Capitolo 40. Pericolo

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Avrei voluto che Noah mi tenesse per mano per sempre.

Le sue dita calde erano un vero toccasana per le mie mani perennemente ghiacciate, e quando, una volta risaliti in superficie dopo esserci lasciati alle spalle la metro, Noah abbandonò la presa della mia mano, continuando a camminare davanti a me da solo, lasciandomi indietro, un tonfo fece sprofondare il mio cuore nella cassa toracica.

Puntai i piedi e terra e boccheggiai, presa alla sprovvista.

"Noah!" urlai, con voce gracchiante, ma lui sembrò ignorarmi di sua spontanea volontà.

Continuava a camminare imperterrito lungo il viale deserto e mi ritrovai a rincorrerlo, pur di non perderlo di nuovo.

Gli afferrai il braccio e lo costrinsi a fermarsi, bloccandogli la strada e posizionandomi di fronte a lui.

Faceva di tutto pur di non guardarmi, le sue sopracciglia erano incurvate, le labbra arricciate e strette in una linea dura, i suoi occhi cupi erano fissi su qualsiasi cosa che non fossi io.

Mi sentii ferita e senza pensarci mi alzai sulle punte per posare le mie mani sulle sue guance, obbligandolo a concentrarsi solamente su di me.

Il suo sguardo pieno di rancore fu come un taglio freddo su una ferita non ancora cicatrizzata.

Vacillai, ma non lasciai mai andare la mia presa sulla sua pelle.

"Che succede?" bisbigliai, squadrando i suoi lineamenti, alla ricerca del motivo di quel repentino cambiamento d'umore.

"Niente, domani parto" sbottò, scrollandosi di dosso la mia presa con freddezza, come se la mia presenza lo infastidisse a tal punto da volermi cacciare definitivamente dalla sua vita.

"Te ne vai?" domandai senza fiato, percepivo tutte le mie forze cominciare a venir meno "Di già?"

"Sono stato anche troppo tempo qui"

"Ma che stai dicendo?" bloccai il suo tentativo di oltrepassarmi afferrandogli le spalle e obbligandolo a rimanere fermo.

In tutta risposta sbuffò infastidito.

"Non sono venuto fino a Londra per vederti tornare tra le braccia di quel coglione, Alice. Sono venuto per te, perchè stavi male. Ma è evidente che adesso stai più che bene" sputò acido, riprendendo a camminare dopo avermi lanciato un'occhiataccia ricca di astio.

"Non sono corsa tra le braccia di Ellioth" urlai, offesa per la sua mancanza di fiducia.

Era evidente che non aveva assistito a tutta la conversazione che avevamo avuto, e non capivo perchè, invece di arrabbiarsi e voltarmi le spalle, non provava a chiedermi direttamente cosa fosse successo in sua assenza.

"Non prendermi in giro, so quello che ho visto" assottigliò lo sguardo e incrociò le braccia al petto, era sulla difensiva.

"Abbiamo solamente parlato, Noah! Cosa avrei dovuto fare? Cacciarlo?" gesticolai, ormai senza più freni, percepivo il mio volto accaldato e, d'un tratto, le basse temperature di Londra quella notte passarono in secondo piano.

"Non me la sto prendendo con te, Alice" sospirò Noah, inchiodandomi con le sue iridi verde petrolio, talmente scure e profonde che percepii il mio equilibrio vacillare "Lo capisco, avete passato insieme tanti anni ed è evidente che non sei ancora pronta per voltare pagina" alzò le spalle, rassegnato, e fece un passo nella mia direzione fino ad azzerare qualsiasi distanza.

I nostri petti aderirono l'un l'altro e alzò un braccio fino a far sfiorare il dorso della sua mano con la mia guancia.

Mi lasciò un carezza sul volto e quando tornò a privarmi del suo tocco sulla mia pelle percepii tutto il freddo gelido di quella notte attraversarmi le ossa.

Countdown || Noah CentineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora