Capitolo 27

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Pov Alessio
Din din din
<<Dannata sveglia>> dico lanciando il cuscino sul comodino, rompendo quel dannato aggeggio.
<<Ma andiamo!>>dice il mio coinquilino entrando in camera <<Il fatto che ti abbia prestato la mia sveglia non ti autorizza a romperla.>>
<<Dai Filippo te la ricomprerò.>>
<<Forse dovresti smettere di romperne una ad ogni risveglio.>>
<<Forse dovresti tornare in camera tua se non vuoi fare la stessa fine della sveglia.>>
Mi fa il dito medio e chiude la porta. Se qualcuno ci vedesse dall'esterno penserebbe che non ci sopportiamo e invece è il mio migliore amico.
Ci siamo incontrati un anno fa in Francia. Probabilmente ci ha portato a fare amicizia il fatto di essere entrambi italiani. Quando gli ho detto che mi sarebbe piaciuto tornare a Bologna non esagero dicendo che stava già preparando le valigie, ed è stato proprio questo a convincermi ancora di più a venire qui. Mi alzo dal letto svogliatamente e vado davanti alla finestra aprendola per far cambiare l'aria. Mi stupisco vedendo quanti fiori sono sbocciati nei vasi sul balcone. Rose, gerani, tulipani (sì Filippo ha il pollice verde) ma tra tutti questi fiori così vistosi e colorati solo uno attira la mia attenzione, una margheritina piccola e nascosta, che splende in tutta la sua purezza e la sua semplicità.
"<<Ecco qua Margherita tra le margherite!>>
<<Sai io ho sempre visto la margherita come il mio fiore.>>
<<Davvero?>>
<<Sì, non so perché ti dico queste cose. Sono stupidaggini che penso così a caso.>>
<<Mi interessano le tue stupidaggini>>."
In realtà sarebbe stato meglio dire "mi interessi tu" perché avrebbe potuto parlare anche della zuppa di fave, l'avrei ascoltata comunque. Odio l'effetto che ha su di me, odio il fatto di dipendere così tanto da lei, proprio io che sono sempre stato un ragazzo indipendente. Non ho mai avuto bisogno di nessuno, nemmeno di amici veri, infatti prima di Filippo non avevo mai avuto un migliore amico a parte mio fratello, e le ragazze erano tutte passeggere. Andavo in un nuovo paese, mi integravo in qualche gruppetto, addocchiavo una ragazza e le chiedevo di uscire, ci sentivamo per un po', qualche volta mi ritrovavo anche in relazioni più o meno serie, ma poi ripartivo e tutto finiva lì. Ero consapevole che sarebbe terminata prima o poi e sinceramente non mi importava più di tanto, a volte era quasi una liberazione. Adesso invece sapere che lei se ne andrà mi toglie il respiro. Mi verrà tolto il suo sorriso, i suoi occhi, mi verranno tolti i momenti in cui la guardo ballare, le corse in moto, le chiaccherate nella stanzetta, i suoi baci. Quel bacio che ho desiderato da sempre, che quel giorno prima di Natale stavo per darle, ma poi il fatto che fosse sparita nel nulla, che non ci sentissimo più, mentre ero abituato ad essere cullato dalla sua voce ogni giorno, mi ha terrorizzato. Non volevo perderla, non potevo. Ormai un pezzo del mio cuore apparteneva a lei e lasciandola andare avrei perso anche me. Mi fa rabbia anche pensare in un modo così sdolcinato. Mi fa rabbia essere così interessato a capire la sua anima che è come una tempesta. Lei che ride anche quando dice cose serie, che dice ogni parola d'impulso ma che ha bisogno di tempo anche per i gesti più semplici. Lei che quando le entra una canzone in testa la canta anche nel sonno, lei che muove i piedi sempre, anche quando non se ne accorge e che spesso involontariamente li mette in punta, che quando è nervosa mette i capelli dietro le orecchie, che quando si arrabbia dice anche cose che non pensa, che crede che io non abbia capito che si appunta ogni emozione, ogni sensazione. Lei che mi ha travolto con il suo entusiasmo, umorismo e con tutti i suoi sogni. Lei che è il mio pensiero preferito, lei che conosco più di me stesso. Mi fa rabbia anche il fatto che in realtà tutto questo non mi fa arrabbiare sul serio perché mi piace, mi piace da impazzire. Ricordo il nostro incontro. Non ho mai creduto ai colpi di fulmine, per questo cercavo di non pensare alla ragazza della pozzanghera, ma poi, chiamalo destino, eccola al teatro dello stage. Conoscendola mi ha affascinato ogni giorno di più e si è instaurato un rapporto di complicità unico. Ricordo tutti i discorsi, tutte le idee, i pensieri più fuori dal comune, ma soprattutto una conversazione mi è rimasta incastrata in testa:

La danza delle margheriteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora