto, dall'altro le decolletè.

Non aveva davvero bisogno di un mio consiglio, mia madre era la persona più autonoma ed indecisa che conoscessi.

Poteva ascoltare l'opinione di qualsiasi persona illustre e prestigiosa per ore intere, ma, alla fine, avrebbe sempre scelto con la sua testa, nessuno sarebbe stato in grado di manipolarla.

"Perchè non vai con le infradito? Il vestito è lungo, non si vedrebbero neanche" feci spallucce, sopprimendo una risata nel vedere mia madre scoccarmi un'occhiataccia inorridita.

"Ho saputo che Mary e Peter Sharman verranno alla festa questa sera" si schiarì la gola lei, scrutandomi imperterrita mentre fingeva di lisciarsi pieghe inesistenti del suo bellissimo abito in taffetà firmato Dior "Secondo te riuscirà ad esserci anche Ellioth?"

Erano passate quattro settimane dal mio ritorno a Londra, e mia madre continuava a non capacitarsi della fine della relazione tra me ed Ellioth, convinta che io fossi stata troppo rigida nei suoi confronti e che abbia agito da sciocca nel farmelo scappare, quando, in verità, era stato proprio lui a scappare da me.

"Lo spero tanto! Così potrò inginocchiarmi ai suoi piedi per implorarlo di perdonarmi e riprendermi con sè" affermai ironica, alzando gli occhi al cielo sotto lo sguardo sconcertato di mia madre.

"Mi chiedo sempre da chi tu abbia ereditato questo piccato senso dell'umorismo, Alice" sbuffò lei, raggiungendomi, esausta, per sfiorare con il pollice il mio mento, dove parte del rossetto sbavato si era depositato.

"Di sicuro non dalla tua famiglia, Bianca" intervenne papà, sorridendo mesto mentre ci guardava con un sorriso divertito, appoggiato allo stipite della camera da letto.

Indossava uno smoking blu notte, in perfetto sincrono con le sue iridi luminose ed il suo fisico longilineo.

"Su questo non avevo dubbi, Andy" lo fulminò a sua volta mamma, non riuscendo a trattenere un sorriso sulle sue labbra scarlatte mentre lui le si avvicinava con studiata lentezza.

Le prese la mano con dolcezza e se la portò sulla guancia, senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi scuri di lei, incastonati nei suoi, color zaffiro.

"Ah, le mie donne. Questa sera credo proprio che dovrò tenervi d'occhio più del solito" borbottò, sfiorandosi il mento ed attirandomi a sè.

Profumava di caffè e di fiori selvatici, di quelli piccoli e colorati che crescevano spontanei tra le crepe del marciapiede, anche durante la stagione più avversa.

Era un profumo solamente suo, era il profumo della sua pelle.

"Smettila di dire sciocchezze e andiamo, siamo già in ritardo" lo ammonì mamma, afferrando il suo braccio, mentre con la mano libera prendeva la sua pochette.

Countdown || Noah CentineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora