Capitolo 22

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Oggi è una di quelle giornate che iniziano e finiscono totalmente nel modo sbagliato.
Quelle giornate in cui il tuo umore è così giù che sembra contagiare tutto il tuo mondo.
Quelle giornate in cui ti svegli e senza un motivo valido diventi una belva.
Quelle giornate in cui i biscotti sono finiti e pertanto vai a scuola quasi a digiuno (tragedia).
Quelle giornate in cui vieni interrogata in tutte le materie senza aver studiato bene il giorno prima.
Quelle giornate in cui la tua compagna di banco è assente per una visita medica.
Quelle giornate in cui ti viene il raffreddore. Quelle giornate in cui il WiFi non funziona.
Quelle giornate in cui la macchinetta si rompe e ti sei dimenticata la merenda a casa (tragedia parte 2).
Quelle giornate in cui un brufolo enorme in fronte ti tramuta in unicorno.
Quelle giornate in cui hai una montagna di compiti, ma tu perdi tempo scrivendo su un quaderno con le farfalle.
Ecco oggi è una di queste giornate. Tra un po' dovrò incontrare Mattia, credo che i compiti non li farò eheheh e speriamo di non essere interrogata anche domani. Vado a prepararmi.

Infilo una maglietta più decente ed esco arrivando presto davanti alla clinica dove si trova la sorella di Mattia.
La struttura sembra curata e pulita, ma un velo di tristezza non la rende accogliente come ogni altra struttura simile. È una clinica specializzata per le persone in depressione o instabili. Un carcere forse non sarebbe tanto diverso.
Mattia mi raggiunge.
<<Ciao>>dico.
<<Ciao. Entriamo? >>
Annuisco poco convinta.
<<Sei sicura di farcela?>> dice guardandomi negli occhi <<non è di certo il posto più felice al mondo.>>
<<Io vengo con te.>>
<<Come vuoi.>>
Percorriamo il vialetto per raggiungere l'ingresso.
<<Sei sicuro che tua sorella sia ancora qui? Sono passati più di sei anni.>>
<<Ne sono certo.>>
La sua mano raggiunge la mia e io gliela stringo per farmi forza. Varchiamo il portone e chiediamo ad una delle infermiere quale sia la camera. Ci conduce fino al piano superiore dove si trovano i malati di depressione non grave.
Non so se sia giusto entrare, dovrebbe essere una cosa tra loro due.
<<Ti aspetto fuori?>>chiedo a Mattia.
<<No, ti prego vieni con me.>>
Al centro della camera candida e pulitissima pervasa dall'odore di disinfettante si trova un letto con sopra una donna che somiglia tantissimo a Mattia a parte per gli occhi marrone cioccolato.
<<Non voglio ricevere visite.>>dice fissando il lenzuolo.
Mattia mi stringe la mano con più vigore e la donna guarda nella nostra direzione più attentamente, guarda suo fratello.
<<Mattia?>>
Lui annuisce pertanto lei salta fuori dal letto e corre ad abbracciarlo, ma Mattia scosta le sue braccia dalla nuca e dice:
<<Dobbiamo parlare.>>
<<Certo, abbiamo tanto da dirci. Siediti.>>
Lui si siede con calma e poi guardandola negli occhi sentenzia:
<<E quindi dopo sei anni sei ancora depressa per quello stronzo.>>
<<Ma cosa ne puoi sapere tu...>>
<<Hai lasciato morire nostra madre per lui. Mi basta sapere questo.>>
<<È per questo che ho detto che tu non sai niente. Di lui non mi è mai importato nulla, forse all'inizio, ma poi avuto altro a cui pensare.>>
<<Vuoi farmi credere di non essere diventata depressa per il suo abbandono e successivamente per il senso di colpa di aver provocato la morte di mamma?>>
<<Era già malata, da prima che cadessi in depressione. Sapeva già che non si sarebbe potuto fare nulla. Io sono caduta in depressione per lei. Perché avevo paura. Avevo paura di non farcela, e infatti non ce l'ho fatta. Come avrei potuto occuparmi di te? Come avremmo fatto a sopravvivere? Come avrei superato il dolore di essere completamente sola, completamente abbandonata a me stessa?>>
<<Insieme, ecco come avremmo fatto.>>
<<Eri solo un bambino.>
<<Forse ero molto meno bambino di te. Hai mai pensato a me? Tutte queste domande erano incentrate su ciò che sarebbe successo a te, ma a me? A me non ci hai mai pensato?>>
<<Mattia ho perso mia madre a vent'anni, mi sembra abbastanza lecito sentirsi soli.>>
<<Io ho perso mia madre e anche una sorella e in più ero un bambino bisognoso d'aiuto, di affetto e di capire e non ho avuto la possibilità di avere nulla di tutto questo.>>
<<Mattia...>>
<<No ora parlo io. Tu non mi hai dato la possibilità di conoscere la verità su mia madre. Mi hai fatto vivere per sei mesi in orfanotrofio e poi in una casa che non era la mia e che in fondo non lo è mai stata. Mi hai lasciato solo con i miei incubi e con il senso di colpa per non aver potuto fare nulla e tu... Tu non ti sei degnata nemmeno di venirmi a trovare una volta. Ti sei dimenticata completamente di avere un cazzo di fratello che ti era stato affidato.>>
<<Ero malata>> urla lei piangendo <<non riuscivo ad uscire dal mio vortice buio perché ero sola. Sola. Nessun affetto. Nessuno che tenesse a me. Nessun motivo per vivere, per andare avanti. Ho pensato anche di farla finita qualche volta, ci ho provato due anni fa, ma mi hanno fermata, da allora le possibilità che mi lascino andare sono pochissime.>>
<<Marina non hai scuse>>
<Ma cosa avrei dovuto fare?
<<Reagire>> urla Mattia ormai completamente rosso dalla rabbia <<Farti forza! Cosa penserebbe mamma se ti vedesse ora? Le faresti pena. Sei incapace persino di occuparti di te stessa. Anche io ero solo, anche io ho perso la mia famiglia. Non avevo nessuno che tenesse a me e i miei amici erano in realtà solo dei conoscenti di cui non mi importava nulla e molto probabilmente anche loro non tenevano davvero a me, ma ho reagito. Ho continuato a lottare perché meritavo di vivere, meritavo di andare avanti per la mia strada.>>
<<Io non sono forte come la mamma.>>
<<La mamma non era forte.>>
<<La mamma era molto più forte di quanto tu credessi. La mamma ha nascosto la malattia fino all'ultimo per non farti stare male. La mamma ha pensato a noi fino alla fine. La mamma è morta contenta anche se nell'ultimo periodo vivevamo come cani, perché lei riusciva a vedere il lato positivo in tutto e a lei la sua vita era piaciuta.>>
<<Come le sai queste cose?>>
<<Le ha scritte nella lettera che mi ha dato prima di morire. Ne ho anche una per te.>>
<<Perchè non me l'hai mai data?>>
<Non potevo. Non posso uscire. Avrei voluto dartela appena fuori da qui, ma non pensavo che ci sarei stata così a lungo.>>
Marina scende dal letto e si dirige verso la cassettiera, tira fuori un cassetto e preleva una scatola.
La apre, ci sono tanti oggetti, foto soprattutto. Li tira fuori tutti e poi porge la lettera a Mattia.
Lui la legge lentamente assaporando ogni parola, sentendo parlare sua madre un'altra volta e i suoi occhi si inondano di lacrime. È la seconda volta che lo vedo piangere, ma ogni volta mi fa uno strano effetto. Non sembra più il Mattia dagli occhi di ghiaccio che si prendeva gioco di ogni ragazza, forse non lo è mai stato.

<<Quanto mi manca.>>
<<Anche a me. Ogni secondo. Ogni ora.>>
Si abbracciano, ma Mattia dopo un po' si ritrae e asciugandosi le lacrime sussurra ridendo:
<<Io pensavo l'avessi fatta morire tu.>>
<<Mamma mi avrebbe aiutata, avrebbe reagito, non come me. Scusami. Scusami davvero.>>
Piangono come due bambini dell'asilo e io continuo a sentirmi a disagio ed esageratamente di troppo in questo momento che dovrebbe essere esclusivamente loro.
Marina improvvisamente alza lo sguardo verso di me, accorgendosi solo ora che ho assistito a tutta la conversazione.
<<E lei chi è?>>
<<Marina ti presento Margherita, è molto importante per me.>>
Mattia mi prende la mano e mi porta verso di lei. Ci presentiamo e chiacchieriamo un po', poi arriva l'ora di andare e le infermiere ci chiedono di uscire dalla stanza.
Attraversiamo l'ospedale e poi ripercorriamo il vialetto.
Mattia mi chiede di sederci su una delle panchine e io accetto. Inizialmente rimane in silenzio, ma poi dice guardandomi negli occhi:
<<Lo pensavo davvero sai.>>
<<Cosa?>>
<<Che sei la persona più importante per me.>>
<<Mattia io...>>dico abbassando lo sguardo.
<<Tu non provi lo stesso vero?>>
Non rispondo
<<Non c'è bisogno che tu dica nulla, so di Alessio>>
<<Cosa c'entra ora Alessio?>>
<<Se si parla di amore e di te allora lui c'entra eccome. Non sono stupido e sono abbastanza maturo da affrontare la situazione. Spero che tu possa essere felice con lui.>>
<<Grazie.>>
Preme le sue labbra sulla mia guancia chiudendo gli occhi con malinconia poi mi prende la mano e dice:
<<Ti prego non mi lasciarmi la mano prima della fine del vialetto.>>
Sorrido e abbasso lo sguardo mentre camminiamo mano nella mano. Arriviamo davanti al cancello.
Lui mi abbraccia e mi sussurra all'orecchio:
<<Sii felice atleta. Sempre.>>
E se ne va.
Rimango lì per un po', devo ancora metabolizzare il tutto, poi vado verso il parchetto qui vicino.
È completamente deserto, stranamente, a parte per due figure che riesco a distinguere.
Una specie di sesto senso mi induce ad avvicinarmi.
Sono un ragazzo e una ragazza. Si baciano.
Il ragazzo è alto più o meno quanto Alessio, è biondo come Alessio, porta la sua maglia.
Il ragazzo è lui e la ragazza è Erica.
Un singhiozzo mi soffoca la gola. Sento come tanti colpi alla cassa toracica e non riesco più a vedere poiché i miei occhi sono annebbiati dalle lacrime. A stento provo ad allontanarmi per non far sentire i miei singhiozzi rumorosi trovando riparo vicino ad un bar chiuso e deserto dove mi rifugio per affogare il mio dolore nelle lacrime. La mia paura più grande è diventata realtà. Sono stata distrutta dal mio difensore.

Spazio autrice
Capitolo col botto! Finalmente Mattia incontra la sorella e poi riceve una devastante friendzone. Ve lo aspettavate?
E cosa ne pensate del bacio di Alessio e di Erica? Cosa pensate che accadrà?

Baci baci 

La vostra fede💕

La danza delle margheriteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora