Capitolo 33. Papà

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"Alice, perchè non vai a svegliare Noah, così fate colazione e poi- Oddio, scusate ragazzi, non pensavo di trovarvi entrambi qui"

Mamma, come ogni mattina, aveva spalancato la porta della mia camera, senza bussare e senza avvisare.

Aprii pigramente un occhio, giusto in tempo per osservare mia madre a pochi passi dal mio letto, con le labbra schiuse per la sorpresa ed il suo sguardo che vagava sul mio letto.

All'inizio non capii quella sua reazione. 

Forse mi ero addormentata vestita, ed il solo pensiero di dovermi subire una ramanzina mattutina da lei mi bastò per richiudere nuovamente gli occhi.

Tuttavia, un movimento sotto il mio braccio ed un intenso calore che si diramava lungo il mio torace, mi costrinse a sollevare le palpebre e a guardare dritto.

Mi trovavo adagiata su un fianco ed il mio petto aderiva alla schiena di Noah, mentre il mio braccio era adagiato sul suo bacino e le nostre gambe erano incastonate tra loro.

Non riuscivo a guardargli il volto, tutto ciò che vedevo erano i suoi capelli disordinati ed il suo petto che si alzava ritmicamente sotto lo sguardo sconcertato di mia madre.

Notai che entrambi indossavamo i vestiti della sera precedente.

Ci eravamo addormentati in camera mia, come diamine era potuto succedere?

Istintivamente ritrassi la mano dal suo corpo ed alzai lo sguardo su mia madre, la quale mi guardava con aria interrogativa e con un sopracciglio alzato.

"Non è successo niente" provai a giustificarmi in un sussurro, con la voce ancora arrochita dal dormiveglia.

"Lo vedo" rispose lei, accennando un sorriso divertito "Ovviamente siete solo amici, no?"

"Ovviamente" bisbigliai, lanciando un'occhiata a Noah per assicurarmi che stesse ancora dormendo.

"Ti do cinque minuti, signorina. Poi ti voglio fuori da quel letto, intesi?" incrociò le braccia al petto e mi ritrovai ad alzare gli occhi al cielo.

Mi limitai ad annuire e, dopo un'ultima eloquente occhiata, uscì dalla mia camera, chiudendosi la porta alle spalle.

Mi passai una mano sul volto e non osai immaginare in quali condizioni fossero i miei capelli.

Ero ad un palmo di distanza da Noah, e la sua nuca profumava di fiori d'arancio.

Involontariamente sorrisi nel constatare che il suo odore aveva impregnato le lenzuola del letto.

Mi sollevai su un braccio per guardarlo meglio e mi soffermai sulle sue labbra schiuse, sul suo respiro cadenzato, sulle lentiggini che risaltavo sul suo viso rilassato.

In quel momento realizzai che nonostante Noah fosse di una bellezza mozzafiato, non erano stati i suoi lineamenti a farmi affezionare a lui.

Eravamo diventati amici senza neanche volerlo, avevo conosciuto il vero Noah, quello che suona nelle metropolitane e che cucina carbonara, prima ancora di sapere chi fosse.

"Stai pensando a come uccidermi?" sussurrò quelle parole mantenendo gli occhi chiusi, e le mie gote si colorarono istantaneamente, mentre realizzavo che Noah mi aveva appena beccata a fissarlo mentre dormiva.

"Una pugnalata andrà più che bene" risposi, ritrovando la mia sfacciataggine e riprendendomi da quel momento di debolezza.

Aprì gli occhi ed incontrai le sue iridi ambrate, ancora più chiare e brillanti perchè illuminate dai flebili raggi solari che si inoltravano attraverso le persiane.

Countdown || Noah CentineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora